Dopo essere stata presentata a Parigi, una mostra di tesori egizi, alcuni dei quali mai visti prima, approda al British Museum di Londra.
“Sunken Cities” cerca di ricostruire la storia di due città sommerse, conosciute, fino al loro recente rinvenimento, solo attraverso gli scritti dell’antichità classica. Canopo e Thonis-Heracleion, sito dal doppio nome, egizio e greco, furono sommerse nell’VIII secolo d.C., in seguito a varie calamità naturali, tra cui un terremoto e dei maremoti.
Gli scavi archaeologici, alla ricerca di un mondo che si credeva perduto, sono stati coordinati da Franck Goddio, un archeologo francese, fondatore capo dell’Istituto Europeo per l’Archeologia Subacquea di Parigi, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Oxford, e, ovviamente, in accordo con le autorità egiziane.
Il sito archeologico, da cui gli oggetti in mostra sono stati recuperati, si estende per una superficie di circa 110 km quadrati, e si trova nella baia di Abukir, nei pressi di Alessandria d’Egitto.
Fondata intorno all’VIII secolo a.C., Thonis-Heracleion era una città molto prospera, con una fitta rete di canali ed un porto estremamente importante, da cui transitavano tutte le navi mercantili dei paesi del Mediterraneo che commerciavano con l’Egitto.
Si era pensato, inizialmente, che Thonis-Heracleion fosse una città (o, addirittura due) leggendaria. Lo storico greco Erodoto, nel V secolo a.C., infatti, l’aveva menzionata in occasione della visita di Elena e del suo amante Paride, prima della guerra di Troia.
Si sa dagli scritti antichi, che Thonis-Heracleion era famosa per un enorme tempio, ed anche per dei santuari, dedicati a Osiride ed altri dei, che erano note mete di pellegrinaggio.
Anche la città di Canopo, che forse derivava il nome dal leggendario timoniere di Menelao, morso da un serpente sulla spiaggia di Thonis, è menzionata da fonti classiche, tra cui un poema del poeta Nicandro, vissuto nel II secolo a.C.
Tra i vari reperti recuperati dai fondali, figura una lampada ad olio, usata durante le cerimonie in onore di Osiris, mentre, tra i manufatti rituali trovati intorno a un punto del tempio e lungo un canale di oltre the chilometri, che collegava Thonis-Heracleion e Canopo, sono stati scoperti anche resti di sacrifici animali. Inoltre, il rinvenimento di centinaia di ancore e di una sessantina di relitti di barche, tra cui una di tipo cerimoniale, risalenti ad un periodo che va dal VI al II secolo a.C., ha confermato l’intensità delle attività maritime dei due antichi centri.
La mostra londinese si avvale di numerosi prestiti dal museo di Alessandria d’Egitto, oltre ad oggetti delle collezioni del British Museum, che aiutano a capire meglio la storia delle città sommerse, specialmente nell’ambito più ampio dei traffici e degli scambi culturali tra Grecia ed Egitto. La scenografia e l’allestimento dello spazio espositivo, avvolgono il visitatore in un’ambiente azzurrino, che tenta di ricreare, attraverso luci e suoni, le profondità marine da cui provengono alcuni dei tesori in mostra.
Questi ultimi, sono indicati da un apposito simbolo grafico e, spesso, affiancati da un breve video del loro ritrovamento. Tra i tesori riaffiorati dalle acque, e pazientemente ripuliti da sali, alghe ed incrostazioni, si possono ammirare una statua colossale della divinità fluviale Hapy, una stele con l’editto del faraone Nectanebo I (gemella di quella scoperta a Naukratis nel 1899), e la statua senza testa di Arsinoe II – figlia maggiore di Tolomeo I – divinizzata dopo la sua morte e venerata sia in Egitto che in Grecia.
“Sunken Cities” cerca di ricostruire la storia di due città sommerse, conosciute, fino al loro recente rinvenimento, solo attraverso gli scritti dell’antichità classica. Canopo e Thonis-Heracleion, sito dal doppio nome, egizio e greco, furono sommerse nell’VIII secolo d.C., in seguito a varie calamità naturali, tra cui un terremoto e dei maremoti.
Gli scavi archaeologici, alla ricerca di un mondo che si credeva perduto, sono stati coordinati da Franck Goddio, un archeologo francese, fondatore capo dell’Istituto Europeo per l’Archeologia Subacquea di Parigi, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Oxford, e, ovviamente, in accordo con le autorità egiziane.
Il sito archeologico, da cui gli oggetti in mostra sono stati recuperati, si estende per una superficie di circa 110 km quadrati, e si trova nella baia di Abukir, nei pressi di Alessandria d’Egitto.
Fondata intorno all’VIII secolo a.C., Thonis-Heracleion era una città molto prospera, con una fitta rete di canali ed un porto estremamente importante, da cui transitavano tutte le navi mercantili dei paesi del Mediterraneo che commerciavano con l’Egitto.
Si era pensato, inizialmente, che Thonis-Heracleion fosse una città (o, addirittura due) leggendaria. Lo storico greco Erodoto, nel V secolo a.C., infatti, l’aveva menzionata in occasione della visita di Elena e del suo amante Paride, prima della guerra di Troia.
Si sa dagli scritti antichi, che Thonis-Heracleion era famosa per un enorme tempio, ed anche per dei santuari, dedicati a Osiride ed altri dei, che erano note mete di pellegrinaggio.
Anche la città di Canopo, che forse derivava il nome dal leggendario timoniere di Menelao, morso da un serpente sulla spiaggia di Thonis, è menzionata da fonti classiche, tra cui un poema del poeta Nicandro, vissuto nel II secolo a.C.
Tra i vari reperti recuperati dai fondali, figura una lampada ad olio, usata durante le cerimonie in onore di Osiris, mentre, tra i manufatti rituali trovati intorno a un punto del tempio e lungo un canale di oltre the chilometri, che collegava Thonis-Heracleion e Canopo, sono stati scoperti anche resti di sacrifici animali. Inoltre, il rinvenimento di centinaia di ancore e di una sessantina di relitti di barche, tra cui una di tipo cerimoniale, risalenti ad un periodo che va dal VI al II secolo a.C., ha confermato l’intensità delle attività maritime dei due antichi centri.
La mostra londinese si avvale di numerosi prestiti dal museo di Alessandria d’Egitto, oltre ad oggetti delle collezioni del British Museum, che aiutano a capire meglio la storia delle città sommerse, specialmente nell’ambito più ampio dei traffici e degli scambi culturali tra Grecia ed Egitto. La scenografia e l’allestimento dello spazio espositivo, avvolgono il visitatore in un’ambiente azzurrino, che tenta di ricreare, attraverso luci e suoni, le profondità marine da cui provengono alcuni dei tesori in mostra.
Questi ultimi, sono indicati da un apposito simbolo grafico e, spesso, affiancati da un breve video del loro ritrovamento. Tra i tesori riaffiorati dalle acque, e pazientemente ripuliti da sali, alghe ed incrostazioni, si possono ammirare una statua colossale della divinità fluviale Hapy, una stele con l’editto del faraone Nectanebo I (gemella di quella scoperta a Naukratis nel 1899), e la statua senza testa di Arsinoe II – figlia maggiore di Tolomeo I – divinizzata dopo la sua morte e venerata sia in Egitto che in Grecia.