Nell’Inghilterra della seconda metà del XVIII secolo, la stampa satirica conobbe la sua epoca d’oro, grazie alla carica innovativa di artisti come James Gillray, Georges Cruikshank e Thomas Rowlandson. La fruizione di massa di vignette e caricature fu un fenomeno reso possibile, da un lato, dall’apertura culturale e dal dinamismo sociale dell’epoca, dall’altro, grazie alla libertà di espressione e ad una struttura democratica, che consentiva agli artisti di firmare le loro immagini e di indirizzare i messaggi polemici contro il governo e perfino contro la corona. L’ingegno degli artisti britannici era tanto pungente ed oltraggioso quanto quello dei fumettisti di satira moderni e questo lasciava letteralmente sbalorditi i visitatori stranieri. Proprio nello stesso periodo, la satira si spostò dalla carta alla ceramica, raggiungendo un pubblico ancora più vasto. Se le stampe circolavano per lo più nei salotti, le stesse immagini, trasferite su tazze e brocche di poco costo, permettevano alla satira e alla propaganda politica di arrivare nelle taverne e nelle locande, alimentando così il dibattito tra le classi popolari.
In questi giorni, una piccola mostra gratuita al British Museum, prende in esame recipienti ceramici realizzati tra i regni di Giorgio III e Giorgio IV. La maggior parte di queste terraglie, prodotte in serie, venivano stampate mediante piastre di rame incise, che riportavano le immagini in scala, secondo le dimensioni dei vasi.
La decorazione a stampa poteva avvenire in due modi: applicando un disegno di colore blu sopra la superficie ceramica, prima della smaltatura (underglaze, sotto smalto o sotto coperta), oppure trasferendo la stampa direttamente sulla superficie invetriata (overglaze, sopra smalto o sopra coperta). Gli esempi in mostra comprendono alcuni esemplari eseguiti con il primo metodo, ed una larga parte che impiega il secondo. Parecchi furono prodotti nello Staffordshire, nella fabbrica di Josiah Spode. Queste manifatture in creamware (una terracotta color crema) o pearlware (una fine terracotta dallo smalto bluastro), dovevano porsi come concorrenti più economici delle costose porcellane francesi o delle più ricercate ceramiche di Wedgwood, e raccontare efficacemente eventi politici, passioni e pregiudizi dell’Inghilterra georgiana.
Mentre la vita nel continente europeo appariva sempre più precaria e turbolenta, le immagini delle ceramiche inglesi davano voce a timori ed inquietudini: dalle paure miste a speranze per la rivoluzione del 1789, allo shock per l’esecuzione del re Luigi XVI nel 1793, fino alla feroce propaganda anti-francese, con il rovesciamento e la deformazione fisica di Napoleone, rappresentato di volta in volta come una scimmietta, un nano, un ossuto Boney, spesso in contrapposizione all’inglese John Bull, personificazione tozza e conservatrice della Gran Bretagna. Le ceramiche raccontano anche gli eccessi della società georgiana, tra abuso di bevande alcoliche, mode eccentriche, scandali e gioco d’azzardo; si passa dalla rivalità leggendaria tra Daniel Mendoza e Richard Humphries, che si disputarono tre incontri di boxe, tra il 1788 e il 1790, all’esortazione morale di un piatto di terracotta, che, nel 1800, invitava le donne a mantenersi all’interno di un compasso ideale, simbolo massonico, ma anche emblema di virtù, moderazione ed autocontrollo, necessari per evitare rovine finanziarie, scandali, decadenza morale ed il carcere.
La mostra londinese include 80 oggetti, principalmente manufatti in ceramica, ma anche un fazzoletto con la rappresentazione del “Massacro di Peterloo” (1819) ed un ventaglio con i profili nascosti dei sovrani giustiziati durante la Rivoluzione Francese (1794). Alcuni imprenditori stamparono ceramiche anche per promuovere l’abolizione del commercio transatlantico degli schiavi, mentre altri produssero materiali per il mercato americano durante periodi di tensione dovuti alla Guerra di Indipendenza.
Insomma, i soggetti per le illustrazioni su ceramica potevano spaziare dalla satira su un certo comportamento sociale fino alla sofisticata allegoria su questioni politiche del giorno. ‘Pots with attitude: British satires on ceramics 1760–1830’ resterà aperta fino all’11 marzo e fa parte di un progetto finanziato dal Monument Trust.
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A Londra, una mostra di ventagli per il bicentenario di Waterloo
Ci sono molti modi di raccontare la storia: gli eventi possono essere ricostruiti tramite mappe, documenti, lettere, immagini, testimonianze, oppure oggetti di vario tipo. Waterloo: Life and Times, al Fan Museum di Greenwich, è una mostra di ventagli realizzati durante l’epopea napoleonica, alcuni addirittura per commemorare importanti campagne militari, francesi o inglesi, fino alla battaglia di Waterloo, che, nel 1815, vide le truppe napoleoniche sconfitte dagli eserciti alleati. Lontano dai campi di battaglia, la storia si intreccia con la moda e gli oggetti d’arte decorativa, e lo scenario sociale ruota intorno a balli ed assemblee mondane. Queste occasioni di ritrovo erano gli eventi a cui non mancare, tanto a Parigi, quanto a Londra. Memorabile resta il ballo organizzato dalla duchessa di Richmond alla vigilia della battaglia di Waterloo, evento a cui presero parte ospiti di eccezione come il principe d’Orange, il duca di Brunswick e lo stesso Wellington.
L’atmosfera gaia e spensierata di questo ballo, iniziato alle dieci della sera del 15 giugno, fu drammaticamente spenta dalle notizie della battaglia imminente e dal congedo immediato di molti dei partecipanti, tanto che, il giorno seguente, alcuni ufficiali si recarono alla battaglia di Quatre Bras senza aver avuto tempo di cambiarsi uniforme.
Durante balli meno drammatici di questo, oppure serate a teatro o riunioni mondane, le signore portavano ventagli eleganti, più piccoli dei loro predecessori settecenteschi, decorati riccamente da paillettes, oppure dipinti con scene di gusto neoclassico.
I vestiti stretti, a vita alta, non potendo ospitare tasche voluminose, portarono alla comparsa di borse ricamate e di ventagli, che potevano esservi comodamente inseriti. Questi ventagli, di dimensioni ridotte, furono molto popolari durante il periodo Regency, sia nella versione tradizionale, che nelle due forme brisé (un ventaglio composto solo di stecche decorative) o a coccarda (un ventaglio pieghevole che poteva essere aperto a 360 gradi).
La popolarità dei nuovi ventagli, intagliati o forati, per dare l’illusione della filigrana o del pizzo, probabilmente fu determinata dall’utilizzo di stecche simili, più o meno decorate, che richiedevano un’intensità di lavoro minore. La loro semplicità ben si accordava con le forme meno elaborate dei vestiti. Inoltre, a seguito degli ideali democratici delle rivoluzioni americana e francese, i ventagli divennero alla portata delle classi meno abbienti, grazie all’impiego di materiali economici (corno ed osso invece dell’avorio o della tartaruga), o di carte o tessuti stampati invece che dipinti.
Nella mostra londinese, si trovano sia ventagli glamour, pubblicati su riviste di grido come La Belle Assemblée o Ackermann Repository, sia quelli di propaganda, che rappresentano Nelson, Wellington, Napoleone e altre figure eroiche del periodo. A volte, però, si trovano esemplari ‘misti’ come il ventaglio francese a coccarda, in avorio, lustrini e bordure dorate, risalente al 1805, che, indirettamente, rimanda al sole della battaglia di Austerlitz, o quello del 1816, decorato con le violette, simbolo Bonapartista. Interessante notare come questo ventaglio mostri le stecche visibili sul verso. Si tratta di una montatura detta à l’Anglaise, in uso in Gran Bretagna durante l’embargo napoleonico, per risparmiare sul costo della carta, e ora impiegata nella Francia post Waterloo.
Alcuni esemplari, sia brisé che a coccarda, sono forniti di un ingegnoso, quanto minuscolo cannocchiale, inserito nell’impugnatura e utilissimo per le serate all’opera o per guardarsi intorno in altre occasioni.
Ai ventagli si affiancano altri oggetti raffinati: vestiti, accessori e porcellane francesi, queste ultime in prestito dal Bowes Museum di Barnard Castle, nel nord Inghilterra.
La mostra offre una prospettiva unica su un periodo spesso trascurato, esponendo una gamma di ventagli e di stili in voga tra il 1800 e il 1820, quando, a Restaurazione ormai avvenuta, cominciano a comparire motivi ogivali, inserti di opalina e decorazioni tipiche dell’era Romantica. E si evince, come, nonostante tutto, la Francia domini ancora la moda europea.
Napoleone e gli Inglesi, in mostra a Londra
Nell’ambito delle celebrazioni per il bicentenario della Battaglia di Waterloo, che vide la sconfitta di Napoleone e la fine di un ventennio di guerre e conquiste, una mostra gratuita, al British Museum, concentra l’attenzione sul modo in cui Napoleone era visto in Gran Bretagna. Le opere si situano cronologicamente tra l’ascesa di Bonaparte come generale dell’esercito francese, nel 1790, e la sua morte, in esilio, sull’isola atlantica di Sant’Elena, nel 1821. Tra il 1797 ed il 1815, il clima politico della Gran Bretagna, con le tasse, il fallimento delle negoziazioni con la Francia e il rinnovarsi delle ostilità (dal 1803), si rivelò assolutamente favorevole allo sviluppo e alla diffusione della caricatura, mentre al Paese restava un’unica opzione: quella di combattere il nemico fino alla fine, e con ogni mezzo. Il lato interessante dell’epoca napoleonica, risiede probabilmente nel fatto che la forza straordinaria di un solo uomo riunì i destini di tutte le nazioni europee, in una maniera mai esperimentata prima. Le opere esposte, provengono per la maggior parte dalle collezioni del British Museum, ma sono completate da importanti e generosi prestiti, come l’anello e il ritratto provenienti dalla casa-museo di Sir John Soane, gli stendardi francesi catturati a Waterloo, e di norma conservati ad Apsley House, e alcuni pezzi provenienti da collezionisti privati. Tra questi, il busto bronzeo dell’imperatore, realizzato da Antonio Canova.
Il ‘Napoleone di Notting Hill, che apre la mostra londinese, dal 1818 si trovava nel parco di Holland House, a Kensington. Sulla base, Lord e Lady Holland avevano fatto inscrivere una frase dall’Odissea di Omero, che si riferiva ad Ulisse, naufragato sull’isola greca di Ogigia, e che rimandava all’eroe esiliato nell’Atlantico (Lasso! che da’ suoi lontano Giorni conduce di rammarco in quella Isola, che del mar giace nel cuore…). Napoleone fu raffigurato nelle caricature del periodo più di ogni altro, superando persino i suoi illustri oppositori, come re Giorgio III e il duca di Wellington. Ecco allora personalità del calibro di James Gillray, William Rowlandson e George Cruikshank, dare vita ad uno stile caricaturale immediato, potente ed espressivo, in cui Bonaparte finisce per rappresentare la Francia stessa, mentre il fisico minuto e magro del generale corso ben si presta al contrasto ridicolo con la corporatura robusta del monarca Giorgio III e, ancor di più, del mitico John Bull, personificazione dell’Inghilterra. I francesi, additati spesso come ‘frogs’, sono rappresentati in una bella caricatura del 1799, dove il coccodrillo corso scioglie il consiglio delle rane, nel famoso colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre). Napoleone, per quello che lo concerneva direttamente, considerava la caricatura dal punto di vista politico, come un mezzo per influenzare l’opinione pubblica. Egli stesso suggeri dei soggetti per delle caricature al suo ministro della polizia, come testimonia una lettera inviata dall’Imperatore a M. Fouchet il 30 maggio 1805. Da questa missiva, si evince che Napoleone intendeva colpire gli Inglesi ed influenzare i Francesi per mezzo della stampa, ravvivando cosi le ostilità. Tra tutte le caricature prodotte nei vari paesi europei, quelle inglesi sono le piu famose.
Gli artisti britannici conoscevano i gusti dei contemporanei e i loro disegni contengono ancora oggi un alto valore storico. Tra la fine del XVIII secolo e la metà del XIX, le caricature venivano prodotte su un foglio di formato oblungo, con un disegno in bianco e nero, a volte colorato a mano, raramente abbellito con la tecnica dell’acquatinta o della mezzatinta. I disegni venivano acquistati da individui di tutte le classi sociali, per il prezzo di uno scellino o di sei pence. Quando venivano esposte nelle vetrine dei più noti editori (Fores a Piccadilly, Humphrey a St James o Tegg a Cheapside), le caricature attraevano enormi folle, che spesso bloccavano i marciapiedi ed interferivano seriamente con il traffico. La stella della mostra al British Museum, è, senza dubbio, James Gillray, che raffigurò Bonaparte come nessun altro e che introdusse il soprannome di “Little Boney”, con il quale Napoleone divenne conosciuto fino alla sua morte (in realtà, Bonaparte era alto un metro e sessantotto, un’altezza media per l’epoca). La caricatura era solo una delle tante forme in cui Bonaparte venne raffigurato e deriso in Gran Bretagna. Larghissima fu la diffusione di banconote di imitazione, carte fa gioco, cartine per il tabacco, bastoni da passeggio, giocattoli, tazze, brocche e persino vasi da notte! Dopo la famosa sconfitta di Waterloo, nel giugno 1815, il cui campo di battaglia, disseminato di cadaveri, ci viene mostrato nei rari acquerelli di John Heaviside Clark, Napoleone fu esiliato a Sant’Elena. Mentre era detenuto a bordo della HMS Bellerophon, migliaia di inglesi si spinsero fino a Plymouth, per vederlo. Tra loro c’era il pittore Charles Eastlake, che ritrasse Napoleone sul ponte della nave, in posa serena e contemplativa. Paradossalmente, se da un lato il 1815 vide dilagare il trionfalismo, dall’altro si moltiplicarono i sostenitori dell’imperatore decaduto. Del resto, Bonaparte aveva da sempre comandato l’ammirazione dei suoi nemici ed alcune stampe riflettono proprio questa visione ambigua. La mostra si chiude con il calco della maschera funeraria, nella versione del medico Antommarchi, ed altri cimeli interessanti, collezionati dai piu strenui ammiratori inglesi, tra cui Lord Byron e Sir John Soane.
Cucina Regency
Ieri pomeriggio, mi sono recata nuovamente alla Guildhall Library per il primo Open Day, che, speriamo, non resti un felice, isolato esperimento. Durante la giornata, era possibile partecipare a visite guidate, conferenze, dimostrazioni di restauro del libro e proiezioni di documentari storici sulla City, in collaborazione con i London Metropolitan Archives. Era stata inoltre allestita una piccola mostra con i tesori della biblioteca e alcune selezioni di libri e microfilm a tema.
La Guidhall Library, di antica fondazione, è una biblioteca specializzata nella storia della City of London ed ospita la più grande collezione al mondo dedicata alla storia di una singola città. Le raccolte spaziano dai manoscritti, mappe, stampe e disegni, alle cronache cittadine, dai libri mastri di vascelli mercantili, ai resoconti di viaggio del Sette e Ottocento, fino ai manuali di giardinaggio e a quelli di cucina. La biblioteca possiede la più vasta collezione pubblica di libri di culinaria ed enogastronomia, oltre 10.000, con titoli originali a partire dal 1531. A catturare la mia attenzione, però, sono stati i libri di cucina dell’epoca Regency. E’ infatti tra il 1811 e il 1820 che l’influenza della cuisine italiana e, soprattutto, francese si fa largo nei piatti dell’aristocrazia inglese. Molti chef francesi, fuggiti o rimasti disoccupati in seguito alla Rivoluzione, si erano trasferiti a Londra in cerca di impiego.
La personalità più in vista all’epoca fu Antonin Carême, cuoco e pasticcere, famoso per gli elaborati e stupefacenti pièces montées: costruzioni di zucchero e marzapane che riproducevano templi, archi di trionfo ed architetture varie in grande scala. Carême lavorò per Talleyrand e Napoleone, anche se Bonaparte, a dir la verità, non era un buon intenditore in fatto di cucina (notoriamente i suoi pranzi e cene ufficiali duravano non più di venti minuti, seguiti da una tazza di caffè freddo e senza zucchero). Fu però al servizio dell’imperatore che Carême allargò le sue competenze dalla pasticceria alle portate principali, creando menù per banchetti diplomatici, tutti diversi tra loro e tutti basati su prodotti di stagione. Caduto Napoleone, Carême, come molti altri prima di lui, si trasferì a Londra, e divenne chef de cuisine per il principe reggente, il futuro re Giorgio IV. Il cuoco francese fu impiegato nelle magnifiche cucine del Padiglione Reale a Brighton e le sue torte glassate divennero il dessert più popolare dell’Inghilterra del primo Ottocento. La Guildhall library conserva quello che si può considerare capolavoro e testamento del grande chef, L’Art de la Cuisine Français au Dix-Neuvième Siècle, in tre tomi, con belle tavole illustrate. Accanto a questa elaboratissima raccolta di ricette, si trovano altri libri interessanti.
La cucina Regency era molto ricca e impiegava notevoli quantità di burro, uova e zucchero, che, grazie alla manodopera schiavile nelle piantagioni, era divenuto un prodotto a buon mercato. La presentazione del cibo era molto importante e i piatti dovevano sembrare un’opera d’arte, come si evince dal libro di Frederic Nutt, The Complete Confectioner (1789). Il manuale spiega non solo come preparare magnifici dolci, ma anche come decorare la tavola con stile ed eleganza. All’epoca, si utilizzavano stampi complessi per realizzare dolci e budini decorativi, come gelatine e blancmanges, che erano assai popolari. Forme e colori dovevano completarsi l’un l’altro sulla tavola e i piatti venivano disposti simmetricamente per ottenere il massimo effetto (ovviamente, sulle tavole dei ricchi si utilizzavano piatti d’argento e porcellane raffinate) Poiché, nelle classi agiate, si usava svegliarsi e fare colazione parecchio tardi, il Luncheon era un momento della giornata snobbato dai gentiluomini inglesi, che spesso si trovavano fuori casa per molte ore. Per chi avesse comunque dovuto soddisfare un momentaneo languore o un più sostenuto appetito, si potevano consultare esaurienti guide ai ristoranti e caffè londinesi.
Nel 1815, Ralph Roylance pubblicò The Epicure’s Almanack o Guida al Buon Vivere, un elenco di oltre 600 stabilimenti alimentari, trattorie, alberghi, locande ecc, a Londra e dintorni.La guida rimase ineguagliata fino al 1968, quando Good Food Guide to London venne dato alle stampe. Per chi mangiava fuori (ma anche a casa propria), era sempre in agguato l’intossicazione alimentare, se non l’avvelenamento, a causa di adulterazioni o metodi errati di conservazione dei cibi. Ecco allora entrare in scena, nel 1820, il manuale del chimico tedesco Fredrick Accum: Treatise on Adulteration of Food.
Questo lavoro pionieristico, in cui l’autore denunciava l’uso di additivi chimici per alimenti, segnò l’inizio della consapevolezza in materia di sicurezza alimentare. L’anno successivo, Accum diede alle stampe anche un manuale di principi scientifici di culinaria ed economia domestica, con istruzioni accurate per la preparazione di marmellate, sottaceti e conserve. Per quanto riguarda le bevande alcoliche, invece, rum e vini fortificati con il brandy, come Porto e Madeira, erano bevuti in larga quantità dai ricchi, mentre i poveri si rivolgevano a birra e gin. I rinomati vini francesi, a causa della Rivoluzione, e poi delle guerre Napoleoniche, erano divenuti difficili da reperire e, quindi, molto cari. Tuttavia, dopo il 1815, le tasse su vino, brandy e rum rimasero sostanzialmente invariate, continuando ad impedire l’importazione di qualità più economiche di vini francesi per almeno un cinquantennio.
Napoleone sulla BBC
Questo mese, la BBC Radio 3 dedica una stagione di programmi a Napoleone, nemico storico, per il quale gli inglesi provano un misto di patriottico odio e segreta fascinazione: si susseguiranno saggi, interviste, approfondimenti, spazi musicali e anche un dramma radiofonico. La stagione parte oggi, 2 dicembre, che è infatti una data significativa nelle vicende che interessano il personaggio. In questo giorno, nel 1804, Napoleone fu incoronato Imperatore dei Francesi; esattamente un anno dopo, esultava vittorioso nella battaglia di Austerlitz. Pochi anni più tardi, però, nel 1812, dopo una drammatica ritirata, funestata dai rigori dell’inverno russo, l’imperatore redigeva il 29esimo bollettino della Grande Armata, con cui avvisava Parigi dell’esito infelice della campagna militare.
Stasera, Rosamund Bartlett, traduttrice dal russo e biografa di Tolstoy, getterà luce su alcune celebri pagine di Guerra e Pace, quelle che descrivono gli aspetti fondamentali dell’invasione francese, dalla battaglia di Borodino, all’incendio di Mosca. Successivamente, un dramma teatrale inedito, scritto da Anthony Burgess (l’autore di Arancia Meccanica), racconterà, riadattato per la radio, l’ascesa al potere di Bonaparte e il tumultuoso amore per Josephine. Lunedi, invece, Peter Hicks, direttore degli affari internazionali della Fondation Napoléon discuterà con Anne McElvoy su come Napoleone è percepito oggi in Francia. Non mancheranno ovviamente gli approfondimenti musicali, dall’Eroica di Beethoven (sinfonia composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo), fino all”Ouverture 1812 di Čajkovskij, con la celeberrima sequenza di colpi di cannone.
1812
Nel settembre di duecento anni fa, si combatteva la più grande e sanguinosa battaglia di un solo giorno, quella di Borodino (detta anche ‘della Moskova’), combattuta tra l’esercito russo e quello napoleonico, e descritta magistralmente da Tolstoj in ‘Guerra e Pace’. Una battaglia conclusasi, dopo ore di violentissimi scontri, con la ritirata dignitosa dei russi e l’incapacità, da parte della Grande Armata di Napoleone, di concludere la campagna con successo. Lo scontro vide sul campo la partecipazione di circa 300.000 uomini, di cui almeno 100.000 morirono o restarono gravemente feriti. Per commemorare l’evento, l’ufficio dell’ambasciata russa a Londra, ospita un diorama di 1700 figurine, creato da Gerry West, studioso e appassionato di storia militare. Per la sua creazione, West ha impiegato decenni tra ricerche, viaggi in Russia e, ovviamente, riproduzioni in scala di luoghi e personaggi. Anche se il paesaggio reale della battaglia è molto più piatto di quello realizzato nel modello, le figurine in scala 1:72 sono accurate e riproducono tutti gli elementi dello scontro; i dettagli nei feriti, tuttavia, sono stati leggermente epurati, poiché in realtà sarebbero stati molto più cruenti. Le armi dell’epoca, infatti, producevano mutilazioni terribili e, nonostante sul campo ci fossero chirurghi e persino una rudimentale ambulanza, gli interventi giungevano spesso tardivi e drastici. Le figurine sono state realizzate in polythene, un materiale difficile da assemblare, ma, allo stesso tempo, duttile nel far assumere ai protagonisti della battaglia pose differenti.
Per visitare il diorama, ci si deve recare al 37 di High Street Kensington, in orario di ufficio, dalle 10.00 alle 17.00, e citofonare all’interno 1. La sala che ospita il modello della battaglia è corredata da esaustive spiegazioni e anche da copie di lettere e documenti originali. Il tutto resterà aperto al pubblico fino a domani.
Info: http://www.borodino1812.co.uk/