Cucina terapeutica

Mince pies al limoneSono passati alcuni mesi dal mio ultimo post, quasi due stagioni, e,  fra meno di due settimane, è Natale.
Non sto a dilungarmi sui motivi dell’assenza, comunque, come da disclaimer, “questo blog  viene aggiornato senza alcuna periodicità.”
Mi capita, ogni tanto, di lasciarlo galleggiare, come quando si chiude casa per un viaggio. Non sto mai via troppo tempo, ma sicuro quello che basta per perdere i miei pochi lettori.
Poi, per fortuna, torno: riordino le idee, tolgo qualche ragnatela, ricomincio a scrivere. Quest’anno, tra un lockdown e l’altro, ho fatto molte cose, come: camminare, seminare e raccogliere piante, leggere, studiare, disegnare, scattare fotografie, cucinare. Scrivere, invece, poco. E me ne dispiace.
Tuttavia, questo 2020 è un anno atipico, e alla fine è già tanto se sono ancora qui, a pigiare tasti nel flusso di coscienza.
Quanto a cucinare, sono passata dai libri, alle video ricette sui siti di gastronomia ad una fantastica classe in diretta su zoom, dove, grazie a The Regency Cook, ho imparato, assieme ad altre persone da tutto il mondo, a fare le mince pies al limone, secondo una ricetta originale del 1830, opportunamente adattata.

Il 1830, che decade fu quella!
Scampoli di periodo Regency, ormai in dissolvenza, alla morte dell’ultimo re di nome George e a poco più di un lustro di distanza dall’era Vittoriana.
L’ultimo pirata veniva impiccato a Wapping, il duca di Wellington perdeva il seggio di Primo Ministro, e si inaugurava la prima ferrovia al mondo percorsa esclusivamente da locomotive a vapore.
In Europa dissenso e tentativi di insurrezione animavano gli animi e le piazze, e Delacroix dipingeva “La libertà che guida il popolo.”
Nel frattempo, una pandemia di colera si diffondeva dalla Russia alla Polonia, e poi, arrivava, subdola e spietata, fino a Newcastle, Londra, Parigi, provocando centinaia di migliaia di vittime.
In tutto questo, qualcuno vergava, in bella calligrafia, un taccuino di ricette, lasciandoci, a pagina 99, quella per le tortine ripiene di limone candito:

Una libbra di ribes, una libbra di sugna e tre limoni, spremete il succo, quindi lessate i limoni in acqua e cambiate l’acqua per togliere l’amaro, quando saranno bolliti abbastanza teneri passateli al colino, quindi mescolate il succo e il tutto insieme a quasi tre quarti di libbra di zucchero, quando fate le vostre tortine metteteci dentro arancia e cedro e qualche mandorla…”

Georgian January 

Mi piace gennaio, nonostante sia un mese lungo, freddo, con scadenze da pagare e propositi naufragati. Molti sono al verde e un po’ depressi,  mentre la maggior parte dei turisti sono tornati a casa, così si trova sempre posto nei locali, mentre i saldi selvaggi tappezzano le vetrine di negozi semivuoti. È anche il periodo buono per comprare il divano nuovo, se ce ne fosse bisogno, a prezzi vantaggiosi.
Siccome non riesco ancora a guarire dal noioso virus para influenzale che ho preso ad uno dei famigerati Christmas parties, il mio gennaio è partito in sordina e con le energie di un bradipo. Tra un fumento e una vitamina c effervescente, mi sono lasciata catturare da “Georgian January”, un’iniziativa tutta dedicata al XVIII secolo (e anche all’inizio del XIX). Ogni giorno,  un tema diverso su cui sbizzarrirsi: dai vestiti alla politica, dai sentimenti ai colori. Si diviene una specie di curatori virtuali, e, oltre ad imparare cose nuove, si conoscono persone unite dagli stessi interessi. L’iniziativa è stata lanciata da Dames A La Mode (pseudonimo e sito web di Taylor, una costumista e rievocatrice storica di Washington, che crea e vende gioielli in stile georgiano) ed è alla sua terza edizione. Le regole per partecipare sono semplici: basta scegliere un oggetto, un vestito o un dipinto che siano stati prodotti tra il 1714-1837 ed abbiano attinenza con il tema giornaliero. Li si pubblica su instagram con l’hashtag #georgianjanuary ed il gioco è fatto.

Jane Austen ai tempi dell’iPad

regencyloveTediata e fiaccata da una noiosa influenza, ho deciso di scaricare un’app iOS sul mio iPad e la scelta è caduta su Regency Love. Sviluppato dal team australiano Tea for Three Studios, questo gioco di ruolo interattivo si basa essenzialmente sul dialogo. Essendo appassionata del periodo Regency, e avendo letto le pagine di Jane Austen, ho pensato di provare in virtuale a trasformarmi in una signorina del XIX secolo ed entrare in un mondo molto formale e codificato. Mi sono creata un avatar e ho iniziato la mia avventura, ahimè, con scarsissime (se non pessime) doti di ricamo, musica, ballo, equitazione, disegno e lettura. L’obiettivo del gioco è quello di affinare le mie doti, sviluppare il carattere e, man mano, partecipare ad occasioni sociali in cui incontrare l’equivalente di un signor Darcy, conversando amabilmente con altre signore, e schivando con eleganza i ficcanaso e i perditempo. Per progredire e accumulare punti (o motivazioni) con cui diventare rinomate nel disegno o provette nella quadriglia, si risponde a domande di storia sociale sull’Inghilterra georgiana oppure si completano passaggi di citazioni dai romanzi della Austen, a cui sono state sottratte una o due parole chiave.
C’è una mappa di tutti i luoghi in cui si può scegliere di andare – casa, Dunnistone Manor, Bosco, città, parco, Lampton Hall, Castoridge Court e Thornleigh. Alcuni luoghi sono bloccati e aprono via via le loro porte grazie ad un certo punteggio nella danza o nel ricamo, non impossibili da raggiungere. Quando si incontra un personaggio, durante la conversazione c’è la possibilità di interagire scegliendo tra varie frasi o atteggiamenti da sostenere. Ciò che si sceglie di dire o non dire agli altri, avrà un impatto sulla storia. Ho trovato molto strano formarmi delle opinioni, ma doverle celare nella cortesia. Spesso, ho avvertito tensione tra quello che avrei veramente voluto dire e cosa invece ho ritenuto fosse più auspicabile per l’epoca ed il mio personaggio. Sono riuscita a non comparire volgare o irritabile, ma amabile, sensibile e di spirito. Basta una risposta un po’ più moderna o distratta data al corteggiatore o all’interlocutore di turno, per risultare troppo frivole o audaci e rasentare lo scandalo. In generale, mi sono divertita a diventare un’esperta di pittura, mentre affinavo le mie conoscenze letterarie e imparavo a galoppare tra boschi e vallate. Ho anche camminato largamente tra parchi e giardini, fatto compere in città, frequentato cene e balli, ricevuto amici e corteggiatori per il tè. Al primo tentativo, dopo alterne vicende, e commettendo un solo passo falso (accettare un giro a cavallo senza chaperon), ho conquistato il cuore del signor Ashcroft, non senza aver ignorato altri gentiluomini e sostenuto l’attacco di gelosia del signor Curtis, che ho messo debitamente alla porta. Al secondo round, invece, ho decisamente evitato il signor Ashcroft e conquistato il difficilissimo e crepuscolare signor Curtis, ignorando la sua iniziale scontrosità, e anche qui commettendo un solo passo falso, che però è servito a finire i miei giorni nello Yorkshire, leggendo libri e filosofeggiando con il mio sposo. Per ogni storia a lieto fine, il gioco si conclude con un epilogo e un riassunto delle scene salienti, che, volendo, si può salvare.  Peccato che l’app sia solo destinata ad un pubblico femminile, sarebbe stato interessante intrattenersi nel ruolo di un gentiluomo, tanto per cambiare, e magari, oltre all’amore, cercare di far carriera. Avrei anche inserito più domande di storia sociale, evitando le ripetizioni. Ho però scoperto quali gusti eccentrici di gelato andassero per la maggiore oppure il costo esatto di uno scampolo di mussolina. L’ambientazione del gioco è complessa, minuziosa e molto coinvolgente, e include lettere chiuse con ceralacca e linguaggio d’epoca. Nel complesso, ho trovato l’esperienza  divertente e riflessiva. Regency Love si avvale di piacevoli illustrazioni e di una valida colonna sonora, ed è disponibile su iTunes per £2.99.

Cucina Regency

https://londonse4.files.wordpress.com/2013/07/img_2264.jpg

Ieri pomeriggio, mi sono recata nuovamente alla Guildhall Library per il primo Open Day, che, speriamo, non resti un felice, isolato esperimento. Durante la giornata, era possibile partecipare a visite guidate, conferenze, dimostrazioni di restauro del libro e proiezioni di documentari storici sulla City, in collaborazione con i London Metropolitan Archives. Era stata inoltre allestita una piccola mostra con i tesori della biblioteca e alcune selezioni di libri e microfilm a tema.

La Guidhall Library, di antica fondazione, è una biblioteca specializzata nella storia della City of London ed ospita la più grande collezione al mondo dedicata alla storia di una singola città. Le raccolte spaziano dai manoscritti, mappe, stampe e disegni, alle cronache cittadine, dai libri mastri di vascelli mercantili, ai resoconti di viaggio del Sette e Ottocento, fino ai manuali di giardinaggio e a quelli di cucina. La biblioteca possiede la più vasta collezione pubblica di libri di culinaria ed enogastronomia, oltre 10.000, con titoli originali a partire dal 1531. A catturare la mia attenzione, però, sono stati i libri di cucina dell’epoca Regency. E’ infatti tra il 1811 e il 1820 che l’influenza della cuisine italiana e, soprattutto, francese si fa largo nei piatti dell’aristocrazia inglese. Molti chef francesi, fuggiti o rimasti disoccupati in seguito alla Rivoluzione, si erano trasferiti a Londra in cerca di impiego.
caremeLa personalità più in vista all’epoca fu Antonin Carême, cuoco e pasticcere, famoso per gli elaborati e stupefacenti pièces montées: costruzioni di zucchero e marzapane che riproducevano templi, archi di trionfo ed architetture varie in grande scala. Carême lavorò per Talleyrand e Napoleone, anche se Bonaparte, a dir la verità, non era un buon intenditore in fatto di cucina (notoriamente i suoi pranzi e cene ufficiali duravano non più di venti minuti, seguiti da una tazza di caffè freddo e senza zucchero). Fu però al servizio dell’imperatore che Carême allargò le sue competenze dalla pasticceria alle portate principali, creando menù per banchetti diplomatici, tutti diversi tra loro e tutti basati su prodotti di stagione. Caduto Napoleone, Carême, come molti altri prima di lui, si trasferì a Londra, e divenne chef de cuisine per il principe reggente, il futuro re Giorgio IV. Il cuoco francese fu impiegato nelle magnifiche cucine del Padiglione Reale a Brighton e le sue torte glassate divennero il dessert più popolare dell’Inghilterra del primo Ottocento. La Guildhall library conserva quello che si può considerare capolavoro e testamento del grande chef, L’Art de la Cuisine Français au Dix-Neuvième Siècle, in tre tomi, con belle tavole illustrate. Accanto a questa elaboratissima raccolta di ricette, si trovano altri libri interessanti.

nuttLa cucina Regency era molto ricca e impiegava notevoli quantità di burro, uova e zucchero, che, grazie alla manodopera schiavile nelle piantagioni, era divenuto un prodotto a buon mercato. La presentazione del cibo era molto importante e i piatti dovevano sembrare un’opera d’arte, come si evince dal libro di Frederic Nutt, The Complete Confectioner (1789). Il manuale spiega non solo come preparare magnifici dolci, ma anche come decorare la tavola con stile ed eleganza. All’epoca, si utilizzavano stampi complessi per realizzare dolci e budini decorativi, come gelatine e blancmanges, che erano assai popolari. Forme e colori dovevano completarsi l’un l’altro sulla tavola e i piatti venivano disposti simmetricamente per ottenere il massimo effetto (ovviamente, sulle tavole dei ricchi si utilizzavano piatti d’argento e porcellane raffinate) Poiché, nelle classi agiate, si usava svegliarsi e fare colazione parecchio tardi, il Luncheon era un momento della giornata snobbato dai gentiluomini inglesi, che spesso si trovavano fuori casa per molte ore. Per chi avesse comunque dovuto soddisfare un momentaneo languore o un più sostenuto appetito, si potevano consultare esaurienti guide ai ristoranti e caffè londinesi.roylance
Nel 1815, Ralph Roylance pubblicò The Epicure’s Almanack o Guida al Buon Vivere, un elenco di oltre 600 stabilimenti alimentari, trattorie, alberghi, locande ecc, a Londra e dintorni.La guida rimase ineguagliata fino al 1968, quando Good Food Guide to London venne dato alle stampe. Per chi mangiava fuori (ma anche a casa propria), era sempre in agguato l’intossicazione alimentare, se non l’avvelenamento, a causa di adulterazioni o metodi errati di conservazione dei cibi. Ecco allora entrare in scena, nel 1820, il manuale del chimico tedesco Fredrick Accum: Treatise on Adulteration of Food.

accum2 Questo lavoro pionieristico, in cui l’autore denunciava l’uso di additivi chimici per alimenti, segnò l’inizio della consapevolezza in materia di sicurezza alimentare. L’anno successivo, Accum diede alle stampe anche un manuale di principi scientifici di culinaria ed economia domestica, con istruzioni accurate per la preparazione di marmellate, sottaceti e conserve. Per quanto riguarda le bevande alcoliche, invece, rum e vini fortificati con il brandy, come Porto e Madeira, erano bevuti in larga quantità dai ricchi, mentre i poveri si rivolgevano a birra e gin. I rinomati vini francesi, a causa della Rivoluzione, e poi delle guerre Napoleoniche, erano divenuti difficili da reperire e, quindi, molto cari. Tuttavia, dopo il 1815, le tasse su vino, brandy e rum rimasero sostanzialmente invariate, continuando ad impedire l’importazione di qualità più economiche di vini francesi per almeno un cinquantennio.

The Age of Elegance

IMG_2257Ely House è una grandiosa residenza cittadina, dagli interni eleganti, che ancora oggi conservano gran parte del loro stucchi originali. Costruita tra il 1772 e il 1776 per il vescovo di Ely dall’architetto Robert Taylor, la casa è sede, dal 2012, della prestigiosa ditta antiquaria Mallett e fa da cornice perfetta ai mobili e alle opere d’arte in vendita.
Grazie alla collaborazione speciale tra Mallett e Colnaghi, un’altra ditta antiquaria, specializzata nei grandi maestri della pittura, fino al 20 luglio, è possibile visitare la casa, riportata ai suoi antichi splendori di residenza cittadina del XVIII secolo, grazie ad una mostra dal titolo: The Age of Elegance: treasures from the 18th century town house.
Le stanze di questa bella residenza palladiana sono state decorate con mobili, suppellettili e dipinti databili dalla fine del Settecento al Regency (1795-1837) passando per lo Stile Impero continentale (1805-1814). Entrati nella casa, al piano terra, si può ammirare subito la ricca sala da pranzo, che nel XVIII secolo costituiva la stanza di ricevimento principale. Qui fanno bella mostra di sé mobili, oggetti dorati e dipinti importanti, come nature morte, capricci architettonici e quadri figurativi.  Le nature morte, in scala ridotta e con l’attenzione per il dettaglio propria dei pittori fiamminghi, si possono anche ammirare nell’anticamera, al piano superiore, a cui si accede dalla hall tramite una doppia scala di marmo, fiancheggiata da balaustre in ferro, ben modellate. I livelli superiori si articolano in ambienti più o meno grandi, dai saloni con i dipinti storici di scuola italiana e francese a stanze più intime, abbellite da piccoli quadri e suppellettili dorate, o rilucenti di specchi e vetri pregiati. Dai soffitti, pendono lampadari di raffinata fattura, da quelli francesi, stile impero, in bronzo dorato, ai magnifici candelabri in vetro molato dell’epoca Regency. Rifulgono di luce anche splendori di epoca più tarda, come il fantasioso lampadario in vetro rosso, bianco e oro, realizzato da F & C Osler nel 1870, e ammirabile all’ingresso. Ely House resta un perfetto esempio di residenza londinese settecentesca, e,  grazie a questa mostra evocativa, c’è molto da vedere e di cui stupirsi.

Album

Donne nella Storia

Dr Lucy Worsley ©Dr Lucy Worsley 2012

Dr Lucy Worsley ©Dr Lucy Worsley 2012

Si è già parlato in questo blog di storiche in tv, nello specifico, l’anno scorso, avevamo dedicato un post alla professoressa Mary Beard, docente di Discipline Classiche presso l’Università di Cambridge, nonché appassionata narratrice di usi e costumi dei Romani.

In questi giorni, la BBC 4 sta mandando in onda un bel programma, in tre puntate, in cui un’altra storica, che va per la maggiore, la Dottoressa Lucy Worsley, fa rivivere il vortice di Eleganza e Decadenza del periodo Regency, momento storico in cui, il principe del Galles (poi Giorgio IV), venne nominato reggente per conto del padre, Giorgio III, impedito da un grave squilibrio mentale. Il Regency è un periodo di transizione, molto affascinante, che segna uno stile, con le sue architetture neoclassiche, il mecenatismo, la moda sofisticata, i romanzi di Jane Austen, i versi di Byron e Percy Bysshe Shelley, gli eccessi dell’aristocrazia, le guerre napoleoniche, i dipinti di John Constable, l’avvento dell’illuminazione a gas e del valzer, la tassa sul grano, le repressioni nel sangue  e i marmi del Partenone… Lucy Worsley, con il suo caschetto biondo, i vestitini da flapper e l’accento particolare, per nulla spocchioso, impiega molta passione e ironia nel condurci attraverso gli alti e i bassi di un’era, che significa molto più di un elegante e pomposo Mr Darcy.

Ma chi è Lucy Worsley? Figlia di un illustre geologo, dopo aver trascorso l’infanzia in Canada, è tornata in Inghilterra  per laurearsi e specializzarsi in Storia. Ora è curatrice capo di Historic Royal Palaces, una società di beneficienza, che si occupa di mantenere in buono stato monumenti regali, quali la Torre di Londra, Banqueting House, Kew Palace, Hampton Court e gli appartamenti di stato a Kensington. La carriera televisiva di Lucy è iniziata tre anni fa, con un programma sulla storia delle case inglesi, dalla catapecchia del servo al palazzo del re. E poi, naturalmente, le tre puntate sul Regency, che la tv sta ritrasmettendo in questi giorni. Sono seguiti reportages di storia sociale sulla figura femminile nel XVII secolo, sulla vita ai tempi di Enrico VIII, e sulle vicende di Hampton Court. La bravura e competenza con cui la Worsley racconta il passato, le hanno conquistato la simpatia del largo pubblico, ma anche le frecciate di detrattori invidiosi, tra cui lo storico David Starkey, il quale ha accusato la collega di essere carina, sì, ma di raccontare i fatti come se si trattasse di un romanzetto storico, edito da Mills and Boon (l’equivalente della nostra collana Harmony). La Worsley, che convive con un architetto di grido a sud di Londra, l’anno scorso è anche finita alla ribalta delle cronache, per una frase detta durante un’intervista a The Radio Times. Durante il programma, le era stato chiesto come mai, a 38 anni, e con un compagno stabile, ancora non avesse deciso di mettere su famiglia. La storica ha risposto di aver avuto (e di avere) altre priorità e impegni, e “di essere stata educata a ragionare e scegliere, al di là delle naturali funzioni di riproduzione”. Apriti cielo! Per settimane i giornali non hanno parlato d’altro e la frase incriminata compariva letteralmente ovunque. Tuttavia, è chiaro come la Worsley, con la provocatoria valutazione del suo percorso di vita, avesse voluto scoccare una freccia nei confronti di certa intrusione e continua richiesta di giustificazioni, che spesso la società e i media fanno alle donne, circa la loro scelta/possibilità di procreare o no.

In fondo, che (vi) importa?

Mentre Lucy è impegnata a scrivere libri e a girare un nuovo programma per la BBC, su pregi e viltà di re e regine, noi ce la godiamo tra dandy byroniani e reggenti inutili.