L’Arte del Campari, alla Estorick Collection di Londra

The Art of CampariNel panorama culturale londinese, la Estorick Collection of Modern Italian Art si segnala per essere l’unico museo dedicato all’arte italiana del ventesimo secolo, con particolare attenzione al Futurismo. La galleria è stata ufficialmente inaugurata nel 1998 ed è ospitata in un bell’edificio di stile georgiano, nel cuore di Islington.
Nel tempo la Estorick Collection, con il suo giardino e il caffè, è diventata un punto di riferimento per la gente del quartiere. I punti di forza del museo risiedono nella particolarità della collezione permanente e nell’attenzione prestata all’arte italiana moderna in tutti i suoi aspetti: arti visive, architettura e design, fotografia, cinema, ecc.
La Estorick Collection ospita anche una biblioteca d’arte, che annovera oltre 2.000 volumi specializzati in arte italiana del primo Novecento, con molte edizioni rare e libri ormai fuori commercio. Il nucleo principale proviene dalla biblioteca personale di Eric Estorick, donata dagli eredi nel 1994, poi ci sono le acquisizioni fatte dal museo negli ultimi anni.
Il programma della galleria si basa essenzialmente sull’organizzazione di mostre relative alla prima metà del Novecento in Italia, connesse dunque con il periodo storico-culturale di cui fa parte la collezione permanente.
Fino al 16 settembre, è possibile visitare una mostra interamente dedicata al marchio Campari, con opere (manifesti e volantini pubblicitari, etichette, bottiglie, bicchieri, packaging e gadgets) provenienti dalla Galleria Campari di Milano.
L’esposizione si concentra sul periodo che va dai primi del ‘900, alle campagne rivoluzionarie e innovative degli anni Venti fino agli eleganti design degli anni Sessanta e mira a riflettere i mutamenti del gusto e, indirettamente, della società, nell’Italia del XX secolo, grazie ad un prodotto reso celebre in tutto il mondo .
La prima galleria si concentra sugli albori delle campagne pubblicitarie del Campari.
Il bitter era stato prodotto per la prima volta nel 1860, a Novara, e consisteva in una miscela di acqua, alcool, ed estratti botanici. In questo caso, l’estratto di scorza d’arancia. Dal 1904, la bevanda digestiva dall’inconfondibile color rosso carminio, era proposta anche all’estero. Era allora importante promuovere il marchio, assumendo un profilo più dinamico, grazie ai poster pubblicitari.
Nella prima sala della mostra, nella carrellata di manifesti della Belle Époque, spicca quello, famosissimo, di Leonetto Cappiello (1921), in cui lo spirito del Bitter Campari appare come una figura dinamica e brillante, che spicca sullo sfondo nero, mentre saltella fuori dalla scorza di un’arancia, stringendo la bottiglia in mano.
Un poster accattivante, dalla grafica immediata, ideale per per catturare l’attenzione nella vita frenetica della città. Una vita frenetica in cui il bitter divenne l’attributo necessario della pausa elegante e sofisticata.
DePero_CampariNella seconda sala, il dinamismo si fa più accentuato. Sono gli anni del Secondo Futurismo e Fortunato Depero, che aveva scritto il manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo” assieme Giacomo Balla, produceva disegni geometrici e suggestivi.  Nelle pubblicità di Depero i personaggi appaiono quasi fumettistici, la grafica non è cosi immediata come negli esempi degli inizi del secolo, ma è sicuramente pionieristica e si rifà all’ideale di “ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente.”
Campari notò la forza creativa e dirompente del Futurismo e lasciò a Depero carta bianca su come realizzare l’estetica del marchio. La collaborazione diede i suoi frutti, perché, nel 1932, Depero progettava anche la forma conica della bottiglia di Campari Soda, che ha resistito invariata fino ad oggi.
Nel secondo dopoguerra, sopratutto negli anni ’60, i manifesti tornano ad essere un po’ più convenzionali, con la tipica grafica che vede il marchio prominente ed il prodotto in bella vista, aspirazione delle classi borghesi. Ancora una volta, Campari ha identificato le tendenze visive dei suoi tempi, coinvolgendo designer ed artisti per creare qualcosa di iconico. Una parete è completamente ricoperta da versioni diverse del logo Campari – ed è un’opera originale di Bruno Munari.
‘The Art of Campari’ è sicuramente la riprova di come l’azienda abbia saputo mantenere in auge il proprio marchio, abbracciando continuamente le correnti estetiche del momento. Durante il periodo della mostra, la Estorick Collection resterà aperta fino alle 21.00 tutti i giovedì, e si potrà gustare un Campari Gin and Tonic oppure un Negroni nell’Estorick Cafe.

Le foto del Titanic

Titanic by Francis BrowneNelle prime ore del mattino di cento anni fa, il transatlantico più lussuoso e avveniristico del mondo, il Titanic, durante il viaggio inaugurale attraverso l’Atlantico, in seguito all’impatto con un iceberg, colava a picco, spezzandosi in due tronconi. Oltre 1500 persone, di ogni estrazione e classe sociale, persero la vita nel naufragio. La tragedia, di portata epocale, ha ispirato numerosi film, libri, documentari. Tra il 1987 e il 2004, una spedizione franco-americana è riuscita a raggiungere il relitto e portare in superficie oltre 5000 oggetti, che ora fanno parte di esposizioni permanenti e itineranti. Ci si domanda come mai l’immaginario collettivo sia rimasto tanto colpito e ossessionato da questo evento. Sicuramente, con la nave affondava un mondo, quella Belle Epoque, fatta di lussi, regole, contraddizioni, con le classi dirigenti fiduciose nel progresso della tecnica e nel privilegio di inviolabilità. La morte si dimostrò imparziale, trascinando a fondo le signore ingioiellate della prima classe e le emigranti della terza, i ricchi industriali avvolti in costosi cappotti di lana e i proletari vestiti di sogni e speranze. Gli ultimi resti di quella società e di quei valori erano destinati ad essere spazzati via per sempre dall’avvento della Prima Guerra Mondiale.

Prima che il Titanic si avventurasse in mare aperto, un giovane gesuita irlandese, appassionato di fotografia, Padre Frank Browne, si servì di quella nave meravigliosa per viaggiare da Southampton a Queenstown. Gli era stata data la cabina numero A37. Padre Browne non si lasciò sfuggire l’occasione e scattò dozzine di fotografie nei suoi due giorni di navigazione, immortalando i lussuosi interni del transatlantico, il capitano e i passeggeri più e meno noti, inclusi quelli di terza classe. La vita a bordo doveva essere stata una fantastica esperienza per il giovane sacerdote e la tentazione non tardò ad arrivare, sottoforma di una coppia di milionari, che si offrì di pagargli il resto del viaggio fino in America. Eccitato dalla proposta allettante, padre Browne telegrafò al suo superiore, per chiedere il permesso di restare a bordo. La risposta fu breve e concisa: ‘GET OFF THAT SHIP, PROVINCIAL’. A malincuore, il gesuita scese dal Titanic, quando la nave attraccò nel porto di Queenstown, e da lì si diresse a Dublino per continuare gli studi di teologia. Alla notizia dell’affondamento del transatlantico, le sue foto si tramutarono in una risorsa senza eguali. Padre Browne negoziò la vendita delle immagini con giornali e riviste, ma tenne i negativi per sé. Le foto sono ora online, all’indirizzo http://titanicphotographs.com/