La forchetta di Shakespeare

forchetta_elisabettiana

L’evasione dal quotidiano fa parte della natura umana. Che si fugga dal   traffico, dalla routine, dai rumori, o dal fango, dalle fatiche e dalle imposizioni, poco importa. Da sempre, la mente ha bisogno dei suoi spazi per viaggiare o, semplicemente, riposare. Quattro o cinque secoli fa, quando non c’erano TV e internet, i servizi igienici erano scarsissimi e le case, costruite in travi di legno, pigliavano facilmente fuoco, i londinesi riuscivano a divagarsi lo stesso. Come?  Con il teatro, che, guarda caso, si trovava sempre in zone licenziose e malfamate, con il beneplacito di sua Maestà.
Queste aree erano denominate “liberties”, vi fiorivano bordelli e scoppiavano risse, si faceva mercato all’ingrosso e ci si ubriacava in compagnia. Menzionando il teatro elisabettiano, la maggioranza di noi oggi pensa al Globe Theatre, palcoscenico di successo per le opere di Shakespeare. Tuttavia, alla fine del ‘500, tra Shoreditch e  Southwark, di teatri rotondi, a tre piani, in cui plebaglia e nobiltà si mescolavano per due ore di farsa o tragedia, ce ne erano parecchi. Un penny per stare in piedi nell’arena, alla mercè delle intemperie, o somme più alte per sedersi in galleria o addirittura sul palco, vicino agli attori, per un momento di narcisismo irripetibile. Di questi teatri, restano i nomi suggestivi: Curtain, Swan, Fortune, Red Bull… Del Rose Theatre si sono rinvenute le fondamenta una ventina di anni fa. Costruito nel 1587 dall’impresario Philip Henslowe, in società con il droghiere Cholmey, il Rose era di forma poligonale e realizzato in materiali tradizionali (travi di legno, intonaco, gesso e pagliericcio). A differenza di altri teatri, questo spazio permetteva la messa in scena di grandi opere, su due livelli. Il Rose funzionò a pieno ritmo fino al 1605, anno in cui chiuse i battenti e venne raso al suolo. Per modo di dire, dato che nel 1989, durante dei lavori di costruzione, le ruspe si imbatterono nelle sue fondamenta. Il teatro passò sotto la cura del Museo di Londra, che tutt’ora indaga il sito, con un’equipe di studiosi ed archeologi. Dal 1999, il Rose è aperto al pubblico e, una parte di esso, dal 2007, funziona come spazio performativo, con opere elisabettiane o contemporanee. Frattanto, i lavori di scavo e indagine proseguono. Tra i vari oggetti rinvenuti, numerosi semi e gusci di nocciole, monetine e persino una forchetta. Quest’ultima, conservata al Museo di Londra, sarà protagonista di un programma radiofonico, sulla BBC Radio4, dedicato al mondo di Shakespeare, che inizierà il 16 aprile prossimo.

9 thoughts on “La forchetta di Shakespeare

  1. Amo questo post. Sarà che la storia della letteratura e del teatro inglese l’ho studiata e amata, sarà che Shakespeare ce l’ho nel cuore…ma mi hai riportato indietro di qualche anno. Per cui grazie! 🙂

  2. Il Globe voluto da Veltroni e allora diretto da Proietti nel bel mezzo di Villa Borghese a Roma ricalca l’originale quanto a concetto, forma e materiali, ma nel tipico costume italico è in stato d’abbandono dopo un paio di stagioni e sopratutto viene usato solo nella stagione estiva.

    Sembra che qui le cose si facciano a mo’ di contenitore a perdere; teatri come la bottiglia del latte, finito il quale si la butta nell’indifferenziata.

    • Mah, da quello che leggo, ultimamente ai teatri romani non va tanto bene, tra conti in rosso, tagli e chiusure… :/

      • Il problema è che in Italia la cultura non è proprio considerata come una risorsa quanto piuttosto come un peso. E non è semplicemente un peccato…è proprio una cosa allucinante.

    • Aaah 🙂 it’s a pity that contemporary Europe has lost taste for interesting recipees with wild plants such as the sea holly. Glad you mentioned it. I wonder if Shakespeare was fond of this in his times. In Italy there’s something similar, called “cardi”. Delicious, not easy to find in markets.

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