Sindrome Cinese


terracotta army

E’ su tutti i giornali: sono già tra noi.
Dai frontespizi, dai cartelloni pubblicitari, dalle vetrine dei negozi, imperturbabili facce millenarie ci scrutano.
E più la data di conquista si avvicina, più la febbre sale.
Occhi a mandorla e tratti volitivi campeggiano qua e là, arrivando ad offuscare perfino il biondo caschetto della principessa triste, nel decennale della sua dipartita. 
I venti esemplari del famoso esercito di terracotta non hanno nemmeno fatto in tempo ad arrivare al Museo Britannico, che subito si sono moltiplicati i figli spuri, le riproduzioni a basso costo, i libri e i gadgets.
E mi viene in mente quel saggio di Walter Benjamin, secondo cui la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte finisce per distruggerne l’aura, quel non so che di irripetibile ed originario che ne garantiva il valore.
In questo pullulare di soldati e soldatini, che occhieggiano dalle vetrine offrendosi al turista mordi e fuggi, la misteriosa e rara bellezza dei guerrieri di Xian viene meno, il senso della loro unicità si perde nell’azzeramento delle distanze, nelle strategie di marketing che spingono il volgo al fagocitamento mediatico e culturale.
Non siamo neppure agli inizi e già avverto una certa nausea da sovraesposizione.
L’assedio continua…

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