… Sono appena tornata dal centro del Mar Nostrum, da ciò che per secoli ha rappresentato un crocevia di influssi e culture, sapori e colori, assedi e conquiste: Malta. Un’isola che ho scoperto essere un pò come me, ora: a metà strada. Un ibrido tra la modernità nord-europea e la tradizione mediterranea. Un mondo dove convivono tranquillamente barchette di pescatori e cabine telefoniche rosse, edicole barocche popolate da madonnine, angeli e santi e nicchie con la regina Vittoria, il tè delle cinque e l’aperitivo delle sette, Caravaggio e Turner, gli autobus gialli, sgangherati, con le foto e il rosario, e gli albergoni avveniristici, pieni di angli in vacanza, le pubblicità in maltese e le scuole di inglese, la GS e i Jaffa Cakes, Rai Uno e la BBC. Di Malta mi è piaciuto quel senso un pò ruvido, di abbandono, fatto di muri scalcinati, panni stesi alle finestre,insegne lise dal tempo, carrozzelle trainate da ronzini stanchi, gabbie di canarini sui balconi, gatti sornioni davanti alle taverne, fontanelle sparute, persiane socchiuse, opulenze nascoste e dolcezze antiche dai nomi esotici: imqaret, qubbajt, qaghaq tal-ghasel, kannoli. Qui in terra angla si respira ormai l’odore ancestrale dell’autunno, terra umida e uva appassita. Disorientata, come alla fine di una passione, come allo svaporare di un sogno, calpesto tappeti di foglie secche, mentre già nel cielo basso, ai raggi di sole smunti si sostituiscono nuvole gonfie di pioggia… ma va bene così…