Londra celebra i 40 anni del PUNK

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Shirley Baker, Two Punks drinking cider, Stockport, 1983. © Shirley Baker Estate and Mary Evans Picture Library.

Le note arrabbiate dei Sex Pistols e quelle più impegnate dei Clash, il giubbotto di pelle, la cresta, i jeans scoloriti con la varechina, gli iconici Doc Martens, le spille da balia, e quel motto do-it-yourself, sinonimo di energia, entusiasmo, la voglia di un mondo migliore, la possibilità di formare una band con pochi mezzi e quasi zero erudizione musicale, realizzare le propre idee senza aspettare il permesso di qualcuno, o, semplicemente, dire ed affermare, invece di chiedere. Tutto questo, fino agli estremi dell’anarchia e della violenza, è stato il movimento Punk, nato a Soho nel 1976, e diffusosi in tutto il Regno Unito, fino all’Europa ed Oltreoceano.
 I fattori determinanti per la nascita di questa potente subcultura furono politici ed economici, dalla recessione al Tatcherismo.
A 40 anni dalla nascita del Punk, la Gran Bretagna, e Londra in particolare, dedica il 2016 ad un fitto programma di eventi celebrativi, tra concerti, mostre, conferenze e progetti vari.
Il Guardian ha già avviato un’iniziativa fotografica per capire o scoprire l’eredità di quell periodo, invitando i lettori ad inviare un’immagine di sé, quando erano giovani punk. Nel frattempo, c’è chi, dopo quegli anni turbolenti, ha sentito una chiamata diversa, consacrandosi sacerdote, chi da musicista in una band ha un po’ tradito gli ideali andando a lavorare in finanza, oppure chi ha seguito alte aspirazioni per diventare osteopata, addetto al soccorso in mare, avvocato in cause umanitarie o infermiera veterinaria. Abbandonare gli abiti sovversivi e la cresta, spesso, ha solo rappresentato un cambio esteriore, mentre si è rimasti fedeli al significato intrinseco del punk: rompere le barriere per essere se stessi, in qualsiasi ruolo, dando senso alla propria vita. Il rovescio della medaglia è stato anche il bruciarsi precocemente, tra alcol e droghe, vivendo pericolosamente e perseguendo l’ideale negativo del ‘live-fast-die-young’, che ha mietuto vittime, anche illustri, come Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols.
Di certo il Punk fu una corrente rivoluzionaria, seppur effimera, che diede un impulso molto forte alla società, ed un ruolo da protagonista a tutti coloro che non si sentivano conformi all’establishment medio-borghese, xenofobo e conservatore.
Alla British Library una mostra gratuita celebra il movimento come fenomeno culturale e musicale, attraverso fanzines, copertine di dischi, volantini, tracce audio ed altri interessanti materiali d’archivio. All’esposizione, si aggiungono un negozio ‘punk’ ed un fitto ciclo di conferenze, che prevedono la partecipazione straordinaria di protagonisti della scena dell’epoca, tra cui i rappresentanti di band storiche come i Damned ed i Buzzcocks.
Alla Photographers’ Gallery, dal 23 al 26 giugno, un intero weekend sarà dedicato ad eventi speciali, per mettere in risalto il contesto politico, sociale ed ideologico che portò alla nascita del Punk. Il programma prevede un’installazione digitale con lavori di fotografi indipendenti o tratti dall’archivio della casa discografica EMI, e la mostra di Shirley Baker, con ritratti e scene dell’underground giovanile dei primi anni ’80. Sarà anche proiettato ‘Jubilee’, il film di Derek Jarman, mentre il gruppo post-punk The Raincoats, si riunirà per dare vita ad una speciale performance sia musicale che femminista.

John Snow, storico e moderno dell’Epidemiologia

John Snow ©LondonSE4John Snow (del quale, il 15 marzo, si celebra il bicentenario della nascita) fu un medico inglese all’avanguardia, tra i primi a studiare e calcolare i dosaggi per l’uso di anestetici chirurgici (fu lui a somministrare personalmente del cloroformio alla Regina Vittoria, in occasione dei suoi ultimi due parti). Inoltre, per essere riuscito ad individuare l’origine di un’epidemia di colera a Soho, nel 1854, è anche considerato uno dei padri della moderna epidemiologia. Snow fu sempre scettico nei riguardi dell’allora dominante teoria del miasma, secondo la quale, malattie come il colera o la peste bubbonica, erano causate da inquinamento o “aria nociva”. Il medico inglese, stilando una mappa dettagliata dei casi di colera intorno alla pompa dell’acqua pubblica di Broad Street (oggi Broadwick Street), aveva potuto dimostrare che la Southwark and Vauxhall Waterworks Company stava distribuendo a Soho acqua infetta, prelevata da sezioni del Tamigi inquinate da acque reflue. Nel 1855, in seguito alla sua indagine, Snow scrisse un saggio sul colera, includendovi le statistiche utilizzate per illustrare il collegamento tra la qualità dell’acqua e i casi di colera.
Da oggi, fino al 17 aprile, la London School of Hygiene & Tropical Medicine, ospita una mostra gratuita, per celebrare il lavoro di Snow nel campo delle malattie e della salute pubblica.  Documenti storici provenienti da diverse istituzioni (tra cui LSHTM, Wellcome Library, Museum of London e i Metropolitan Archives), vengono esposti per la prima volta, a fianco di opere d’arte contemporanea, commissionate ad hoc, in un interessante percorso, volto a far luce su come la morte e la malattia siano state registrate nei secoli, e come, l’applicazione della cartografia, abbia sostenuto la necessità di comprendere le epidemie in maniera scientifica. La mostra è accompagnata da un fitto programma di conferenze, eventi e proiezioni.

Inoltre, a Soho, dal 13 al 16 marzo, sarà possibile visitare il Museum of Water. I visitatori sono invitati a donare recipienti di acqua per ampliare la collezione e potranno bere un bicchiere d’acqua, proveniente dalla fonte di Broad Street(!), nel Water Bar estemporaneo. Conferenze e dibattiti giornalieri sul tema dell’acqua si avvicenderanno intorno alla vicina Memorial Pump.

Per saperne di più:

http://www.johnsnowsociety.org/

http://www.quadernodiepidemiologia.it/epi/storia/colera.htm