Lancelot Brown, architetto di paesaggio inglese, era nato in Northumberland nel 1716 e fu apprendista giardiniere presso Sir William Lorraine. Brown si trasferì poi nel Buckinghamshire e, nel 1741, fu impiegato da Lord Cobham, in qualità di capo giardiniere a Stowe. Questo impiego, gli diede l’opportunità di lavorare con due affermati architetti: John Vanbrugh e William Kent. Con William Kent, uno dei fondatori del nuovo stile, piu’ naturale, di paesaggio, strinse un forte rapporto di amicizia e stima, cementato anche dal fatto che ne sposò la figlia Bridget, nel 1744.
Successivamente Brown esercitò l’attività di architetto di paesaggio in proprio, progettando sia case che giardini. Nel 1764, fu nominato da re Giorgio III Maestro Giardiniere di Hampton Court. La sua pratica si espanse rapidamente e lo vide spesso in giro per l’Inghilterra.
Il soprannome di ‘Capability‘ gli derivò dalla predilezione di spiegare alla clientela come la loro tenuta di campagna possedesse grandi ‘capacità’ di miglioramento.
I progetti di Capability Brown erano molto di moda, essendo una raffinatissima versione dello stile naturalistico, che aveva spazzato via quasi tutti i resti di precedenti stili formalmente a motivi geometrici.
Secondo i dettami del pittoresco, i giardini di Brown erano eleganti e confortevoli, caratterizzati da prati erbosi, che arrivavano fino alle soglie di casa, e animati da cespugli, bordure, laghetti, fiumi serpeggianti, e boschi. Lo sguardo poteva perdersi al di là del giardino e spaziare nel paesaggio circostante grazie all’espediente del ha-ha, un confine invisibile costituito da una specie di trincea, posta a sorpresa al limitare della tenuta. Simile risultato si otteneva tramite un sapiente posizionamento di specchi e corsi d’acqua non connessi tra loro, ma percepiti dallo sguardo come un tutt’uno.
La reputazione di Brown diminuì rapidamente dopo la sua morte, perché lo stile pittoresco di paesaggio non trasmetteva quel conflitto drammatico causato dalla potenza della natura selvaggia. L’ideale romantico era in conflitto con l’armonia e la quiete dei paesaggi di Brown, che mancavano dell’emozione sublime.
Criticato aspramente nel XIX secolo, lo stile paesaggistico di Brown fu via via rivalutato nel corso del XX, ed oggi l’architetto è riconosciuto come un genio dello stile di giardino inglese.
A trecento anni dalla nascita, Capability Brown è celebrato con iniziative varie, tra cui mostre, conferenze e visite guidate nei suoi famosi parchi e tenute.
Per un programma dettagliato, potete visitare la pagina: http://www.capabilitybrown.org/events
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Il segreto della luce

J. M. W. Turner - Keelmen Heaving in Coals by Moonlight (1835)
© Board of Trustees, National Gallery of Art, Washington, D.C. Widener Collection 1942.9.86
L’accesso informatizzato ad archivi e immagini facilita immensamente le ricerche di studiosi e appassionati d’arte. Sebbene internet non possa di fatto sostituirsi all’esperienza de visu con l’opera o il documento originali, tuttavia ne costituisce un preludio efficiente. Andando indietro di oltre due secoli, all’artista, letterato o gentiluomo che potesse permetterselo, rimaneva la scelta di imbarcarsi in un viaggio di istruzione, che lo avrebbe tenuto lontano dei mesi. Si trattava di quel Grand Tour che, dalle brume del nord Europa, conduceva per mare e per terra alla Francia, alla Germania, alla Svizzera e, valicate le Alpi, alla meta finale: l’Italia. Gli artisti riempivano taccuini con studi e schizzi di paesaggi e rovine, che avrebbero poi utilizzato per progetti ambiziosi, una volta tornati in patria; e, mentre i letterati spargevano fiumi di inchiostro, vergando qua e là resoconti ed impressioni di quello che sperimentavano lungo il cammino, i nobili, tra un vaso etrusco e un capitello romano, elargivano denaro per portarsi a casa voluminosi souvenir del loro soggiorno istruttivo, dalle antichità, alle tele di pittori di grido, ai micromosaici. Tra i maestri del passato, il secentesco Claude Lorrain veniva additato a modello, per la resa del paesaggio nostalgica e grandiosa, classica e pittoresca assieme, con quel sole basso sempre al centro della composizione, a diffondere bagliori mattutini o calde note crepuscolari. Però, non sempre era possibile viaggiare, e, per un giovane pittore ambizioso e dotato, restavano le stampe e i disegni distribuiti nelle accademie o le collezioni private, celate in palazzi e dimore nobiliari, accessibili solo tramite mecenatismo, conoscenze o valide raccomandazioni. Quando William Turner, giovanissimo, entrò alla Royal Academy of Arts, i suoi maestri gli suggerirono, tra le altre cose, di studiarsi Claude. E lui lo fece, anche molto bene, sebbene non avesse ancora avuto modo di viaggiare e visitare l’Italia, a causa delle guerre napoleoniche. Per fortuna, le opere del maestro circolavano ampiamente, grazie a collezionisti che seppero trarre vantaggio dal caos della Rivoluzione Francese. Quel sole basso delle tele di Lorrain era per Turner uno spunto irresistibile, e, copiare un paesaggio classicheggiante, epurandolo dalle figure mitologiche, sembrava funzionare altrettanto bene. Tuttavia, là dove il lavoro del maestro appare rifinito, pulito, serenamente arcadico, qui la pittura dell’allievo si fa via via più febbrile, pastosa, sperimentale. La natura perde la serenità classica, per velarsi dei fumi del progresso industriale, mentre il paesaggio trasuda tutti gli umori, l’incostanza e i vapori del clima britannico. Quando Turner riesce a compiere il suo primo viaggio al di là della Manica, per andare in Francia, è alla soglia dei trent’anni. Va al Louvre a studiare Poussin e Tiziano. Raggiungerà l’Italia solo più tardi, quarantaquattrenne. Qui, l’artista catturerà con immediatezza e mano febbrile, in una miriade di schizzi e di acquerelli, il mutare della luce e delle cose, a volte da uno stesso punto di vista. Tutti questi studi, così vivaci e attuali, gli serviranno poi per le opere di grandi dimensioni, quelle a olio, in cui Venezia è ancora la città dei fasti e del mito, e la campagna di Roma, scenario di glorie passate, costellato da imponenti rovine. Turner non può più restare immune agli effetti della luce del sud; tornato in patria, si allontana completamente dal pittoresco, fino a sacrificare la materia, che si disgrega in un sublime di nubi, acqua e aria.
La mostra “Turner Inspired in the Light of Claude” è alla National Gallery, fino al 5 giugno 2012.