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Caffè a sud di Londra

Browns_of_Brockley©LondonSE4Per chi arriva in SE4 con il treno o l’overground, all’uscita dalla stazione si troverà in Coulgate Street, proprio di fronte ai più vecchi cottages del quartiere, databili al 1833 ed associati alla Rivoluzione Industriale e alla costruzione di un canale, che collegava Bermondsey a Croydon (tracciato in seguito riempito e rimpiazzato dalla ferrovia). In una di queste casette, è alloggiato il Browns of Brockley, un piccolo locale, che si è già conquistato una certa fama, per essere capace di servire il miglior caffè South of the River. Effettivamente, il caffè è eccellente, fuoriesce da una macchina La Marzocco e vi arriva al tavolo alla temperatura giusta (bevibile, all’italiana, non rovente, come si usa qui). Il latte, che è fresco di giornata, selezionato direttamente dal farmers’ market, impreziosirà il vostro cappuccino, flat white o moka, con una schiuma densa e vellutata. L’arredamento è molto semplice, tuttavia accogliente e ben studiato, considerate le dimensioni minime del locale. Pareti bianche, un lungo tavolo di legno, alcuni sgabelli per sedersi in vetrina, scaffali animati da barattoli di  marmellate ed altri prodotti, un comodo divano sul fondo, con riviste da sfogliare, un filare di mollettine lungo il muro, su cui gli avventori possono agganciare eventuali annunci. Immancabile, poi, il vaso di fiori selvatici, sempre freschi e ben arrangiati. Per supplire alle dimensioni contenute, è stata aperta anche un’area al piano di sotto, e c’è il wi-fi gratuito. Alla varietà di caffè e bevande calde e fredde, si aggiungono una buona scelta di spuntini, sia dolci che salati, e un’atmosfera rilassata ed informale. La clientela è costituita soprattutto da creativi, armati di portatile, carta e penna, o, a volte, persino di moleskine e acquerelli, a cui non dispiace sedersi fianco a fianco, per condividere il tavolo e lo spazio di lavoro. La musica, mai assordante, spazia tra generi diversi, ed è possibile acquistare miscele selezionate di caffè in grani. Il proprietario e lo staff sono sempre molto cordiali e, alcuni giovedì sera, il locale resta aperto fino alle 23, proponendo una gustosa selezione di pizze cotte al forno a legna e birre locali, il tutto tra musica e lumi di candela.

Browns of Brockley
5 Coulgate Street
SE4 2RW – Londra

Orario: dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 18.00;

sabato dalle 9 alle 17;  domenica dalle 10.00 alle 16.00.

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Stand-up comedy a sud di Londra

EDComedy at The HOB

Un buon test per capire a che punto sia il vostro inglese e quanto vi siate integrati nel paese di accoglienza è assistere ad una stand-up comedy. Non si tratta ovviamente solo di comprendere l’idioma, gli accenti e lo slang, ma di essere in grado di percepire l’humour che si cela dietro le vare battute, e riderne di conseguenza. Alcuni jokes, hanno sapore internazionale e propongono schemi che susciteranno ilarità di fronte a qualsiasi audience; altri, più radicati nella cultura british, possono avere un sapore surreale e colpire in maniera sottile. Il bello della stand-up comedy è il comico da solo, sul palco, alla mercè del suo pubblico. Botta e risposta, improvvisazione, battute e scherzi da ambo le parti. Un po’ come la fossa dei leoni. Prenderla male o sul personale, significa essere out. La complicità e le vibrazioni che si creano, sono una vera e propria questione di chimica. Il comico può tenervi in pugno con facilità e farvi ridere di gusto, oppure lasciarvi freddamente partecipativi, o, in casi estremi, francamente annoiati. Di solito, la serata si suddivide in tre o quattro atti e c’è un comico (stand-up MC) che presenta lo spettacolo e fa da cornice ai numeri degli altri. Proprio ieri sera, ho scoperto una fantastica venue a due fermate di overground da casa.
The Hob è un pub vittoriano di larghe dimensioni, inserito in un edificio semicurvo, proprio di fronte alla stazione di Forest Hill. A vederlo da fuori, fa un po’ pensare a quei film con le diligenze, dove il viaggiatore impolverato e stanco andava a sgranchirsi le gambe e rinfrescare la gola con un bicchiere di birra. Varcata la soglia, però, il pub ha un’aria molto giovanile, ci sono lucine, la musica, poltrone qua e là, un caminetto funzionante nei mesi invernali, un tavolo da biliardo e un certo feeling studentesco. Al piano di sopra, uno spazio molto spartano, adibito a teatro, ospita le serate della EDComedy. Non si tratta, come qualcuno potrebbe pensare, di un locale periferico, animato da dilettanti, ma di uno stage che si è ritagliato una certa fama, ospitando, ogni sabato, il meglio della scena comica e cabarettistica della città, con attori del calibro di Bill Bailey, Mark Lamarr e, per l’appunto ieri sera, la spumeggiante Ninia Benjamin. Gli attori che si sono avvicendati sul palco sono stati tutti bravissimi, ma lei, fin da quando ci ha messo piede, si è rivelata semplicemente irresistibile, anzi, come direbbero qui, larger than life. Se vi trovate a Londra non perdetevi per nulla al mondo un suo spettacolo. Riderete di gusto all’ironia graffiante e alle prospettive tutte al femminile di quest’artista di talento, che saprà catturarvi con il suo umorismo sfacciato e pungervi nel vivo con assoluta gentilezza.

EDComedy at The Hob
The Hob
7 Devonshire Rd
Forest Hill 
SE23 3HE

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W/E in South-East London

Dopo alcuni giorni di temperature rigidamente invernali e tempo pazzesco, il sole è tornato a splendere clemente anche a queste latitudini. Il week end appena concluso mi ha visto poltrire con i giornali del sabato, risvegliarmi la domenica con l’intenzione di vedere una mostra in centro, rinunciare alla suddetta per biglietti sold out e approfittare, invece, per una bella passeggiata in quel di Dulwich Park, un vero gioiello di giardino tardo vittoriano, con tanto di ponticelli, laghetto e paperelle.
A suggello della bella passeggiata domenicale, inondata di sole, ha fatto seguito il tradizionale Sunday Roast con gli amici al The Montague Arms Pub.
Il locale in questione è una delle pietre miliari di quest’area. Visto da fuori è un edificio vetusto, scalcinato e poco invitante, con un cartello del quale ho sempre riso, che recita “Tourists Welcome!”
Beh, i tourists in questione farebbero bene a fermarcisi per una birra, l’interno del pub è una menagerie di chincaglierie e animali impagliati, non so se avete presente quei lugubri trofei di caccia che i bisnonni angli appendevano fieri in salotto: cervi, stambecchi, un coccodrillo volante e perfino una zebra, tutti con targhetta e data (ante 1925)!
montague arms pub
A questi capolavori di tassidermia, si aggiungono vari relitti di epoca vittoriana. Si spazia dalle pentole ai modellini di navi, dalla tazza di gabinetto in ceramica a fiori blu allo scheletro da old operating theatre, dalle suppellettili marinaresche a mezzi di trasporto vari, come una carrozza tipo Brougham e un Penny Farthing giallo. 
Tralasciando l’arredamento e concentrandosi sulla sostanza, posso dirvi che il Sunday Roast è ottimo, abbondante e di qualità, a prezzi competitivi. Si può scegliere tra pollo, manzo, agnello e maiale, tutti accompagnati da un generoso contorno di verdure. Per chi ama il pesce, ci sono la trota (intera) e gli scampi. E per i vegetariani, non sia mai, ben 3 opzioni diverse. Nel prezzo del Roast è incluso anche il dessert, strudel o un altro tipo di torta, e le porzioni sono soddisfacenti.
Parafrasando il commento entusiasta di uno degli avventori, The Montague is a very surreal drinking [and eating] experience, which makes you proud to live South of the River!

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Metti una sera a cena…

bonnington

Quello che adoro di Londra è la capacità di stupirmi al di là dei facili luoghi comuni e dei panorami da guida turistica. Bisogna saper guardare con attenzione, pronti a perdersi in un reticolo di strade, ma le sorprese sono ad ogni angolo. Il Bonnington Cafe è un ristorante vegetariano, gestito da volontari. Ci si respira un’atmosfera rilassata, un pò bohemienne. C’è un menu fisso che cambia ogni sera,una scelta di piatti gustosi per prezzi molto accessibili. Il vino o la birra, però, ve li dovete portare da casa. Al Bonnington si cena a lume di candela e ogni due settimane circa c’è una jam session, con amici, musicisti o avventori da ogni dove che si alternano al piano, alla voce e alla chitarra. Le sale risuonano di note, risa e parole in francese, inglese, spagnolo, portoghese, italiano e, dopo poco, sembra di essere in una casa dal sapore continentale, magari al compleanno di qualcuno. Questo è il senso di comunità che ha ispirato la nascita del locale nei lontani anni ’80, quando gli squatters sentivano il bisogno di un punto di riferimento a buon mercato. Il fatto che dopo oltre vent’anni il locale sia ancora gestito da un gruppo di volontari e che sia sopravvissuto alle logiche consumiste di una città che cambia febbrilmente dall’oggi al domani, rende la visita un’esperienza diversa e fuori dai soliti schemi. Ricordatevi di prenotare, i tavoli sono limitati. L’apribottiglia vi sarà messo a disposizione gratuitamente.

The Bonnington Cafe – Vauxhall Grove SW8 1TD

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12th Night

12th night

E’ una notte un pò speciale questa, la dodicesima notte dal Natale, che, a seconda delle latitudini, porta dolci, doni, ultime occasioni di festa, tre re magi venuti da lontano a seguire una stella e strane vecchie volanti…
Se da noi si dice che l’Epifania "tutte le feste porta via", beh, in terra angla pare che per la 12th night, tutti gli addobbi natalizi debbano sparire dalla casa, pena una cattiva sorte o l’obbligo di tenersi l’albero e tutto il resto fino al Natale successivo!
In molte parti dell’Italia una calza penzola dal camino (o dal termosifone), in attesa di essere riempita di dolci o carbone da una vecchia brutta, ma buona, personificazione della Befanìa, cioè della festa stessa.
In Inghilterra, da ancor prima che il bardo Shakespeare scrivesse la sua commedia, “Twelfth Night, or What You Will“, la dodicesima notte segna la fine delle celebrazioni invernali e rappresenta un momento speciale, in cui l’ordine del mondo viene sovvertito. All’inizio di questa notte si usava mangiare una torta, con dentro un fagiolo secco. Chi lo avesse trovato poteva diventare The Lord of Misrule, il re della festa, e poteva comandare su tutti gli altri a suo piacimento, ma solo fino a mezzanotte, ora in cui il mondo sarebbe ritornato normale, con le sue regole e gerarchie.
Questa usanza ha radici pre-cristiane, romane. Infatti, dal 17 al 23 dicembre, nell’antica Roma, si celebravano i Saturnalia, feste in cui l’ordine sociale era sovvertito e ci si scambiava dei doni, tra cui, ovviamente, dei dolci.
La Torta del Re, sebbene sia un’invenzione della Francia medievale, ha dunque radici antiche. Sembra addirittura che la ricetta tradisca origini arabe. E’ conosciuta non solo in Inghilterra come 12th night cake, ma anche in Spagna come Rosóa de Reyes, e in Potogallo con il nome di Bolo Rei.
 
12th night cake
12th night cake
 
Ingredienti: 750g di farina, 30g di lievito di birra, 150g di burro, 150g di zucchero, 150g di frutta secca sminuzzata, 150g di canditi, 4 uova, la bucca grattugiata di 1 limone e di 1 arancia, 100ml di Porto, una presa di sale.
 
Procedimento: Mescolare la frutta candita e quella secca col Porto e lasciare riposare per qualche ora. Sciogliere il lievito in 100ml di acqua tiepida alla quale è stato aggiunto un pò di zucchero. Aggiungere 180g di farina, mescolare bene, poi far lievitare al caldo per 15 minuti. Nel frattempo, mescolare in una terrina il burro, lo zucchero rimasto e le scorze di  limone ed arancia. Aggiungere le uova, una alla volta, il lievito, la farina e il sale, mescolando il tutto  fino ad ottenere una pasta liscia ed elastica. Aggiungere la frutta macerata nel porto, formare una palla e lasciare lievitare in un panno per circa 5 ore (dovrebbe raddoppiare di volume).Stendere la pasta e porre in una teglia. Cuocere il tutto in forno caldo, a 180°, per 40 minuti.
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Off the Beaten Track

"Mrs Joe,’ said Uncle Pumblechook: a large hard-breathing middle-aged alow man, with a mouth like a fish, dull staring eyes, and sandy hair standing upright on his head, so that he looked as if he had just been all but choked, and had that moment come to; `I have brought you, as the compliments of the season  ‘I have brought you, Mum, a bottle of sherry wine and I have brought you, Mum, a bottle of port wine’. Every Christmas Day he presented himself, as a profound novelty, with exactly the same words, and carrying the two bottles like dumb-bells. Every Christmas Day, Mrs Joe replied, as she now replied, `Oh, Un – cle Pum – ble – chook! This IS kind!"

Charles Dickens – "Great Expextations" – Chapter 4

 
great expectations 
 
In Uk il mese dell’Avvento non è solo l’attesa del 25 dicembre, con gli addobbi natalizi, le luci e le corse agli acquisti, ma anche un tour de force, fatto di feste, cene, serate al pub, celebrazioni coronate da mince pies e mulled wine. In pratica ogni scusa è buona per riunirsi, soprattutto per bere, talvolta anche mangiare, prima che il Natale stesso porti ognuno a chiudersi nelle sue quattro mura, con i familiari e il tradizionale banchetto. Negli ultimi 10 giorni ci sono stati: il Xmas party ben riuscito dell’amico francese in quel di Forest Hill, la festicciola per i soci dell’Istituto Botanico, il Xmas dinner con gli ex colleghi, le mince pies al Learning Centre dove dò una mano, i drinks dell’agenzia e, domani sera, sarà la volta del famigerato Xmas party al lavoro: due ore di gozzovigli gratuiti, piani alti e bassi democraticamente mescolati al suono di un quartetto d’archi, camerieri in livrea e sorrisi avvinazzati…(non vedo l’ora!)… 

Stasera, invece, per salutarci tra amici nel quartiere, si è deciso di unire i drinks a qualcosa di culturale e ci siamo visti al The Brockley Jack, il pub più antico di SE4.

the brockley jack

Il Brockley Jack, il cui nome originario era "The Castle", esisteva già come locanda di campagna nel XVIII secolo, quando SE4 veniva citata nelle mappe londinesi semplicemente come arable land. Il nome attuale del pub risale al 1863, mentre l’aspetto architettonico si deve ad un rifacimento, avvenuto nel 1898.
Dietro al bar c’è un piccolo teatro, che occupa lo spazio utilizzato in precedenza come sala banchetti. Si tratta di un palcoscenico di dimensioni ridotte, ma funzionale, con luci, effetti sonori e poltrone rialzate. Un fringe theatre, i cui spettacoli spaziano dalla commedia al varietà, ai classici. Il futuro di questo teatro è al momento incerto, infatti il pub, con il nuovo anno, verrà ristrutturato e non si è capito bene se il management abbia intenzione di lasciare lo spazio sul retro così com’è, o spostare tutto ai piani superiori, ma a quel punto i costi ricadrebbero sulla piccola compagnia teatrale, che non è in grado di sostenerli.

Per tornare al presente, questa sera abbiamo assisitito ad una riuscitissima interpretazione, l’adattamento di Great Expectations di Dickens a cura di Hugh Leonard, recitato da una sintetica compagnia di validi attori, diretti da Kate Bannister.

La scenografia, ridotta al minimo, era flessibile e permetteva alla storia di svolgersi in una vivace varietà di luoghi e situazioni, arricchiti da effetti sonori e luci appropriate. La rappresentazione si avvaleva poi di un doppio registro, in cui Steven Alexander (Pip adulto) e la bravissima Bridget Collins (Pip ragazzino) interagivano a meraviglia sia come protagonisti che come voce narrante.

Lo spettacolo resterà in cartellone fino al 5 gennaio. 

Info:
Brockley Jack Theatre,
Box Office: 020 8291 6354, 
Website: www.brockleyjack.co.uk  

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What the Victorians did for us

Proseguono con gusto e passione le mie visite a dimore storiche nonché le mie ricerche sull’arte e la storia sociale dell’era vittoriana.  Oggi mi sono recata a Leighton House, che, nel consueto giorno di chiusura settimanale, apriva i battenti solo per una ventina di "eletti", in occasione del seminario dal titolo: The Victorian Christmas.
Non mi dilungo a raccontarvi le bellezze della casa, certo potete immaginare da voi cosa voglia dire poter sorseggiare un tè o un caffè, accompagnati da biscotti e mince pies, in una sala da pranzo in stile come questa.
leighton house
In tale suggestiva cornice, tra mattina e pomeriggio, sei studiosi ed esperti si sono avvicendati con interessanti interventi riguardanti usi e costumi gastronomici del Natale Vittoriano. Sono venuta così a scoprire che le tradizioni natalizie britanniche, nel nostro immaginario vetuste e consolidate ormai da secoli, sono in realtà una creazione tutta ottocentesca e borghese. 
Il gusto romantico per il medioevo e la semplicità del passato, in reazione alla frenetica e progressiva industrializzazione, e certa letteratura del tempo, da George Eliot a Emily Bronte a Charles Dickens, hanno contribuito a creare alcuni miti e identificazioni con il Natale che sopravvivono fino a noi.
Sicuramente l’invenzione più illustre è stata il Christmas Pudding.
xmas plum pud 
Derivato da un antenato del XVIII secolo, il plum pudding, questo dolce di natale sembra riprendere anche gli ingredienti e le particolarità di un’antica torta inglese, la 12th Night Cake.  La 12th cake sembra sia stata creata nella Francia medievale per celebrare l’Epifania e che sia giunta poi in Inghilterra per essere gustata nel periodo compreso tra il 6 gennaio (la dodicesima notte dal Natale) e il mercoledi delle ceneri. Questo dolce prevedeva l’inserimento di un fagiolo e di un pisello secchi nella base dell’impasto. Chi avesse trovato i legumi nella sua fetta di torta, sarebbe divenuto rispettivamente il re o la regina della serata e avrebbe potuto dirigere il resto della compagnia in frizzi e lazzi o penitenze. La tradizione fu trasferita dai vittoriani nel Christmas Pudding con l’inserimento di vari oggetti,  tra cui uno scellino d’oro, un bottone di gilet da scapolo, un ditale d’argento da zitella e cosi via.
A rendere il Christmas Pudding il dolce natalizio per eccellenza hanno sicuramente contribuito due illustri personaggi: Charles Dickens e Mrs Beeton.
Memorabili restano le pagine del racconto "Canto di Natale", in cui Dickens descrive il pudding della signora Cratchit come un dolce fermo e pieno come una palla di cannone, che, appena tolto dal panno, profuma di dolce e di bucato e appare in tavola fiammeggiante, per la gioia di tutta la famiglia. 
D’altro canto, Isabella Beeton, autrice nel 1859 di un manuale di cucina ed economia domestica, ristampato, in versione più o meno anastatica, fino ai nostri giorni e considerato una bibbia della gastronomia (un pò come il nostro Artusi), cita il Christmas Plum Pudding quale dolce delle festività, e, nell’indicazione della stagione, lo ascrive proprio al 25 dicembre.
 
Il Christmas Pudding della Signora Beeton
 
Modo.—Togliere i semi e sminuzzare le uvette; lavare e asciugare i mirtilli, e battere finemente il grasso di rognone. Tagliare le bucce candite in fettine sottili e grattugiare il pane raffermo. Quando tutti questi ingredienti saranno pronti, mescolarli in una terrina con due uova sbattute e il brandy. Amalgamare bene e pressare il pudding in uno stampo imburrato; legare il tutto fermamente con un panno infarinato e bollire per 5 o 6 ore. Il pudding può essere bollito in un panno senza lo stampo e richiederà lo stesso tempo di cottura. Poiché il Christmas pudding è preparato con alcuni giorni di anticipo, quando sarà ora di portarlo in tavola andrà tuffato in acqua bollente e bollito per 2 ore; poi adrà servito con una salsa al brandy. Un rametto di agrifoglio è posto di solito al centro del dolce e un bicchiere di brandy viene versato sul pudding e infiammato al momento di servire.

In stagione:  il  25 di dicembre ed in varie occasioni festive, fino a marzo.

(The Book of Household Management, cap. 27, 1861)

xmas pudding 

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1^ Domenica d’Avvento

advent calendar
E anche dicembre è arrivato, con la pioggia, il buio alle 4 del pomeriggio, i mercatini di Natale, le cene e i drinks, lo shopping frenetico, i dolcetti ipercalorici, le luci colorate…Ho tirato fuori gli addobbi e l’alberino dell’anno scorso e poi ho comprato un calendarietto dell’Avvento che mi piace tanto, perché con i suoi colori vivaci e i numerini scritti piccolissimi mi dà più gusto nel cercare la finestrella da aprire. Per il resto, come dicevo, piove e tira un ventaccio freddo, condizioni meteo che rendono quasi stoico l’andare in giro per mercatini e simili. Col berretto calcato in testa e la sciarpona di pura lana nepalese comperata al negozietto vintage di fiducia, mi sono avventurata fino in SE10 per dare un’occhiata alle bancarelle e, soprattutto, godermi al calduccio un tradizionale Sunday Roast (visto che non mi capita spesso di non lavorare di domenica). La scelta è caduta su The Plume of Feathers, uno dei pochi pub tradizionali rimasti nella zona (negli ultimi anni ci sono state molte chiusure e/o pessime ristrutturazioni, senza un minimo di rispetto storico-architettonico, basti vedere cosa hanno fatto recentemente al pub davanti alla stazione di Greenwich). The Plume of Feathers, al numero 19 di Park Vista, è un dignitoso locale a ridosso del parco, che pare risalga al 1691, anche se la veste è per lo più vittoriana, come si evince dall’esterno in tipiche piastrelle verdi. C’è un bel caminetto, l’arredamento d’epoca, una pendola, i quadri con i velieri, i vetri colorati alle finestre con l’insegna di San Giorgio, la musica non è troppo alta, e il confortevole spazio attira una congerie di clienti abituali ed occasionali, conditi a volte dalla presenza di qualche turista. Il lauto pranzo domenicale consisteva in Roast Loin of Pork with Apple Sauce and cracklin (incluse le immancabili verdure, lo yorkshire pudding e il gravy) e per dessert un bel Bread and Butter Pudding with Custard.
Una giusta zavorra per non volare via ^_^ e abbastanza carburante per permettermi di ritornare in SE4 a piedi, gustarmi un italico e casalingo espresso e poi poltrire beatamente sul divano, al riparo dalle intemperie, con i giornali e la musica.
sciarpa nepaleseplume of feathers
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Anch’io mi son data alla cucina…

Piove e fa freddo in Albione. 
E’ fine agosto, ma sembra novembre. 
Chi si lamenta, chi, infischiandosene dell’”impronta al carbonio”, prende un aereo e scappa al caldo del Mediterraneo, chi si veste a strati, chi accende il riscaldamento, chi si rassegna, chi non si dà per vinto, chi, in SE4, si cimenta nell’antica arte delle marmellate, come da manuale anglo del 1934. 
Le quantità delle ricette sono in lb. e oz. e
per 1 lb di frutta, ci vogliono circa 14 oz. di zucchero.
Io ho fatto a occhio, perchè mia mamma mi ha insegnato così.
Voi, fatevi pure la conversione da misure angle a continentali.

Marmellata di Lamponi e Ribes
(il libro dice che la raspberry jam is much improved by the addition of red currant)

Prima di tutto, fate una passeggiata sotto la pioggia per andare al farmers’market o al seinsburi a comprare la frutta che necessita.
Poi piazzate due o tre barattoli e relativi coperchi a sterilizzare in una pentola piena d’acqua (il tutto deve bollire per almeno mezz’ora). Mentre i barattoli borbottano nella pentola, voi laverete i frutti rossi et rimuoverete eventuali rametti o picciuoli. Metterete poi i lamponi, il ribes e una mela a pezzetti in una pentola e, a fuoco basso, rimesterete per un pò. Aggiungete infine lo zucchero e cuocete la marmellata, la quale deve bollire fino al disfacimento dei frutti di bosco e al raggiungimento di una giusta consistenza [vedi test del cucchiaio di legno e del piatto di ceramica].
Mentre la marmellata ribolle diabolica come lava del Vesuvio o dell’Etna, i barattoli tintinnanti dovrebbero esser pronti. 
Datevi da fare con l’operazione “travaso”. Aiutandovi con un mestolo, cercate di non spiattellare marmellata in giro, ma di accomodarla negli appositi barattoli. Chiudete e capovolgete i vasetti, lasciandoli così fino a quando non si siano freddati e possano essere presi in considerazione per il tocco finale.
Incollate dunque una bella etichetta esplicativa, e, se siete in vena creativa, fate pure il vestitino al tappo, aiutandovi con un disco di stoffa ed un elastico.
Conservare in luogo asciutto, al riparo dalla luce.

marmellata di lamponi