L’insaziabile curiosità di Sir Hans Sloane

Hans Sloane

Sir Hans Sloane, Bt
by Stephen Slaughter (1736). © National Portrait Gallery, London

Hans Sloane, del quale, quest’anno, si celebrano i 265 anni dalla morte, fu eminente medico, naturalista, segretario e poi presidente della Royal Society e del Royal College of Physicians.
Nel corso della sua vita, ben ricompensato per essere stato medico di ricchi e famosi personaggi, inclusi tre sovrani (la regina Anna e i re Giorgio I e Giorgio II), seppe accumulare una vasta e variegata collezione di oggetti, e il suo divenne il più celebre gabinetto di curiosità dell’epoca.
Arrivato a Londra nel 1679 per studiare medicina, Sloane strinse amicizia con il chimico e collega della Royal Society Robert Boyle, e venne presentato al filosofo John Locke, al naturalista John Ray e al medico Thomas Sydenham. Nel giro di un decennio, Sloane acquistò un’importante reputazione e nel 1687 si recò in Giamaica come medico al seguito del nuovo governatore dell’isola, il Duca di Albemarle, in un momento storico in cui le piantagioni di zucchero stavano iniziando ad assumere un ruolo fondamentale nell’impero britannico.
Il soggiorno in Giamaica stimolò la vasta curiosità di Sloane per il mondo naturale ed il medico produsse una storia naturale della regione: due lussuosi volumi (pubblicati rispettivamente nel 1707 e nel 1725), pieni di centinaia di dettagliate incisioni a grandezza naturale di piante locali, animali e curiosità.
Dopo il suo ritorno a Londra nel 1689, Sloane sposò la vedova di uno dei principali proprietari di schiavi della Giamaica, divenne ancora più ricco ed acquistò delle proprietà a Chelsea. Fu nominato Presidente del Royal College of Physicians nel 1719.
Grazie alla sua florida situazione economica, lo studioso trovava facilissimo accedere a oggetti e aneddoti avvincenti che potessero ingrandire il suo museo personale. Al centro di una rete di scambi davvero mondiale, Sloane creò una collezione enciclopedica di campioni minerali, botanici e zoologici, oggetti etnografici, antichità, stampe, disegni, libri e manoscritti (tra cui anche raffinati album di acquerelli di Jan Van Huysum (1682-1749) e Maria Sibylla Merian (1647-1717) e le sue figlie), spesso ereditando o acquistando intere collezioni formate da altri.
Alla sua morte, nel 1753. la collezione di Sloane fu acquisita per la nazione da un atto del Parlamento che creò il British Museum. Ma quando il Museo riorganizzò le sue collezioni e acquisì altri oggetti, la collezione di Sloane fu dispersa tra diversi dipartimenti e, infine, nel 1881, fu trasferita al Natural History Museum e alla British Library. Questa dispersione ha ostacolato, in un certo senso, lo studio e la comprensione della collezione nella sua interezza, e le relazioni storiche tra i vari oggetti.

Dal 2010, un gruppo di curatori, bibliotecari e scienziati del British Museum, della British Library e del Natural History Museum hanno creato un consorzio di ricerca informale, per una migliore comprensione, sia da parte dei ricercatori che del pubblico, delle vaste collezioni del loro fondatore comune.
Ne è nato un sito, che elenca vari progetti interessanti, passati e presenti, tra cui “Enlightenment Architectures”, uno studio dei cataloghi manoscritti originali di Sir Hans Sloane (1660-1753), che cerca di capire la complessa architettura di informazioni e l’eredità intellettuale di questi veri e propri “meta-data dell’Illuminismo”.

Se poi vi recate al British Museum, la Enlightenment Gallery rappresenta un vero e proprio omaggio a Sloane ed ai suoi tempi: non solo l’esposizione, in sette temi, esplora la nascita delle discipline moderne, ma dimostra anche come la classificazione della conoscenza fu al centro dell’illuminismo. Nelle teche troverete, inoltre, una grande quantità di materiali della collezione originale di Sir Hans Sloane.

Londra celebra i 40 anni del PUNK

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Shirley Baker, Two Punks drinking cider, Stockport, 1983. © Shirley Baker Estate and Mary Evans Picture Library.

Le note arrabbiate dei Sex Pistols e quelle più impegnate dei Clash, il giubbotto di pelle, la cresta, i jeans scoloriti con la varechina, gli iconici Doc Martens, le spille da balia, e quel motto do-it-yourself, sinonimo di energia, entusiasmo, la voglia di un mondo migliore, la possibilità di formare una band con pochi mezzi e quasi zero erudizione musicale, realizzare le propre idee senza aspettare il permesso di qualcuno, o, semplicemente, dire ed affermare, invece di chiedere. Tutto questo, fino agli estremi dell’anarchia e della violenza, è stato il movimento Punk, nato a Soho nel 1976, e diffusosi in tutto il Regno Unito, fino all’Europa ed Oltreoceano.
 I fattori determinanti per la nascita di questa potente subcultura furono politici ed economici, dalla recessione al Tatcherismo.
A 40 anni dalla nascita del Punk, la Gran Bretagna, e Londra in particolare, dedica il 2016 ad un fitto programma di eventi celebrativi, tra concerti, mostre, conferenze e progetti vari.
Il Guardian ha già avviato un’iniziativa fotografica per capire o scoprire l’eredità di quell periodo, invitando i lettori ad inviare un’immagine di sé, quando erano giovani punk. Nel frattempo, c’è chi, dopo quegli anni turbolenti, ha sentito una chiamata diversa, consacrandosi sacerdote, chi da musicista in una band ha un po’ tradito gli ideali andando a lavorare in finanza, oppure chi ha seguito alte aspirazioni per diventare osteopata, addetto al soccorso in mare, avvocato in cause umanitarie o infermiera veterinaria. Abbandonare gli abiti sovversivi e la cresta, spesso, ha solo rappresentato un cambio esteriore, mentre si è rimasti fedeli al significato intrinseco del punk: rompere le barriere per essere se stessi, in qualsiasi ruolo, dando senso alla propria vita. Il rovescio della medaglia è stato anche il bruciarsi precocemente, tra alcol e droghe, vivendo pericolosamente e perseguendo l’ideale negativo del ‘live-fast-die-young’, che ha mietuto vittime, anche illustri, come Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols.
Di certo il Punk fu una corrente rivoluzionaria, seppur effimera, che diede un impulso molto forte alla società, ed un ruolo da protagonista a tutti coloro che non si sentivano conformi all’establishment medio-borghese, xenofobo e conservatore.
Alla British Library una mostra gratuita celebra il movimento come fenomeno culturale e musicale, attraverso fanzines, copertine di dischi, volantini, tracce audio ed altri interessanti materiali d’archivio. All’esposizione, si aggiungono un negozio ‘punk’ ed un fitto ciclo di conferenze, che prevedono la partecipazione straordinaria di protagonisti della scena dell’epoca, tra cui i rappresentanti di band storiche come i Damned ed i Buzzcocks.
Alla Photographers’ Gallery, dal 23 al 26 giugno, un intero weekend sarà dedicato ad eventi speciali, per mettere in risalto il contesto politico, sociale ed ideologico che portò alla nascita del Punk. Il programma prevede un’installazione digitale con lavori di fotografi indipendenti o tratti dall’archivio della casa discografica EMI, e la mostra di Shirley Baker, con ritratti e scene dell’underground giovanile dei primi anni ’80. Sarà anche proiettato ‘Jubilee’, il film di Derek Jarman, mentre il gruppo post-punk The Raincoats, si riunirà per dare vita ad una speciale performance sia musicale che femminista.

Uno scudo pontificio nel nord dell’Inghilterra

article-2514590-19AC40F200000578-831_634x522Lindisfarne, è un isolotto al largo delle coste del Northumberland. Un’isola santa, che viene isolata dalle maree, come il Mont St Michel in Bretagna o il St Michael’s mount in Cornovaglia.  Lindisfarne divenne la base per l’evangelizzazione dell’Inghilterra del nord e fu proprio nell’abbazia di St Aidan che fu miniato il prezioso Evangeliario di Lindisfarne, che oggi è preservato alla British Library. L’isola è un’oasi naturalistica ed è abitata da una comunità che vive di pesca e turismo. In questi giorni, è salita alla ribalta per un importante ritrovamento archeologico. Otto anni fa, Richard Mason, un manovale intento a ristrutturare una casa sull’isola, aveva ritrovato una vecchia brocca, sporca e sbeccata. L’aveva presa e depositata nel seminterrato della casa paterna, dimenticandosene. Finalmente, dopo tanto tempo, era tornato in cantina e aveva deciso di restaurare il vecchio recipiente. Sorpresa! La brocca, una volta capovolta, aveva lasciato cadere dieci monete d’oro e sette d’argento, tutte databili al XV e XVI secolo, tra cui un rarissimo scudo di Papa Clemente VII, il pontefice che si oppose al divorzio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona, nel 1520. La brocca è di manifattura tedesca, databile al XV secolo. Tra le monete è stato riconosciuto anche un tallero d’argento, moneta che circolava in Germania nel Cinquecento. Lo scudo italiano fu coniato nello stesso periodo ad Ancona ed è unico nel suo genere (si è a conoscenza solo di un altro esemplare, venduto anni fa). Adesso, il Great North Museum di Hancock spera di raccogliere i fondi necessari ad acquisire il tesoro, una volta che tutti i pezzi saranno stati valutati. Il ricavato della vendita sarà condiviso tra il signor Mason e il proprietario della casa e del terreno in cui è stata trovata la brocca.

A Londra, una mostra sui Georgiani

IMG_2824Si usa spesso menzionare l’epoca Georgiana quando ci si riferisce ad un particolare mobilio o stile architettonico inglese, ma il periodo, che comprende ben quattro re con lo stesso nome – da Giorgio I a Giorgio IV Hannover – occupa oltre un centinaio di anni (1714-1830), ed è connotato da molteplici cambiamenti sociali e culturali.
Si tratta di un’epoca di contrasti molto forti, caratterizzata da lusso sfrenato e povertà estrema, spettacoli esotici e impiccagioni pubbliche. Fu anche il periodo che vide la prima rivoluzione industriale e la nascita della civiltà dei consumi, nonché una rapida espansione demografica: la popolazione della Gran Bretagna crebbe da circa cinque milioni di persone nel 1700 a quasi nove milioni entro il 1801.
Adesso, una mostra esaustiva, che attinge alla formidabile collezione di giornali, riviste, stampe, libri, volantini e mappe della British Library, getta nuova luce sui vizi e le virtù della società georgiana, dalle mode e lo stile dei ricchi, all’inarrestabile trasformazione delle città. In Georgians Revealed, scopriamo come la Londra entro le mura, ricostruita in maniera solida e sostanziale, con le case che inglobavano lacerti romani e medievali, fosse abitata principalmente da mercanti, mentre i nobili si erano trasferiti altrove. I più poveri e i delinquenti si ammassavano subito fuori la cinta muraria, dove vigevano anarchia e dissolutezza. Le strade erano per lo più costituite da acciottolato irregolare, oppure da pavimentazioni instabili, che nei giorni di pioggia si ribaltavano schizzando fango. Camminare per strada significava incontrare sporcizia, confusione, ma anche maleducazione e violenza. Per i georgiani era all’ordine del giorno essere coinvolti in litigi e risse: i postiglioni si azzuffavano con i facchini, i bulli tormentavano i gentiluomini. Le strade erano anche molto rumorose, non solo per il frastuono dei carri sul selciato, ma anche per il gran numero di venditori ambulanti, che offrivano spilli, frutta, bevande, dolci, inchiostro, carbone… Era sicuramente più agevole, piacevole e dignitoso spostarsi in barca, e affittarne una per raggiungere Westminster. Ma la città, così rumorosa e pericolosa, era anche luogo di cultura e intrattenimento: dai teatri di Covent Garden, ai numerosi caffè, dove si discuteva di politica e attualità; dal gioco d’azzardo ai bordelli, ai giardini per incontrarsi e sfoggiare, mangiare e conversare, bere punch e poi tornare a casa, magari marciando assieme, per sicurezza. A proposito di bere, i georgiani erano tutti forti bevitori, incluse le signore. Innanzitutto di birra, e poi di porto, punch e gin. Quest’ultimo, come notoriamente ci illustrano le stampe di William Hogarth, divenne una vera e propria piaga sociale, con 10,000 esercizi londinesi in cui si vendeva segretamente o apertamente la bevanda, al prezzo modico di un penny. Durante tutto questo periodo, i prezzi del grano fluttuarono a causa di scarsi raccolti, provocando l’indigenza di molte famiglie. Si stima che una su dieci fosse al di sotto della ‘soglia di povertà’. La crescita delle città pose enormi pressioni sulla disponibilità di alloggi a basso costo. Così le baraccopoli crebbero rapidamente e le condizioni di vita in molti centri divennero inimmaginabili. Tuttavia, per molti, prendere il tè, leggere riviste, dedicarsi al giardinaggio e fare shopping divennero attività quotidiane ed ordinarie, mentre i ricchi passavano il tempo a spendere in maniera vistosa, abbigliandosi con brillanti e parrucche elaborate. La mostra alla British Library riporta in vita i Georgiani come realmente sono stati, e un fitto programma di conferenze cercherà di indagarne la moda, la cucina, il giardinaggio, i gusti e le aspettative.

La biblioteca post-moderna

BritishLibraryInteriorNell’immaginario collettivo la parola ‘biblioteca’ fa venire in mente un posto chiuso, pervaso da un caratteristico odore di polvere, carta macera e pergamena, pieno di libri e gente china su di essi in religioso silenzio; un qualcosa di dislocato dalla vita di tutti i giorni, un luogo della tradizione, riservato a pochi, anche se aperto a tutti. Ma le cose cambiano, si parla ormai del concetto di biblioteca post-moderna, dove all’utente son concessi nuovi stimoli e servizi come prestito di materiali audiovisivi, spazi culturali con iniziative di vario genere, uso di computer, internet e documenti informatici, nonché personale disponibile ad insegnare l’uso dell’archivio a chi non ne ha dimestichezza.

Non so come sia la situazione italica al momento, ricordo che quanto sopra era sicuramente valido per la biblioteca di quartiere nella mia città natale, dove andavo a studiare e leggere con piacere, ma se ora mi stendessi sul lettino dello psicoanalista e Sigmund pronunciasse la parola “BIBLIOTECA NAZIONALE” avrei i sudori freddi e mi aggrapperei al sofà in preda all’ansia. Io spero tanto che, anche in quell’ambito, qualcosa sia cambiato, lo spero soprattutto per i poveri studenti e studiosi che ci devono sudare sangue… anche se, le ultime notizie ufficiali (gennaio 2009) parlavano di disservizi, personale ridotto, decremento dei volontari del servizio civile e prestito pomeridiano sospeso. Ai tempi della tesi, andarvi a fare ricerche equivaleva ad un viaggio dantesco nei gironi delle lungaggini e della burocrazia, nonché quotidiana esposizione all’amianto (bonificato solo a 3 mesi dalla mia laurea, con i disservizi che potete immaginare)…
Poi, son venuta qui, in terra angla, e, studiando per il Master, mi si è aperto un mondo: bellissime biblioteche post-moderne, con film, computer nuovi, scanner, stampanti, corsi di lingue, laboratori, prestiti possibili. Non importa se si è studiosi o no, qui è pratica assai comune andare in biblioteca per usare internet, prendere libri in prestito, far giocare i bambini, partecipare a dibattiti. C’è però una biblioteca angla, anzi LA biblioteca per eccellenza, che ha vinto il mio cuore e mi sta curando dal trauma di gioventù. La BRITISH LIBRARY, in quel di Euston, è il mio rifugio dai mali dell’inverno, pioggia, buio, stanchezza e povertà.
Ci vado spesso, tanto che ormai gli steward alla porta mi riconoscono senza batter ciglio (haha). Mi aggiro qua e là in questo edificio modernissimo (la biblioteca originale faceva parte fino a una decina di anni fa del British Museum, dove ancora restano gli spazi della Reading Room e della Kings Library) e vedo studenti e studiosi col laptop e la cup of tea. Sono così sereni da suscitare invidia, loro forse non sanno niente di lungaggini e decrementi del personale e libri spariti chissà dove.
Vado alla British Library e mi vedo gratis “I Tesori”, in una galleria aperta gratuitamente al pubblico, dove ci sono opere e documenti imperdibili, tra cui la preziosissima copia in greco onciale della Bibbia (codex sinaiticum – IV secolo d.C.), dei bellissimi evangeliari miniati (famoso quello di Lindisfarne – IX secolo d.C), la Magna Carta, l’unica copia manoscritta del Beowulf, il Sutra del Diamante (il più antico libro a stampa del mondo), il diapason di Beethoven, l’atto di nozze di Mozart, le lettere di Jane Austen e le canzoni autografe dei Beatles.
Ci sono poi mostre temporanee su vari argomenti. Ad esempio, al momento in cui scrivo, ce n’è una, totalmente gratuita e di grande interesse, sulla fotografia del XIX secolo, dal titolo “Points of View” (http://www.bl.uk/pointsofview/).
Ma ci si può altrettanto immergere in percorsi sonori, organizzati per tema, dove si può ascoltare di tutto, dalla voce di Florence Nightingale (The Sound and the Fury: The Power of Public Speaking) agli album di Jimi Hendrix (1968 on Record: a Year of Revolution). Per accedere alle sale di lettura basta un pass di accesso che viene rilasciato con facilità (basta esibire un documento di riconoscimento), e non bisogna essere laureandi o laureati. Ognuno ha diritto a studiare e fare ricerche.
A me, quello che stupisce ogni volta che mi siedo a bere un caffè, è la torre d’oro con tutti i volumi, i manoscritti e le mappe provenienti dalla King’s Library. Un monumento all’amore per il sapere.