Donne nella Storia

Dr Lucy Worsley ©Dr Lucy Worsley 2012

Dr Lucy Worsley ©Dr Lucy Worsley 2012

Si è già parlato in questo blog di storiche in tv, nello specifico, l’anno scorso, avevamo dedicato un post alla professoressa Mary Beard, docente di Discipline Classiche presso l’Università di Cambridge, nonché appassionata narratrice di usi e costumi dei Romani.

In questi giorni, la BBC 4 sta mandando in onda un bel programma, in tre puntate, in cui un’altra storica, che va per la maggiore, la Dottoressa Lucy Worsley, fa rivivere il vortice di Eleganza e Decadenza del periodo Regency, momento storico in cui, il principe del Galles (poi Giorgio IV), venne nominato reggente per conto del padre, Giorgio III, impedito da un grave squilibrio mentale. Il Regency è un periodo di transizione, molto affascinante, che segna uno stile, con le sue architetture neoclassiche, il mecenatismo, la moda sofisticata, i romanzi di Jane Austen, i versi di Byron e Percy Bysshe Shelley, gli eccessi dell’aristocrazia, le guerre napoleoniche, i dipinti di John Constable, l’avvento dell’illuminazione a gas e del valzer, la tassa sul grano, le repressioni nel sangue  e i marmi del Partenone… Lucy Worsley, con il suo caschetto biondo, i vestitini da flapper e l’accento particolare, per nulla spocchioso, impiega molta passione e ironia nel condurci attraverso gli alti e i bassi di un’era, che significa molto più di un elegante e pomposo Mr Darcy.

Ma chi è Lucy Worsley? Figlia di un illustre geologo, dopo aver trascorso l’infanzia in Canada, è tornata in Inghilterra  per laurearsi e specializzarsi in Storia. Ora è curatrice capo di Historic Royal Palaces, una società di beneficienza, che si occupa di mantenere in buono stato monumenti regali, quali la Torre di Londra, Banqueting House, Kew Palace, Hampton Court e gli appartamenti di stato a Kensington. La carriera televisiva di Lucy è iniziata tre anni fa, con un programma sulla storia delle case inglesi, dalla catapecchia del servo al palazzo del re. E poi, naturalmente, le tre puntate sul Regency, che la tv sta ritrasmettendo in questi giorni. Sono seguiti reportages di storia sociale sulla figura femminile nel XVII secolo, sulla vita ai tempi di Enrico VIII, e sulle vicende di Hampton Court. La bravura e competenza con cui la Worsley racconta il passato, le hanno conquistato la simpatia del largo pubblico, ma anche le frecciate di detrattori invidiosi, tra cui lo storico David Starkey, il quale ha accusato la collega di essere carina, sì, ma di raccontare i fatti come se si trattasse di un romanzetto storico, edito da Mills and Boon (l’equivalente della nostra collana Harmony). La Worsley, che convive con un architetto di grido a sud di Londra, l’anno scorso è anche finita alla ribalta delle cronache, per una frase detta durante un’intervista a The Radio Times. Durante il programma, le era stato chiesto come mai, a 38 anni, e con un compagno stabile, ancora non avesse deciso di mettere su famiglia. La storica ha risposto di aver avuto (e di avere) altre priorità e impegni, e “di essere stata educata a ragionare e scegliere, al di là delle naturali funzioni di riproduzione”. Apriti cielo! Per settimane i giornali non hanno parlato d’altro e la frase incriminata compariva letteralmente ovunque. Tuttavia, è chiaro come la Worsley, con la provocatoria valutazione del suo percorso di vita, avesse voluto scoccare una freccia nei confronti di certa intrusione e continua richiesta di giustificazioni, che spesso la società e i media fanno alle donne, circa la loro scelta/possibilità di procreare o no.

In fondo, che (vi) importa?

Mentre Lucy è impegnata a scrivere libri e a girare un nuovo programma per la BBC, su pregi e viltà di re e regine, noi ce la godiamo tra dandy byroniani e reggenti inutili.

Disegni di Constable all’asta

width="400"Ancora cottages dai muri bianchi, folte siepi, mazzi di fiori selvatici, alberi secolari, tetti di paglia, mulini, torri campanarie, svettanti contro cieli mossi di nuvole, e luci serene, riflesse nelle acque placide di un corso d’acqua… La campagna inglese è sempre protagonista, celebrata in maniera incantevole dal pennello di John Constable, pittore romantico, che, negli anni della giovinezza, passava il suo tempo tra Londra ed il Suffolk. Su fogli sparsi e taccuini, Constable disegnava dal vero, i viottoli ed i campi, le rive del fiume Stour e il villaggio di East Bergholt, e, più oltre, il Derbyshire. Poi, nel 1806, se ne andò due mesi nel Lake District. La solitudine grandiosa delle montagne lo sovrastava, e gli appariva così diversa dalla quiete bucolica a cui era abituato, che ne nacquero studi di largo formato, sia monocromi che a colori. Eppure, in queste peregrinazioni artistiche, tra laghi, monti, campi coltivati e chiuse sul fiume, non sempre Constable era solo. Lo accompagnava spesso l’amico Thomas Stothard, anche lui formatosi alla Royal Academy.Le lunghe camminate distendevano lo spirito dei due amici, e il tempo e le matite scorrevano veloci, mentre Stothard si divertiva ad acchiappare farfalle. Momenti personalissimi, tra schizzi preludio di capolavori e ispirazioni tenute per sé.Un fascio di una ventina di fogli, disegnati a matita, per lo più dalla mano di Constable, finiscono inviluppati in una carta consunta e mal tenuta, attraversano secoli, sopravvivono due guerre mondiali, fino ad approdare sul banco di un rigattiere, poi nella credenza di un anonimo acquirente. Un collezionista appassionato di disegno, ma non molto convinto del valore di quegli schizzi, tanto da dimenticarsene. 60 lunghi anni di oblio, finché gli eredi recuperano i cartigli e li portano a far stimare. Lo stupore è immenso, l’attribuzione a John Constable certa: lo provano linee e tratteggi che raccontano di autunni lontani, laghi, file di olmi con cui misurare prospettive, profili di barche, le rovine di una chiesa a Colchester, e l’immancabile piana dello Stour. I disegni ritrovati andranno all’asta il prossimo 3 luglio e gli esperti di Christie’s si aspettano di ricavarne almeno 50.000 sterline.

Verde Inghilterra 2012

_stadiumset_paIl regista Danny Boyle, artefice di pellicole quali Slumdog Millionaire e Trainspotting, è il direttore artistico dei giochi olimpici londinesi. Per la cerimonia di apertura, il prossimo 27 luglio, ha pensato di architettare una rappresentazione del Regno Unito come nazione cosciente delle proprie origini e sicura delle proprie direzioni. E’ con queste premesse che ha svelato alla stampa un plastico della cerimonia, dal titolo “Isles of Wonder” (titolo tratto da un dialogo del personaggio di Calibano, nella “Tempesta” di Shakespeare). L’arena dello stadio olimpico sarà dunque trasformata in un idillio rurale, completo di campi, prati, corsi d’acqua, siepi, casette rustiche, e oltre un centinaio di figuranti, intenti a giocare a golf, fare un picnic o coltivare la terra. Il tutto sarà reso ancor più credibile dalla presenza di veri animali (nello specifico: 12 cavalli, 3 mucche, 2 caprette, 10 polli, 10 oche, ben 70 pecore e 3 cani da pastore). L’atmosfera da vecchia fattoria, utilizzata per comunicare la grandezza della nazione, non ha entusiasmato tutti, e sono piovute molte critiche, dagli ambientalisti in particolare, a difesa dei poveri animali, costretti alla bolgia dello stadio olimpico, fino ai puristi, che hanno accusato Boyle di voler ricreare scene pastorali degne dei Teletubbies.
I verdi pascoli e i villaggi immersi nelle brume non fanno solo parte di un’immaginario letterario o da cartolina turistica, ma sono ben radicati nelle coscienze dei britannici. E’ in questo Paese, che i romantici hanno formulato il concetto di pittoresco e sublime, Constable ha dipinto campagne e mandrie e William Blake ha composto versi sull’amabile e verde terra d’Inghilterra. E’ sempre qui, che John Major, successore della Thatcher, ha citato, tra le virtù nazionali, ‘le ombre lunghe sui campi da cricket, la birra calda, gli insuperabili sobborghi verdeggianti, gli amanti dei cani…”. Nonostante il tempo inclemente, che, specie in questi giorni, sarebbe capace di spegnere qualsiasi fiamma olimpica, non si può negare che la campagna inglese sia una realtà bellissima e unica, con i suoi alberi, i villaggi, i campi da cricket, la fitta rete di sentieri e corsi d’acqua, la storia. Ma è una realtà costantemente minacciata dall’avanzare del cemento, dalla costruzione ed estensione di aeroporti, dall’impianto di centrali nucleari, dai disastri climatici, per non parlare dell’inquinamento, dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi e dell’erosione inarrestabile delle coste. La visione di Boyle rappresenta, appunto, un’idea di perfezione, l’ambiente che tutti vorrebbero abitare, ma che molti, specie coloro intrappolati in città e grigie periferie, funestate da giovani teppisti, ubriachi molesti, traffico, rumore e cemento, non si possono permettere.