Temple Newsam House è una dimora di epoca Tudor, che si trova a Leeds, nello Yorkshire occidentale. Nel 1622 la tenuta fu acquistata da Sir Arthur Ingram per 12.000 sterline. Durante i 20 anni successivi la villa fu ricostruita, incorporando alcune delle strutture precedenti. I discendenti di Ingram continuarono ad ingrandire e rimaneggiare la bella residenza, ed il parco fu ridisegnato in termini paesaggistici da Capability Brown.
Ora sembra che Sir Arthur, nel 1644, in piena guerra civile inglese, facesse richiesta al farmacista di vari ingredienti medicinali, tra cui un certo numero di bottiglie di “China drink”, per quattro scellini al pezzo.
La fattura del farmacista si trova negli archivi del West Yorkshire ed è stata rinvenuta da Rachel Conroy, curatrice di Temple Newsam House, mentre stava eseguendo delle ricerche per una mostra.
L’affascinante documento è storicamente molto importante, perché dimostrerebbe che il “China drink”, cioè il tè, sarebbe stato bevuto in Yorkshire ben sedici anni prima del famoso riferimento a questa bevanda, fatto dal diarista Samuel Pepys, il quale, il 25 settembre 1660, scriveva: «Mi son fatto servire una tazza di té, che è una bevanda cinese, che non avevo mai bevuto prima”.
Quelli che vivevano a Temple Newsam furono dunque tra i primi in Inghilterra a godersi una tazza di tè, una bevanda per l’epoca insolita ed esotica, e molto costosa, ben quattro scellini a bottiglia, quando, un artigiano dell’epoca, poteva aspettarsi di guadagnare circa sette penny per un giornata di lavoro.
Temple Newsam House possiede un’importante collezione di ceramiche inglesi, tra cui molte usate proprio per preparare e servire il tè. In mostra nella casa si trovano anche due scrivanie, che un tempo appartennero a Charles Grey, conte e primo ministro britannico, che rese popolare il tè nero aromatizzato al bergamotto, il famoso Earl Grey.
Le caffetterie di Londra furono tra le prime a introdurre la bevanda agli avventori inglesi. Uno dei primi commercianti di caffè a offrire il tè, già dal 1657, fu Thomas Garraway, che possedeva un rinomato locale in Exchange Alley. Vendeva il tè, sia ai suoi avventori, da bere sul posto, che al pubblico, per il consumo a casa. Nel 1660, Garraway pubblicò un foglio pubblicitario per reclamizzare il tè, che era venduto a più di sei sterline per libbra (!). Tra le virtù associate alla bevanda, si elencavano quelle di “rendere il corpo attivo e vigoroso”, e “preservare la salute perfetta fino all’età avanzata”.
Archivi tag: Tè
Piccola storia del tè
“La gente qui non manca di tè, caffè e cioccolato, soprattutto il primo, il cui uso è diffuso a tal punto, che non solo la nobiltà ed i ricchi commercianti lo bevono costantemente, ma quasi tutti hano il loro tè e se lo godono di prima mattina…”
Charles Deering, ‘Nottinghamia Vetus et Nova’, 1751.
Le bevande provenienti dalle americhe e dalle colonie influenzarono gli usi e costumi di inglesi ed europei. Il tè, menzionato per la prima volta nel 1559, si diffuse largamente nel Seicento, prima in Olanda ed in Francia, per poi approdare in Inghilterra, nel 1662, grazie a Caterina di Braganza, la moglie di re Carlo II.
Le coffee houses londinesi vendevano caffè, cacao, brandy, rum, ma anche tè. Nel 1657 Thomas Garraway, per pubblicizzare la vendita di tè nella sua rinomata ed elegante coffee house, aveva anche prodotto un volantino, che ne declamava le virtù, anche medicinali. Non tutti però erano d’accordo. Anzi, alcuni ritenevano il tè una bevanda pericolosa. Jonas Hanaway, nel suo saggio del 1757, descrisse questo infuso come corrosivo, emetico e fin troppo costoso. Dalle pagine del Literary Magazine, Samuel Johnson rispondeva al violento attacco al tè di Hanaway, sostenendo invece che questa bevanda elegante e popolare fosse bevibile ad ogni ora, di sapore gradevole e di natura innocua.
E’ innegabile che il tè in Gran Bretagna si diffuse lentamente, proprio a causa del costo elevato. Nel 1660, il diarista Samuel Pepys lo beveva come rimedio medicinale per combattere la tosse. Un secolo più tardi, il tè si vendeva nelle coffee houses londinesi per 2 sterline, cioè l’equivalente di un anno di paga di un mozzo, un anno di visite dal barbiere per un gentiluomo o un mese di lezioni private di danza per una signora. Dunque, seppur disponibile, il tè era un prodotto molto costoso, che solo pochi potevano permettersi. Il caffè rimaneva, al confronto, a buon mercato e proliferava nelle botteghe ad esso dedicate. Solo con l’aumento delle importazioni e la riduzione delle tasse, a partire dal 1730 in poi, il tè si diffuse maggiormente, fino ad essere incluso nella dieta delle classi medie, con una spesa media di 7 pence a settimana, assieme allo zucchero (quindi poco meno di una serata passata alla coffee house). A metà del Settecento, perfino le classi meno abbienti, potevano godersi un tè due volte a settimana. Nel 1784, come attesta La Rochefoucauld, il tè era la bevanda più diffusa in Gran Bretagna, e veniva consumato due volte al giorno, sia dai contadini che dai ricchi. Questo successo, che non si registra allo stesso modo in Francia o in Italia, bevitrici di caffè per tutto il XVIII secolo ed oltre, sicuramente fu determinato dalla tassa sul malto, che rendeva più costosa la birra, dall’abitudine degli inglesi a trangugiare bevande calde, come hot ales e punch, e, soprattutto, dall’impulso al commercio del tè determinato dalla East India Company, che ne deteneva il monopolio. Inoltre, le foglie del tè erano leggere da trasportare e semplici da preservare. Erano anche facili da introdurre come merce da contrabbando. Insomma, nel diciottesimo secolo, il tè eguagliò la birra come bevanda nazionale. E, a differenza degli orientali, lo si beveva con latte e zucchero, altro prodotto coloniale.
Nel primo ventennio del Settecento, il caffè veniva bevuto in maggioranza da uomini ed era una bevanda energetica, che si accompagnava alle discussioni animate ed alla lettura dei giornali, in luoghi pubblici, adibiti alla vendita ed al consumo. Il tè, invece, veniva percepito come un prodotto più delicato e raffinato, adatto alle donne e ad un ambiente familiare e gentile, come le mura di casa o il giardino. La predilezione delle donne per questa bevanda determinò la fortuna di Thomas Twining. Agli inizi del XVIII secolo, Thomas, che aveva alle spalle il mestiere di tessitore, stava cambiando carriera e si era messo a lavorare per un ricco mercante di tè della East India Company, Mr Thomas D’Aeth.
Thomas Twining aveva intuito le possibilità offerte da questa bevanda esotica e, nel 1706, acquistò la Tom Coffee House a Strand, per aprire un negozio di tè. L’esercizio commerciale si trovava in posizione strategica tra la City e Westminster e riusciva ad attrarre le classi agiate in cerca di questa bevanda alla moda. Solo i ricchi potevano permettersi di acquistare il tè e le signore, a cui non era ammesso accedere ad ambienti maschili come le botteghe di caffè e il negozio di Thomas, restavano ad aspettare fuori, sedute in carrozza, mentre i loro valletti entravano a comprare le miscele più raffinate. Finalmente, nel 1784, il Commutation Act ridusse le tasse sul tè, rendendolo una bevanda popolare, alla portata di tutti. Nel 1837, la regina Vittoria nominò Twinings fornitore ufficiale della famiglia reale. Fu questa rinomata ditta ad introdurre la comoda bustina, nel 1956. Dopo 300 anni, potete ancora visitare lo storico negozio di Thomas Twining, al 216 di Strand. Una volta varcato l’ingresso, affiancato da colonne e sormontato da un frontone, da cui si stagliano le statue di un leone, e due cinesi, potrete acquistare tè ed infusi, ammirare un piccolo museo o degustare delle miscele interessanti al nuovo Loose Tea Bar.
Le coffee houses londinesi vendevano caffè, cacao, brandy, rum, ma anche tè. Nel 1657 Thomas Garraway, per pubblicizzare la vendita di tè nella sua rinomata ed elegante coffee house, aveva anche prodotto un volantino, che ne declamava le virtù, anche medicinali. Non tutti però erano d’accordo. Anzi, alcuni ritenevano il tè una bevanda pericolosa. Jonas Hanaway, nel suo saggio del 1757, descrisse questo infuso come corrosivo, emetico e fin troppo costoso. Dalle pagine del Literary Magazine, Samuel Johnson rispondeva al violento attacco al tè di Hanaway, sostenendo invece che questa bevanda elegante e popolare fosse bevibile ad ogni ora, di sapore gradevole e di natura innocua.
E’ innegabile che il tè in Gran Bretagna si diffuse lentamente, proprio a causa del costo elevato. Nel 1660, il diarista Samuel Pepys lo beveva come rimedio medicinale per combattere la tosse. Un secolo più tardi, il tè si vendeva nelle coffee houses londinesi per 2 sterline, cioè l’equivalente di un anno di paga di un mozzo, un anno di visite dal barbiere per un gentiluomo o un mese di lezioni private di danza per una signora. Dunque, seppur disponibile, il tè era un prodotto molto costoso, che solo pochi potevano permettersi. Il caffè rimaneva, al confronto, a buon mercato e proliferava nelle botteghe ad esso dedicate. Solo con l’aumento delle importazioni e la riduzione delle tasse, a partire dal 1730 in poi, il tè si diffuse maggiormente, fino ad essere incluso nella dieta delle classi medie, con una spesa media di 7 pence a settimana, assieme allo zucchero (quindi poco meno di una serata passata alla coffee house). A metà del Settecento, perfino le classi meno abbienti, potevano godersi un tè due volte a settimana. Nel 1784, come attesta La Rochefoucauld, il tè era la bevanda più diffusa in Gran Bretagna, e veniva consumato due volte al giorno, sia dai contadini che dai ricchi. Questo successo, che non si registra allo stesso modo in Francia o in Italia, bevitrici di caffè per tutto il XVIII secolo ed oltre, sicuramente fu determinato dalla tassa sul malto, che rendeva più costosa la birra, dall’abitudine degli inglesi a trangugiare bevande calde, come hot ales e punch, e, soprattutto, dall’impulso al commercio del tè determinato dalla East India Company, che ne deteneva il monopolio. Inoltre, le foglie del tè erano leggere da trasportare e semplici da preservare. Erano anche facili da introdurre come merce da contrabbando. Insomma, nel diciottesimo secolo, il tè eguagliò la birra come bevanda nazionale. E, a differenza degli orientali, lo si beveva con latte e zucchero, altro prodotto coloniale.
Nel primo ventennio del Settecento, il caffè veniva bevuto in maggioranza da uomini ed era una bevanda energetica, che si accompagnava alle discussioni animate ed alla lettura dei giornali, in luoghi pubblici, adibiti alla vendita ed al consumo. Il tè, invece, veniva percepito come un prodotto più delicato e raffinato, adatto alle donne e ad un ambiente familiare e gentile, come le mura di casa o il giardino. La predilezione delle donne per questa bevanda determinò la fortuna di Thomas Twining. Agli inizi del XVIII secolo, Thomas, che aveva alle spalle il mestiere di tessitore, stava cambiando carriera e si era messo a lavorare per un ricco mercante di tè della East India Company, Mr Thomas D’Aeth.
Thomas Twining aveva intuito le possibilità offerte da questa bevanda esotica e, nel 1706, acquistò la Tom Coffee House a Strand, per aprire un negozio di tè. L’esercizio commerciale si trovava in posizione strategica tra la City e Westminster e riusciva ad attrarre le classi agiate in cerca di questa bevanda alla moda. Solo i ricchi potevano permettersi di acquistare il tè e le signore, a cui non era ammesso accedere ad ambienti maschili come le botteghe di caffè e il negozio di Thomas, restavano ad aspettare fuori, sedute in carrozza, mentre i loro valletti entravano a comprare le miscele più raffinate. Finalmente, nel 1784, il Commutation Act ridusse le tasse sul tè, rendendolo una bevanda popolare, alla portata di tutti. Nel 1837, la regina Vittoria nominò Twinings fornitore ufficiale della famiglia reale. Fu questa rinomata ditta ad introdurre la comoda bustina, nel 1956. Dopo 300 anni, potete ancora visitare lo storico negozio di Thomas Twining, al 216 di Strand. Una volta varcato l’ingresso, affiancato da colonne e sormontato da un frontone, da cui si stagliano le statue di un leone, e due cinesi, potrete acquistare tè ed infusi, ammirare un piccolo museo o degustare delle miscele interessanti al nuovo Loose Tea Bar.