A Londra, The Moon: una mostra interamente dedicata alla Luna

The Moon exhibitionThe Moon è una mostra speciale, inaugurata proprio nel cinquantesimo anniversario della missione di Apollo 11, che esplora, in quattro sezioni distinte, le relazioni dell’umanità con la Luna, il corpo celeste più vicino alla Terra.
Il nostro satellite è rappresentato sia artisticamente che scientificamente. Si va da strumenti di navigazione, visioni mistiche, calendari, trattati di medicina, amuleti ed interpretazioni poetiche di artisti e scrittori, all’osservazione diretta della luna, grazie all’invenzione del telescopio, con disegni scientifici, pubblicazioni, mappe, dagherrotipi, fotografie.
Il documento più antico in mostra è una tavoletta cuneiforme, in prestito dal British Museum, risalente ad oltre 2000 anni fa. Si citano le varie fasi lunari ed un’eclissi, considerata foriera di presagi oscuri. La Luna è una divinità, per i Greci, i Romani, gli Egizi, i Celti e molte altre antiche civiltà. Triforme, governa le maree, regola l’agricoltura, il tempo, gli umori, simboleggiando la rinascita.
Il 1609 è un anno importante per la storia della Luna.
A luglio, in Inghilterra, Thomas Harriot realizza il suo primo disegno lunare, usando un tubo ottico.
In Italia, probabilmente nelle stesse settimane, Galileo Galilei, grazie ad un telescopio più potente, traccia cinque disegni, abbastanza precisi, osservando la luna in varie fasi. Questi disegni andranno a corredare il suo libro, Sidereus Nuncius, destinato ad avere un successo internazionale.
All’inizio del XVII secolo, si credeva che i pianeti, inclusa la Luna, fossero sfere perfette e immutabili, che ruotavano intorno alla Terra. Tuttavia, le osservazioni telescopiche suggerivano contrario.
Galileo si spinse oltre e scoprì che Giove aveva quattro satelliti. Questo lo indusse a pensare ad un sistema centrato sul sole, in cui la Terra si comportasse tale e quale ad altri pianeti.
La Luna presentava al telescopio caratteristiche molto simili alla Terra, ad esempio montagne e crateri, ma anche zone oscure, che gli astronomi interpretarono come mari e laghi.
Nel 1651, il gesuita italiano Giovan Battista Riccioli pubblicava l’opera Almagestum Novum. La nomenclatura lunare esposta da Riccioli è utilizzata ancora oggi. A lui si devono i nomi emotivi dei mari o quelli di uomini illustri per i crateri.
JosephBanks ritratto da John RussellOltre un secolo dopo, a metà tra arte e scienza, si situano invece gli importanti lavori di John Russell, un pastellista inglese del diciottesimo secolo. Di giorno, Russell realizzava i ritratti della società alla moda, tra cui quello, in mostra, di Joseph Banks. Qui, il presidente della Royal Society, è ritratto di tre quarti, con in mano uno dei pastelli lunari di Russell. Banks credeva che fosse necessario un “occhio d’artista” come quello di Russell per comprendere meglio la Luna, al di là di quello che si percepiva al telescopio. Per oltre un ventennio, Russell fece le ore piccole a disegnare la Luna e, da queste notti insonni e febbrili, scaturì un gruppo di meravigliosi “ritratti” lunari. Inoltre Russell creò una una mappa lunare sferica, che chiamò Selenographia. Questo globo lunare è anch’esso in mostra ed è un affascinante manufatto illuminista, atto a riprodurre le librazioni, o movimenti, della Luna rispetto alla Terra.
Poco più di un cinquantennio dopo, in epoca vittoriana, dagherrotipi e fotografie permisero di meglio immortalare il satellite, in tutti i suoi aspetti. Nel mondo si diffusero atlanti e mappe lunari molto accurati.
lunaCon la nascita del cinema, il sogno di andare sulla luna, prese forma. Dal viaggio romantico dei fratelli Lumiere (Le Voyage dans la Lune), alla missione futuristica di Fritz Lang (Frau im Mond) l’immaginario collettivo si nutrì delle visioni accurate e antesignane di Stanley Kubrick, avvicinandosi ad una vera e propria estetica spaziale. L’uscita di 2001: Odissea nello Spazio precedette di un anno l’allunaggio dell’Apollo 11. Il regista aveva studiato da vicino la meccanica e la fisica del volo spaziale e la stazione ruota del film si era ispirata proprio ai primi progetti aerospaziali dell’ingegnere NASA Wernher von Braun.
La mostra prosegue con una sezione tutta dedicata a documenti e manufatti del programma spaziale Apollo in prestito dallo Smithsonian National Air and Space Museum di Washington DC.
Sebbene l’ultima missione NASA corrisponda al 1972 (Apollo 17), l’era delle esplorazioni lunari non è finita. India e Cina ora puntano alla Luna, gli USA la vogliono utilizzare come trampolino di lancio per arrivare fino a Marte, Foster + Partners hanno progettato per European Space Agency una base lunare, studiando l’uso della regolite come materia da costruzione. Il modulo può ospitare quattro persone, ed è in grado di offrire protezione da meteoriti, radiazioni gamma e fluttuazioni di temperatura.

Sulla Luna…

Questo è stato il weekend della luna. Cinquant’anni fa l’allunaggio sul nostro satellite, uno sbarco che avrebbe reso tangibile un luogo mitico, celebrato da poeti, raccontato da scrittori di fantasia, mappato da astronomi e conquistato in celluloide, da registi proiettati nel futuro.
Dedicherò un altro post agli eventi londinesi a cui ho partecipato per festeggiare questa ricorrenza. Oggi, 21 luglio, ripubblico un post di 12 anni fa.

London SE4

in the shadow of the moon

“Un piccolo passo per l’uomo… un grande passo per l’umanit”, un falso clamoroso, un evento epocale… Sullo sbarco sulla luna e le varie missioni ad esso collegate si son sprecati fiumi di inchiostro e di parole. Comunque la si pensi, il bellissimo film – documentario che ho visto stasera, ?In the Shadow of the Moon?, mira a regalare emozioni con la sola forza evocativa delle immagini (gli affascinanti filmati originali delle missioni Apollo, tratti dagli archivi della Nasa,) e delle testimonianze di chi ha vissuto in prima persona l’avventura nello spazio e l’incontro con la Luna. Grazie al ritrovamento delle bobine audio originali, il film stato arricchito anche da voci e suoni privati, quelli degli astronauti e dello staff al centro di controllo di Houston. All’ombra della luna si svolta in un certo senso la mia esistenza. Anche se non ero davanti allo schermo quando Tito Stagno esclamava “Ha…

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London Symphony, un film poetico su Londra

Avevo già parlato in un post di tre anni fa, dell’ambizioso progetto di Alex Barrett, regista indipendente, che aveva lanciato una campagna di crowdfunding per realizzare un film in bianco e nero su Londra.
Girata nella tradizione delle “city symphonies” degli anni venti, la pellicola, dal titolo London Symphony, avrebbe dovuto esplorare Londra nella sua vasta diversità di culture e religioni.
Le “sinfonie della città” costituiscono un sottogruppo cinematografico distinto, più lirico di un documentario e radicato in un contesto urbano. L’esempio storico più famoso è “Berlino: Sinfonia di una grande città” di Walter Ruttman, girato nel 1927.
Non era mai stata celebrata Londra prima d’ora ed il film di Alex Barrett voleva essere un viaggio poetico nella metropoli del 21 ° secolo, accompagnato da una colonna sonora originale, composta da James McWilliam.
Finalmente, dopo tre anni di lavoro, il film è pronto ad uscire nelle sale britanniche.
London Symphony, accompagnato da un’orchestra dal vivo, sarà proiettato il 3 settembre 2017 al Barbican di Londra.
Il film, attraverso le immagini di un presente in continuo divenire, guarda anche al passato, ed esplora la ricchezza e la diversità che Londra sa offrire tutti i giorni.

Quest’opera è anche stata selezionata per il Festival Internazionale del Cinema di Edimburgo di quest’anno, dove è stato nominata per il Premio Michael Powell come Miglior Film Britannico.

Info: London Symphony

Londra celebra i 40 anni del PUNK

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Shirley Baker, Two Punks drinking cider, Stockport, 1983. © Shirley Baker Estate and Mary Evans Picture Library.

Le note arrabbiate dei Sex Pistols e quelle più impegnate dei Clash, il giubbotto di pelle, la cresta, i jeans scoloriti con la varechina, gli iconici Doc Martens, le spille da balia, e quel motto do-it-yourself, sinonimo di energia, entusiasmo, la voglia di un mondo migliore, la possibilità di formare una band con pochi mezzi e quasi zero erudizione musicale, realizzare le propre idee senza aspettare il permesso di qualcuno, o, semplicemente, dire ed affermare, invece di chiedere. Tutto questo, fino agli estremi dell’anarchia e della violenza, è stato il movimento Punk, nato a Soho nel 1976, e diffusosi in tutto il Regno Unito, fino all’Europa ed Oltreoceano.
 I fattori determinanti per la nascita di questa potente subcultura furono politici ed economici, dalla recessione al Tatcherismo.
A 40 anni dalla nascita del Punk, la Gran Bretagna, e Londra in particolare, dedica il 2016 ad un fitto programma di eventi celebrativi, tra concerti, mostre, conferenze e progetti vari.
Il Guardian ha già avviato un’iniziativa fotografica per capire o scoprire l’eredità di quell periodo, invitando i lettori ad inviare un’immagine di sé, quando erano giovani punk. Nel frattempo, c’è chi, dopo quegli anni turbolenti, ha sentito una chiamata diversa, consacrandosi sacerdote, chi da musicista in una band ha un po’ tradito gli ideali andando a lavorare in finanza, oppure chi ha seguito alte aspirazioni per diventare osteopata, addetto al soccorso in mare, avvocato in cause umanitarie o infermiera veterinaria. Abbandonare gli abiti sovversivi e la cresta, spesso, ha solo rappresentato un cambio esteriore, mentre si è rimasti fedeli al significato intrinseco del punk: rompere le barriere per essere se stessi, in qualsiasi ruolo, dando senso alla propria vita. Il rovescio della medaglia è stato anche il bruciarsi precocemente, tra alcol e droghe, vivendo pericolosamente e perseguendo l’ideale negativo del ‘live-fast-die-young’, che ha mietuto vittime, anche illustri, come Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols.
Di certo il Punk fu una corrente rivoluzionaria, seppur effimera, che diede un impulso molto forte alla società, ed un ruolo da protagonista a tutti coloro che non si sentivano conformi all’establishment medio-borghese, xenofobo e conservatore.
Alla British Library una mostra gratuita celebra il movimento come fenomeno culturale e musicale, attraverso fanzines, copertine di dischi, volantini, tracce audio ed altri interessanti materiali d’archivio. All’esposizione, si aggiungono un negozio ‘punk’ ed un fitto ciclo di conferenze, che prevedono la partecipazione straordinaria di protagonisti della scena dell’epoca, tra cui i rappresentanti di band storiche come i Damned ed i Buzzcocks.
Alla Photographers’ Gallery, dal 23 al 26 giugno, un intero weekend sarà dedicato ad eventi speciali, per mettere in risalto il contesto politico, sociale ed ideologico che portò alla nascita del Punk. Il programma prevede un’installazione digitale con lavori di fotografi indipendenti o tratti dall’archivio della casa discografica EMI, e la mostra di Shirley Baker, con ritratti e scene dell’underground giovanile dei primi anni ’80. Sarà anche proiettato ‘Jubilee’, il film di Derek Jarman, mentre il gruppo post-punk The Raincoats, si riunirà per dare vita ad una speciale performance sia musicale che femminista.

Suffragette a Londra

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Oggi esce nelle sale britanniche Suffragette, film drammatico di Sarah Gavron, che ripercorre i momenti salienti della lotta per l’emancipazione e per il diritto di voto per le donne all’inizio del XX secolo. Nel cast, attrici del calibro di Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, e Meryl Streep, quest’ultima nei panni di Emmeline Pankhurst, attivista e guida del movimento suffragista. Agli inizi del XX secolo, solo il 60% dellla popolazione maschile aveva diritto di voto, e questo era stabilito in base al reddito, al salario e alla proprietà. Al voto non avevano accesso i poveri, i malati di mente, gli assassini e le donne. Nel 1906 il Women Social Political Union (WSPU), fondato a Manchester tre anni prima, si trasferì a Londra per essere più visibile. Il quartier generale del WSPU si stabilì ai numeri 3 e 4 di Clement’s Inn, a ovest delle Royal Courts of Justice, una delle corti di giustizia più grandi d’Europa. Il Clement’s Inn non esiste più, fu demolito negli anni Settanta, ma si può prenotare un tour alla Corte d’Appello e al Tribunale, nel vicino e maestoso edificio neo-gotico, per saperne di più sul sistema giudiziario britannico (London@nccl.org.uk).
Il WSPU fu accusato di essere un organizzazione che esisteva per servire le classi medie e alte, ma c’era una filiale nell’East End di Londra, creata appositamente per convincere le donne della classe operaia ad aderire al movimento delle suffragette.
I media, però, non avevano molto interesse nella lotta per i diritti delle donne, quindi il WSPU decise di utilizzare metodi diversi per ottenere visibilità e promuovere il suffragio universale femminile.
Ad esempio, al British Museum, si può osservare un centesimo del 1903 timbrato con lo slogan “suffragette voto alle donne”. Deturpare una moneta non era solo un atto di disobbedienza civile ma un reato grave, per cui si rischiava una pena detentiva. Gli spiccioli diffondevano efficacemente il messaggio ed avevano meno probabilità di essere tolti dalla circolazione rispetto ad altre coniature.
Altri metodi, erano decisamente più cruenti, come rompere le finestre degli edifici governativi. Nell’estate del 1908, alcune suffragette marciarono a Downing Street e cominciarono a lanciare pietre di piccole dimensioni attraverso le finestre della casa del Primo Ministro. Una trentina di donne furono arrestate e inviate alla prigione di Holloway. Nell’ottobre 1908, ci fu una grande manifestazione a Londra, che portò a violenti scontri con la polizia. Al Museo di Londra, è possibile ammirare oggetti curiosi e interessanti, che raccontano la storia e l’evolversi, a volte drammatico, del movimento. Come, ad esempio, la cintura usata proprio nel 1908 per incatenarsi alle inferriate di edifici governativi. O, ancora, le medaglie conferite alle suffragette che avevano fatto lo sciopero della fame in prigione. Nel giugno 1913, in occasione della gara più importante dell’anno, il Derby, Emily Davison invase la pista e ha tentò di afferrare la briglia di Anmer, un cavallo di proprietà di re Giorgio V. Fu colpita mortalmente ed i suoi funerali si svolsero nella storica chiesa di St George Bloomsbury, progettata da Nicholas Hawksmoor, raffigurata da Hogarth nel suo “Gin Lane” e menzionata da Dickens, che viveva poco lontano. Il 26 luglio 1913 giunsero a Londra le delegazioni che prendevano parte al Grande Pellegrinaggio di suffragette organizzato dalla National Union of Women’s Suffrage Society. Le donne marciarono da tutti gli angoli di Inghilterra e Galles, alcune per sei settimane di seguito, fino ad Hyde Park, dove si svolse una manifestazione di massa e in cui, da una ventina di piattaforme diverse, gli oratori chiedevano a gran voce l’affrancamento delle donne. Le immagini scattate a questo raduno da Christina Broom, fotografa autodidatta e prima fotoreporter Britannica, si possono ammirare in una bella mostra gratuita, che resta aperta al Museum of London Docklands, fino al 1 novembre. Si stima che, nell’estate del 1914, oltre un migliaio di suffragette erano finite in carcere a seguito di azioni violente, Queste andavano dalle vetrine infrante ai danni a proprietà ed edifici, fino ad atti vandalici contro opere d’arte. Nel 1914, la Venere Rokeby di Velasquez, conservata alla National Gallery, ricevette almeno cinque fendenti con un tritacarne, brandito dalla suffragetta Mary Richardson, che protestava contro l’arresto di Emmeline Pankhurst.

Il 4 agosto 1914 l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania, ed ogni attività politica delle suffragette fu sospesa, per aiutare lo sforzo bellico. In cambio, il governo britannico cominciò a rilasciare le suffragette ancora in carcere. La legge che diede alle donne gli stessi diritti di voto degli uomini fu finalmente approvata nel 1928.

Al British Museum di Londra per “Notte al Museo 3”

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In questi giorni, nelle sale italiane, si proietta il terzo capitolo della popolarissima saga “Notte al Museo”, in cui Larry Daley, interpretato da Ben Stiller, è il guardiano avventuroso, che, per permettere alla magia notturna di continuare a fluire e dar vita ai tanti personaggi del Museo, si reca in missione oltreoceano, approdando al British Museum. Per realizzare il film, inizialmente la troupe ha lavorato nel museo londinese per tre notti. Il resto delle scene sono state girate in Canada, in un set appositamente costruito a Vancouver. A parte gli oggetti della collezione, e le maniglie di ottone, che distinguono l’istituzione londinese, il layout e lo stile del museo sono stati quasi del tutto sovvertiti, in modo da mantenere l’estetica delle pellicole precedenti. Così, solo la sala del Partenone e la Great Court corrispondono alla realtà. I film makers hanno trascorso parecchio tempo a fare scansioni 3D di oggetti della collezione del British Musuem, che hanno in seguito ricolorato e ridimensionato, per farli risaltare sul grande schermo.

Ovviamente, ci sono differenze significative tra il museo vero e quello del film. Per esempio, dal 1899 non ci sono più scheletri di dinosauri, perché le collezioni furono trasferite al Museo di Storia Naturale di South Kensington. Tuttavia, nella sala dedicata all’Illuminismo, il British Museum conserva ancora un teschio di Ictiosauro, raccolto dalla celebre paleontologa Mary Anning.
Gli elefanti Kakiemon, che, nel film, scorrazzano nella Great Court, sono stati ingigantiti. Li potete ritrovare nei loro più rassicuranti 35 centimetri di altezza, nella sala 33 del celebre museo londinese. Nella stessa sala, sono custoditi anche gli uccelli dorati, i Garuda della fede induista, che nel film aiutano i protagonisti a combattere il mostro a nove teste Xiangliu.
Non si può esplorare la tomba di Ankhmenrah, tuttavia, il museo è famoso per la cospicua collezione egizia, che include molti sarcofagi e centinaia di mummie.
Nel film compaiono elementi di pura finzione, come il demone serpente, un corridoio medievale e nientemeno che il mitico Sir Lancillotto!
Ma questo è il bello del cinema, che permette di dare vita a sogni e leggende. Il bello dei musei, invece, è che gli oggetti ci fanno rivivere un passato lontano e ci fanno conoscere civiltà ed esperienze lontane.

Se vi recate a Londra, scaricate l’applicazione gratuita basata sul film per aiutarvi a esplorare il British Museum, potrete anche partecipare ad un concorso per vincere una vera notte al museo!

L’orso Paddington sbarca a Londra

IMG_20141114_153158Domani approderà nelle sale cinematografiche il film natalizio ‘Paddington’, scritto e diretto da Paul King, con protagonista il celebre orsetto, creato da Michael Bond, nel 1958.
All’orso peruviano, amante della marmellata e raffigurato con uno stazzonato montgomery blu ed una valigia marrone, è stata data rinnovata celebrità,

non solo sul grande schermo, ma anche in libreria, con la pubblicazione di una nuova edizione anastatica delle sue avventure,
e poi in giro per Londra, grazie a mostre ed
iniziative turistiche.
Celebrità, artisti e fashion designer sono stati invitati a reinterpretare il personaggio per dare vita ad uno speciale percorso Paddington’, con 50 statue del famoso orsetto disseminate in tutta Londra.
Una mappa, scaricabile online, aiuta i visitatori a trovare le statue, installate in vari luoghi chiave, tra l’aeroporto di Heathrow ed i grandi magazzini Selfridges. Fu qui che Michael Bond aveva comprato un orso di peluche per sua moglie come regalo di Natale e il giocattolo gli fu poi d’ispirazione per il libro. Le statue, resteranno esposte fino al 30 dicembre e, poi, saranno vendute all’asta con la speranza di raccogliere £ 1.000.000 per opere di beneficenza tra cui il NSPCC e il suo servizio ChildLine.
Paddington ha assunto molte forme fisiche nel corso degli anni.
Diversi illustratori e animatori hanno interpretato questo orso molto amato da generazioni di piccoli e grandi. Una mostra in programma alla House of Illustration, fino al 4 gennaio, presenta una selezione di opere d’arte che coprono i 50 anni di Paddington, dai disegni originali di Peggy Fortnum, Fred Banbery, David McKee e RW Alley, alle clip degli anni 1970 fino al materiale del nuovo film.
Anche il Museum of London dedica una mostra all’orsetto, con una piccola esposizione di oggetti che tracciano il suo viaggio dalla pagina allo schermo, inclusa la macchina da scrivere del suo autore.
E, per finire, qualcuno ha visto
nel film una calibrata propaganda anti-UKIP, il partito per l’Indipendenza del Regno Unito. La storia dell’orsetto Paddington, amato anche dai nostalgici sostenitori di Nigel Farage, ha un messaggio che può sorprenderli. Un orso clandestino, che dal lontano Perù si avventura a Londra, e sceglie di viverci, sembra fatta apposta per sfidare il messaggio anti-immigrazione del partito scissionista ed euroscettico.

A Londra nessuno è simile“, conclude Paddington nel film, “Il che significa che tutti finiscono per adattarsi.”

London Symphony

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Stavo leggendo “London Afresh” di E. V. Lucas (1936), un’escursione affascinante attraverso una Londra ancora riconoscibile oggi, a parte gli ovvi, drammatici cambiamenti, a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e il costante abbattimento di vecchi stabili per edificare blocchi (e ora anche grattacieli) di appartamenti, uffici e locali commerciali.
Alla fine degli anni ’20 e nel corso degli anni ’30 Londra era in piena esplosione modernista, una metropoli cosmopolita e industriale, ronzante di rumori meccanici.
In quegli anni, anche i film stavano abbracciando un’estetica modernista, cercando di cogliere l’unicità dell’ambiente urbano, attraverso le immagini di vita quotidiana nelle città. Il genere cinematografico conosciuto come “sinfonie della città”, comprendeva film in grado di catturare la bellezza intrinseca delle metropoli, con una poetica fatta di velocità, vapore, eccitazione, progresso e tecnologia. La fotocamera andava sostituendosi all’occhio del flaneur, e l’uso del montaggio sottolineava ritmi e coordinate della vita urbana.

Oggi, Alex Barrett, un regista indipendente, sta producendo un film nello stile dei documentari sperimentali del cinema muto.
“London Symphony” esplorerà Londra nella sua vasta diversità di culture, religioni e design, attraverso i suoi vari mezzi di trasporto e sarà un viaggio poetico del 21 ° secolo.
Una sinfonia originale, composta da James McWilliam, farà da colonna sonora al film e potrà anche essere eseguita dal vivo durante  proiezioni ed eventi speciali.
L’idea del film è quella di catturare un presente che non rimane mai immobile, allo stesso tempo  guardando al passato, ed esplorando la ricchezza e la diversità che Londra offre tutti i giorni. I realizzatori della pellicola hanno sviluppato London Symphony dall’inizio dell’anno, e ora sono pronti ad entrare in produzione. Una campagna di crowdfunding è stata lanciata per raccogliere un finanziamento di 6000 sterline.
Per Barrett questa campagna rappresenta “la possibilità per le persone di fare la differenza, e mostrare al mondo che il cinema ‘non commerciale’ è ancora importante”.

La campagna di crowdfunding termina il 19 ottobre.

Info: London Symphony

Napoléon vu par Abel Gance, al Royal Festival Hall di Londra

NapoleonAvevo acquistato il biglietto da mesi. Un posto di quelli buoni, in platea. Gli amici strabuzzavano gli occhi quando dicevo che sarei andata a vedere la versione restaurata del Napoléon di Abel Gance, (ben 5 ore e trenta di proiezione, con opportuni intervalli) accompagnata dalla nuova colonna sonora concepita e diretta da Carl Davis ed eseguita dalla Philarmonia Orchestra. “Un film muto? Una maratona di oltre 8 ore? No, grazie.” Persino le conoscenze cinefile più appassionate avevano gettato la spugna senza neanche pensarci un attimo, prospettandomi ore catastrofiche di immobilità oscura e tediosa. Invece, ieri ho assistito ad un evento di puro cinema, un’esperienza che nessun mezzo computerizzato potrà mai replicare. Il tempo che necessitava a far scorrere gli oltre 300 metri di pellicola, salvata dall’oblio e dalla distruzione e rimessa assieme dall’infaticabile lavoro di ricerca di Kevin Brownlow (45 anni passati in archivi e cineteche in giro per il mondo) è letteralmente volato! Persino il lauto pasto, annaffiato da un bicchier di vino, rigorosamente francese, che mi sono concessa nella pausa di 100 minuti, non ha minimamente intaccato l’entusiasmo e l’emozione di vedere questo capolavoro in tutta la sua bellezza. Negli anni passati ne avevo visto spezzoni, in remoti cineclub o arene estive. Si trattava di versioni mal ridotte, montate in maniera altrettanto pessima, proiettate ad una frequenza veloce e a scatti, concentrate in due ore e poco più, e commentate da colonne sonore discutibili. Un Napoléon che non rendeva per niente giustizia all’arte di Abel Gance, alle soluzioni modernissime e geniali della polivisione, all’accuratezza maniacale dei dettagli, al lavoro della sua troupe e alla recitazione insuperabile degli attori. Ieri, proiettato alla giusta ratio e frequenza, ripulito da graffi e polvere, arricchito da una colonna sonora rispettosa dell’epoca in cui si svolge l’azione, il film ha tenuto in pugno l’audience di coraggiosi che si era recata al Royal Festival Hall, in un crescendo emotivo, culminato nell’estensione dello schermo su cui far scorrere le panoramiche mozzafiato e le gesta eroiche della campagna d’Italia. Alla fine, la standing ovation e gli applausi, che non accennavano a spegnersi, sono stati la giusta conclusione per un vero capolavoro, restituito al suo splendore originale dalla passione di ricercatori e artisti. Una serata memorabile, e peccato davvero, per chi non c’era.

Peregrinazioni urbane al Barbican

IMG_2670Esplorare una città come Londra, che spesso nel rincorrere il futuro, fagocita se stessa, può essere fatto in diversi modi. Attraverso film e documentari è praticamente possibile camminare in quartieri perduti, viaggiare su veicoli obsoleti, aimmergersi in attimi di vita ormai dissolti. Al Barbican, Urban Wandering Film and the London Landscape  conduce lo spettatore attraverso una stagione di film, conferenze ed escursioni che raccontano di vecchie e nuove architetture, edilizia sociale, demolizioni e psicogeografie.

Lo scrittore Iain Sinclair, ha inaugurato il programma con la proiezione del film “It always rains on Sunday”, per la regia di Robert Hamer (1947). In questo film, che ricorda il realismo francese e l’espressionismo tedesco, un sentimento nostalgico pervade le strade e gli edifici, con Hartland Road, Camden, trasformata in Coronet Grove, Bethnal Green, per esigenze di copione. Da ringhiere scheggiate al ruote di bicicletta ancora in movimento, da tende sporche a mercati vivaci, una pioggia incessante affonda sogni e speranze, mentre il contrasto del bianco e nero cattura un’altra epoca. Nel complesso si respira il desiderio intenso di fuggire le difficoltà di ogni giorno in un East End oppresso dalla povertà.

“The London knobody knows” è un altro film proiettato al Barbican, che si concentra sull’East End, e varie vicende architettoniche e urbane londinesi. Girato nel 1967 e adattato dal libro di Geoffrey Fletcher, scritto qualche anno prima,  il documentario accompagna lo spettatore in un tour particolare, alla scoperta di angoli meno noti della capitale. L’attore James Mason, guida speciale e flaneur, vaga attraverso i luoghi segreti di Londra: Chapel Market a Islington, resti vittoriani, poverissimi slums, fatiscenti sale da concerto, cantieri in fermento, e luoghi pronti a scomparire.

Molti altri film della mini-stagione al Barbican sono pieni di riferimenti letterari, passeggiate psicogeografiche, storie di immigrazione e sottoculture. Il programma è vasto, dai film cult ai corti di archivio, dal dramma muto di Anthony Asquith (“Underground”), alle nuove uscite, dagli screentalks alle ricerche approfondite di Julien Temple (“London, the modern babylon”).