A Ledbury, l’Ultima Cena “perduta” di Tiziano

Ledbury è un pittoresco borgo medievale nella contea dell’Herefordshire, che include il mercato coperto, il Feathers Inn, una locanda dalla tipica architettura a graticcio, e la parrocchiale di St Michael and All Angels, il cui edificio risale al XII secolo, ma che viene già citata nel Domesday book.
In questa bella chiesa medievale, sopravvissuta agli insulti della Riforma Protestante e della Guerra Civile (si possono ancora vedere i colpi di moschetto sulle vecchie porte di legno nel portico nord) sono preservate numerose opere di varie epoche, tra cui una copia dell’Ultima Cena di Leonardo, eseguita nel XIX secolo e posta sull’altare maggiore. La chiesa custodisce un’altra Ultima Cena, sulla parete della navata nord. Annerito dal tempo, questo dipinto di grandi dimensioni, non meritava nemmeno una menzione nel sito della chiesa o nei suggerimenti di tripadvisor. A molti dei parrocchiani, per giunta, nemmeno piaceva.
Quando però, tre anni fa, si è proceduto alla ripulitura della tela sull’altare, Ronald Moore, restauratore e storico dell’arte, ha avuto modo di dare un’occhiata anche al quadro negletto.
Dietro a secoli di patina e sporco, sono riemersi colori e particolari sorprendenti, tra cui la firma di Tiziano su una delle due anfore, in basso a sinistra. Addirittura, il volto di uno degli apostoli (quello in giallo, sempre a sinistra) potrebbe essere l’autoritratto dell’illustre pittore veneziano.

ultima cena tiziano

Dipinto dell’Ultima Cena nella chiesa di St Michael and All Angels, Ledbury © Hereford Times

Ma come è possibile che un quadro della bottega di Tiziano sia potuto arrivare fino in Herefordshire?
Le ricerche documentarie puntano a John Skippe, un artista locale, educato ad Oxford e appassionato collezionista, che, in una missiva del 1775, affermava di aver acquistato il quadro da una ricca famiglia Veneziana.
La tela sarebbe stata commissionata, in origine, da un convento della Serenissima.
Gli eredi di Skippe avevano poi donato il quadro alla parrocchia di St Michael nel 1909 e, da allora, il quadro era rimasto appeso nella chiesa, quasi del tutto ignorato. Molti ritenevano fosse una copia ottocentesca di qualche grande maestro italiano, ma niente più.
Il dipinto della chiesa di St Michael aveva perso la sua brillantezza, a causa del tempo e di interventi di restauro sbagliati, che ne avevano anche alterato i colori.
L’esame ai raggi violetti, oltre alla firma di Tiziano, ha messo in luce numerosi pentimenti, segno che il maestro era intervenuto qua e là sul lavoro dei suoi collaboratori. Tiziano era un pittore famoso e richiestissimo e le commissioni fioccavano da tutta Europa. Oggettivamente, non avrebbe potuto fare a meno di un team fidato di artisti e allievi ai quali affidare il grosso dei lavori, per poi intervenire sui particolari.

La firma di Tiziano ai raggi infrarossi

La firma di Tiziano ai raggi infrarossi © The Daily Telegraph

La sua illustre bottega includeva, solo per citarne alcuni, il figlio Orazio, Palma il Giovane e Girolamo Dente. Durante il suo lavoro di restauro e di ricerche, Moore è stato coadiuvato da altri ricercatori, tra cui la sua assistente Patricia Kenny, e la professoressa Alessandra Zamperini, dell’Università di Verona, esperta di Storia dell’Arte Veneta.
A fine marzo sarà anche pubblicato un libro, dal titolo ‘Titian’s Lost Last Supper’.

L’arte come esperienza. La mostra londinese su Lee Krasner.

LeeKrasner_BarbicanArtGalleryLa casa al mare che i miei affittarono per quasi un ventennio, era corredata da qualche relitto del passato, tra cui: una vecchia lavatrice, un tavolo da giardino sgangherato e una lampada cilindrica, di carta spessa, dipinta ad olio, in stile astratto, probabilmente realizzata negli anni ’50 e coeva all’abitazione.
La sera si accendeva, sotto un arco a muro, ed emanava una luce soffusa, frustata e punteggiata da macchie e spruzzi di colore nero, rosso e blu.
Questa lampada, era rimasta sepolta nella mia memoria di bambina, ma si è affacciata alla mia mente oggi, mentre visitavo la retrospettiva di Lee Krasner al Barbican. Oltre alle sgocciolature della lampada, mi sono venuti in mente anche gli astrattismi multicolori di materiali organici e non, della serie “Storie al Microscopio”, riprodotta a colori sgargianti sui pacchetti di cerini Minerva, quelli che comprava mio papà, sempre all’epoca della casa al mare.
Queste associazioni, molto profane, di ricordi lontani e arredamenti mid-century, sono riemerse mentre mi aggiravo nella galleria brutalista del Barbican. Fuori luogo, forse, ma la loro comparsa improvvisa è stata un’emozione viva, pulsante, reale.
LeeKrasnerI dipinti di Krasner sono schermi dinamici che affascinano e respingono, impulsivi ed esplosivi, astratti e organici. Possono essere infinitesimali ricami di strati di olio sulla tela, ritratti enigmatici, corpi cubisti, lacerti di colla e carta, infiorescenze di carne e sangue, brandelli di terra e neve gettati su una tela nelle notti insonni. Astrazioni autobiografiche, che raccontano di fughe, tempeste, plessi solari bloccati, rabbia, ma anche di ritmo, gioco, leggerezza, rinascita, liberazione.
Un’esistenza passata a rivendicare il diritto ad essere se stessa, al di là del sesso, della religione, dello stile e della pesante eredità di essere considerata, almeno per un periodo, semplicemente la signora Pollock.

 

A Londra la retrospettiva su Modigliani

modigliani-nude-1917Era il 1906, quando Amedeo Modigliani lasciò Livorno per stabilirsi a Parigi, dove poté fare suoi gli insegnamenti di Cezanne e Gauguin, studiare da vicino gli enigmatici esempi d’arte primitiva e venire a contatto con le diverse personalità che animavano il panorama artistico di quel momento, come Picasso e Constantin Brancusi. Alla Tate Modern, fino al 2 aprile, un’ampia retrospettiva mette in risalto la parabola artistica di Modigliani, sottolineando come gli incontri e le relazioni intrecciate a Parigi, furono determinanti per lo sviluppo dello stile unico ed inconfondibile del pittore. L’artista livornese perseguì con una frenesia assoluta la propria personale poetica, in maniera libera da vincoli ed estranea a qualsiasi movimento artistico.
Per un breve, ma intenso periodo, tra il 1911 e il 1913, Modigliani si concentrò quasi esclusivamente sulla scultura.
Le teste esposte alla Tate Modern facevano parte di un gruppo di sette, che fu incluso in un’importante mostra annuale d’arte, il Salon d’Automne, tenutosi tra l’ottobre e il novembre del 1912. Questa fu l’unica mostra di scultura a cui Modigliani prese parte nella sua vita. Infatti, nel 1913, dovette abbandonare questa tecnica sia per motivi economici che per l’aggravarsi delle sue condizioni fisiche. Vittima degli affronti di una salute da sempre cagionevole, minato dalla tubercolosi, l’artista dissipò la sua breve vita tra donne, alcool, droghe e stenti, senza mai raggiungere la consacrazione definitiva a cui aspirava.
Se infatti Modigliani è ora riconosciuto come uno dei più famosi artisti del ventesimo secolo, pochissimi dei suoi contemporanei seppero indovinare la grandezza del suo genio.
La sua vita turbolenta da bohemien conobbe solo brevi parentesi di serenità, rese possibili dall’aiuto incondizionato offertogli dai mercanti Paul GuillaumeLeopold Zborowski, e dall’amore della giovane artista Jeanne Hébuterne, la quale morì suicida due giorni dopo la prematura scomparsa del suo compagno.
La mostra di Londra vuole confermare al largo pubblico la grandezza della figura di Modigliani agli albori del Modernismo. L’arte di Modì si ispirava ad un’ampia varietà di spunti, dalla tradizione figurativa Europea alle ieratiche forme dell’arte egizia fino ad approdare agli elementi caratteristici dell’arte greca ed africana. L’artista restrinse il campo della sua azione ai temi tradizionali della ritrattistica e del nudo, ed inventò un linguaggio visivo unico e risconoscibile, allo stesso tempo seduttivo e controllato. Figura nota nella stretta comunità artistica di Montparnasse, Modigliani strinse amicizia con artisti, poeti, attori, musicisti e scrittori, catturandone le personalità sulla tela.
Grazie al supporto del mercante d’arte Léopold Zborowski, nel 1916 Modigliani tornò a concentrarsi anche sul nudo femminile. I suoi nudi scioccavano ed offendevano l’opinione pubblica e, nel 1917, alcuni di essi furono rimossi dalla personale dell’artista, per motivi di indecenza.
La mostra londinese richiama l’attenzione sul fascino che la forma e la fisionomia umane seppero esercitare su Modigliani. In mostra si possono ammirare diversi ritratti, sia quelli degli artisti e conoscenti di Montparnasse, sia quelli di anonimi contadini e giovani operai, dipinti tra il 1918 e il 1919, durante quel soggiorno nel Sud della Francia che avrebbe dovuto ridare a Modì un poco della salute ormai compromessa. Tornato a Parigi, Modigliani, assieme alla compagna, Jeanne Hébuterne, si sistemò in uno studio a rue de la Grand Chaumière, vicino ai caffè ed ai luoghi di ritrovo di Montparnasse.
I visitatori possono immergersi in una ricreazione virtuale di questo atelier, così come sarebbe apparso quando il pittore vi viveva e lavorava.
I ritratti realizzati negli ultimi anni di vita del pittore, che si spegnerà nel 1920, sono quelli dagli inconfondibili ovali disegnati su lunghi colli, appena animati dalle forme oblique degli occhi e sigillati da piccole bocche chiuse. E poi ci sono i famosi nudi, sensuali e audaci, tradizionali e originali, finalmente moderni. Quelli in mostra, 12 in tutto, sono il più grande gruppo mai riunito in una mostra nel Regno Unito.

Falso d’Autore a Londra

fragonard
La Dulwich Picture Gallery è la più antica pinacoteca pubblica, fondata nel 1811 per ospitare capolavori di grandi artisti come Rubens, Rembrandt, Tiepolo e Poussin. La collezione fu assemblata nel XVIII secolo e avrebbe dovuto far parte della quadreria del re di Polonia, ma le cose andarono diversamente e i dipinti furono donati al Dulwich College. All’inizio di quest’anno, la pinacoteca londinese ha dato vita al progetto ‘Made in China’, ideato dall’artista concettuale Doug Fishbone.
Assieme al curatore Xavier Bray, Fishbone ha acquistato online dalla Meishing Oil Painting, una compagnia manufatturiera della Cina meridionale, la copia di un dipinto della collezione. Il dipinto, realizzato a mano e in scala leggermente diversa, da uno dei 150 artisti impiegati nella compagnia cinese, è costato l’equivalente di 70 sterline, incluse le spese di spedizione.
In Cina, il commercio di dipinti eseguiti nello stile dei grandi maestri è un business molto florido e le richieste pervengono da tutto il mondo via internet.
La replica del dipinto della Dulwich Picture Gallery è stata appesa al posto dell’originale e i visitatori sono stati invitati a scoprire l’intruso tra gli oltre 200 capolavori della collezione. Impresa non facile; infatti, su oltre 3000 segnalazioni, solo il 10% dei partecipanti ha indovinato quale fosse il falso d’autore.
Qualche giorno fa, l’originale del “Ritratto di Giovane Donna” di Fragonard è stato finalmente rimesso al suo posto, affiancato  dalla copia cinese contemporanea. I due dipinti, resteranno fianco a fianco per un paio di mesi, così da permettere i confronti.
L’esperimento si è rivelato, non solo l’occasione per molti visitatori di esercitare il loro sguardo critico e di interagire attivamente con i dipinti della collezione, ma anche un’ottima trovata pubblicitaria. Negli ultimi mesi, infatti, le visite alla Dulwich Picture Gallery si sono quadruplicate, permettendo al pubblico di ammirare le opere dei grandi maestri, nonché il lavoro di un anonimo artista cinese.