Il bicentenario della morte di John Keats

john keatsIl 23 febbraio si celebra il duecentesimo anniversario della morte del poeta romantico John Keats.
Keats era malato di tubercolosi e aveva passato gli ultimi cinque mesi della sua vita a Roma, dove si era recato nella speranza che il sole del Mediterraneo potesse alleviare le sue condizioni.
Il poeta era nato ed era stato battezzato nella City di Londra nel 1795. Inizialmente aveva tentato di diventare medico al Guy’s Hospital, ma poi aveva abbandonato gli studi per dedicarsi alla poesia.
Keats si era trasferito allora ad Hampstead (che ai tempie era poco più di un villaggio fuori Londra) e aveva alloggiato a Wentworth Place (ora Keats House) dal dicembre 1818 al settembre 1820.
Ad Hampstead, Keats si circondò di amici e conobbe Fanny Brawne, il suo grande amore, per la quale scrisse la maggior parte dei componimenti che lo hanno reso celebre.
Essendosi ammalato di tubercolosi, il poeta lasciò l’Inghilterra per recarsi in Italia, e fu a Roma che scrisse “Bright Star”, una delle sue poesie più famose. Purtroppo, il clima non gli giovò come aveva sperato ed il giovane morì il 23 febbraio 1821 a soli 25 anni.
Gli amici Joseph Severn e Charles Armitage Brown si occuparono dell’epitaffio sulla tomba nel cimitero acattolico di Roma, presso la Piramide Cestia.
La tomba non porta esplicitamente il nome del poeta, ma è incisa con le parole dettate da Keats sul letto di morte: “Here lies one whose name was writ in water” (“Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua”). Evidentemente Keats, che non era mai stato accolto favorevolmente dalla critica contemporanea, riteneva di non poter ottenere alcuna fama postuma.
Tuttavia, la sua morte così precoce e drammatica, diede vita alla leggenda romantica della malattia fatale, causata dal rifiuto e dalle critiche negative. Un altro poeta inglese, Percy Bysshe Shelley, celebrò la dipartita di Keats nell’elegia Adonaïs, scritta qualche settimana dopo il funerale, e che contribuì alla sua fama in Europa.

Virtual_KeatsGrazie agli esperti dell‘Institute for Digital Archaeology, che lo hanno “ricreato” in digitale, Keats può rivivere virtualmente. Linguisti, curatori e fisici hanno lavorato insieme per riportarlo in vita, restituendogli voce, volto… e anche i suoi vestiti!
Per la voce e la dizione ci si è rivolti a specialisti vocali, mentre, per la creazione in 3D, il team si è basato sulle maschere realizzate dopo la morte del poeta, e sui ritratti in miniatura, eseguiti mentre era in vita, tutte fonti di altissima qualità. Gli esperti si sono invece divisi sulla scelta degli abiti, perché gli aneddoti raccontano che Keats aveva adottato uno stile continentale durante il suo soggiorno romano. Hanno comunque potuto attingere alla vasta collezione di abiti del Victoria and Albert Museum di Londra.
Keats aveva pubblicato dozzine di poesie nel corso della sua breve esistenza, ma sarà “Bright Star” ad essere recitata dal poeta virtuale, proprio nell’anniversario della sua morte, e nella stessa stanza dove spirò, nella casa al n. 26 di piazza di Spagna, che ora è un museo.
Ed è la Keats-Shelley House a Roma a promuovere una serie di iniziative digitali, per commemorare la morte del poeta.
Oltre all’attesa apparizione del John Keats generato al computer, che reciterà il suo poema alle 18 italiane (le 17 in UK), nella stessa giornata si segnalano anche l’anteprima online di “The Death of Keats”, una video storia immersiva narrata da Bob Geldof (disponibile sul canale YouTube della casa museo) e un tour panoramico con guida dal vivo, che sarà disponibile a partire dal 23 febbraio.
Anche il Keats House Museum ad Hampstead celebra la vita, le opere e l’eredità di Keats, grazie ad una serie di eventi online, tra cui una mostra virtuale.
Si può anche seguire il bicentenario sui social, mediante l’hashtag #Keats200.

Donne nella Storia

Dr Lucy Worsley ©Dr Lucy Worsley 2012

Dr Lucy Worsley ©Dr Lucy Worsley 2012

Si è già parlato in questo blog di storiche in tv, nello specifico, l’anno scorso, avevamo dedicato un post alla professoressa Mary Beard, docente di Discipline Classiche presso l’Università di Cambridge, nonché appassionata narratrice di usi e costumi dei Romani.

In questi giorni, la BBC 4 sta mandando in onda un bel programma, in tre puntate, in cui un’altra storica, che va per la maggiore, la Dottoressa Lucy Worsley, fa rivivere il vortice di Eleganza e Decadenza del periodo Regency, momento storico in cui, il principe del Galles (poi Giorgio IV), venne nominato reggente per conto del padre, Giorgio III, impedito da un grave squilibrio mentale. Il Regency è un periodo di transizione, molto affascinante, che segna uno stile, con le sue architetture neoclassiche, il mecenatismo, la moda sofisticata, i romanzi di Jane Austen, i versi di Byron e Percy Bysshe Shelley, gli eccessi dell’aristocrazia, le guerre napoleoniche, i dipinti di John Constable, l’avvento dell’illuminazione a gas e del valzer, la tassa sul grano, le repressioni nel sangue  e i marmi del Partenone… Lucy Worsley, con il suo caschetto biondo, i vestitini da flapper e l’accento particolare, per nulla spocchioso, impiega molta passione e ironia nel condurci attraverso gli alti e i bassi di un’era, che significa molto più di un elegante e pomposo Mr Darcy.

Ma chi è Lucy Worsley? Figlia di un illustre geologo, dopo aver trascorso l’infanzia in Canada, è tornata in Inghilterra  per laurearsi e specializzarsi in Storia. Ora è curatrice capo di Historic Royal Palaces, una società di beneficienza, che si occupa di mantenere in buono stato monumenti regali, quali la Torre di Londra, Banqueting House, Kew Palace, Hampton Court e gli appartamenti di stato a Kensington. La carriera televisiva di Lucy è iniziata tre anni fa, con un programma sulla storia delle case inglesi, dalla catapecchia del servo al palazzo del re. E poi, naturalmente, le tre puntate sul Regency, che la tv sta ritrasmettendo in questi giorni. Sono seguiti reportages di storia sociale sulla figura femminile nel XVII secolo, sulla vita ai tempi di Enrico VIII, e sulle vicende di Hampton Court. La bravura e competenza con cui la Worsley racconta il passato, le hanno conquistato la simpatia del largo pubblico, ma anche le frecciate di detrattori invidiosi, tra cui lo storico David Starkey, il quale ha accusato la collega di essere carina, sì, ma di raccontare i fatti come se si trattasse di un romanzetto storico, edito da Mills and Boon (l’equivalente della nostra collana Harmony). La Worsley, che convive con un architetto di grido a sud di Londra, l’anno scorso è anche finita alla ribalta delle cronache, per una frase detta durante un’intervista a The Radio Times. Durante il programma, le era stato chiesto come mai, a 38 anni, e con un compagno stabile, ancora non avesse deciso di mettere su famiglia. La storica ha risposto di aver avuto (e di avere) altre priorità e impegni, e “di essere stata educata a ragionare e scegliere, al di là delle naturali funzioni di riproduzione”. Apriti cielo! Per settimane i giornali non hanno parlato d’altro e la frase incriminata compariva letteralmente ovunque. Tuttavia, è chiaro come la Worsley, con la provocatoria valutazione del suo percorso di vita, avesse voluto scoccare una freccia nei confronti di certa intrusione e continua richiesta di giustificazioni, che spesso la società e i media fanno alle donne, circa la loro scelta/possibilità di procreare o no.

In fondo, che (vi) importa?

Mentre Lucy è impegnata a scrivere libri e a girare un nuovo programma per la BBC, su pregi e viltà di re e regine, noi ce la godiamo tra dandy byroniani e reggenti inutili.