Brexit: riflessioni del giorno dopo

Fonts: Domenico Rosa per Il Sole 24 ore

Fonts: Domenico Rosa per Il Sole 24 ore

Ho aperto questo blog nove anni fa (ne sostituiva un altro, dallo stesso titolo, creato agli esordi della mia avventura londinese, nel 2004, dove abbozzavo pensieri vari). Gli ho dato il nome del quartiere dove abito, che negli anni è divenuto casa. Il blog, invece, si è trasformato: meno diario e più contenitore di articoli e recensioni. Del resto, i siti, portali e blog di italiani a Londra, si sono via via moltiplicati, e io sono stata ben contenta che la discussione si allargasse, e chi fosse appena arrivato o stesse per arrivare, potesse trovare riferimenti e consigli pratici (che non è mai stato il mio scopo). Sono passati 12 anni e mi sono integrata, pur restando italiana e cittadina europea. Il mio passaporto EU era sufficiente, i servizi di cui ho usufruito, saltuariamente, nel tempo, non mi sento di averli “rubati” perché ho sempre pagato le tasse e non ho mai chiesto un pound di benefits. Ho studiato in un’università inglese, ho ottenuto una qualifica professionale nella City e ho lavorato per istituzioni culturali britanniche, con i miei soli meriti, capacità e soldi. Non sempre ho dovuto sborsare: grazie ai fondi stanziati dalla tanto denigrata EU, ho potuto seguire, gratuitamente, un corso di inglese, per conseguire il diploma IELTS, e vari corsi di business per piccole imprese. Dopo una campagna elettorale demonizzante e bigotta, si è arrivati alla Brexit e io mi ritrovo oggi “extra-comunitaria” e consapevole di non essere gradita al 51% di questo Paese. Per fortuna, abitando a Londra, ho incontrato ed incontrerò solo una piccola percentuale di questi individui, ma tant’è, ho potenzialmente meno diritti di prima. Sono qui da tanto e non ho remore o impedimenti nel chiedere di essere naturalizzata. Se io mi ritrovo “aliena”, un 48% di persone, per la maggior parte sotto i quarant’anni, si sono risvegliate alienate dal proprio Paese. Mi dispiace per loro, e per moltissimi miei amici e colleghi. Londra è sempre stata un magnete, anche quando io ero adolescente, i voli erano proibitivi, ed il Regno Unito era segnato dal liberismo della Thatcher (che, ricordiamolo, fu strenuamente anti-europeista), gli scioperi dei minatori, la guerra delle Falklands e gli attentati dell’IRA. Non sarà la fine. Tuttavia, per tanta gente che ho incontrato in questi anni, è come se il British Empire non fosse mai tramontato, e questo rigurgito di “splendid isolation” non mi sorprende affatto. Mi preoccupa però il serpeggiare trionfante di certe destre xenofobe e populiste, la guerra dei poveri fomentata da divisioni ed ineguaglianze, e il rifiuto di vivere ed accettare un ventunesimo secolo sempre più globalizato, con tutto il buono e cattivo che questo implica. È presto per sapere come andrà e non mi improvviso economista, avendo dedicato i miei studi alla storia e all’arte. Sicuramente accordi verranno fatti per rendere lo strappo meno doloroso. Il processo sarà molto più lungo di quello che si pensa e gli stessi Brexiteers ne ignorano le conseguenze (anche se, pare, alcuni si siano già pentiti di aver votato Leave). Staremo a vedere…

Il sabato del villaggio

Jubilee_cupcakes_©LondonSE4Si respira un’aria strana, questo sabato, in SE4. C’è attesa, silenzio, bandierine, odore di barbecue e l’inconfondibile profumo dei cespugli di rose tutti fioriti. Molti sono andati via, approfittando dei 4 giorni di ferie. Non si odono macchine, sterei, bambini giocare a pallone. Chi è rimasto starà organizzandosi per la giornata di domani e quelle a venire. E’ il Giubileo di Diamante, 60 anni di regno di Elisabetta II, da festeggiare negli street parties, al pub o con amici. La sovrana campeggia dalle prime pagine dei giornali fuori dal supermarket, bimbetti si aggirano sventolando l’union jack, massaie organizzano in cucina le scorte per la scampagnata di domani. Il tempo sembra reggere, per ora. Anche se non fa più caldo come prima e ogni tanto scende qualche goccia di pioggia. Si va al Broca cafè a fare colazione. E’ quasi deserto, ma sempre accogliente, con quella congerie di mobilio raccattato, i divani con la lampada del nonno, i libri da prendere in prestito, le tazze e i piattini tutti diversi, un po’ vintage, un po’ seconda mano. Alla solita, generosa offerta, di muffins, torte e croissants, oggi si accompagnavano delle meravigliose Jubilee Cupcakes, che non avrebbero affatto sfigurato su un vassoio regale, in quel di Buckingham Palace.  La tappa successiva è stata poi immergersi nei colori e negli aromi del Brockley market. Un mercato piccolo, ma soddisfacente, che si svolge ogni sabato mattina. Vi si può trovare tutto il meglio dei prodotti della campagna del Kent, dalle verdure, alla frutta, dai latticini alle carni, al pesce, per passare alle conserve, al miele, alle marmellate.

Brockley_Market_©LondonSE4Tra le bancarelle spicca qualche nota estera accattivante (salsicce francesi, formaggi spagnoli, panini con la lingua dall’Italia) mentre l’aria si riempie dei fumi e degli aromi di gustoso take away cucinato da produttori di zona. Qua e là si intravedono mazzi dell’ultimo rabarbaro di stagione, con cui fare torte e confetture. Si gironzola e si pilucca qualcosa (la marmellata al ginger, il formaggio di capra, l’insalatina selvatica, le olive), mentre la borsa di tela si riempie di quello che necessita. Poi si va al parchetto deserto, a fare l’antipasto, prima di tornare a casa a cucinare dei Diamond Jubilee Special burger, biologici e saporiti.

Estate Inglese

Hilly Fields © LondonSE4Venendo da una latitudine diversa, ero abituata al concetto di estate come stagione caratterizzata da sole e caldo stabili, con picchi di temperature sopra i 30 gradi nei mesi centrali. Da quando abito in terra angla, il concetto di estate è applicabile al calendario. L’unico elemento stabile, sono le ore di luce, che, superando ogni aspettativa, regalano crepuscoli ben dopo le nove di sera. Per quanto concerne il sole e le temperature, tutto è molto incerto e instabile. Più che di estate, siamo abituati a parlare di mini estati, anzi, di mini heath waves, come le chiamano qui. Si tratta di felici (brevi) parentesi, in cui le isole britanniche beneficiano di sole e calura molto simili a quelli delle spiagge spagnole, portoghesi e italiane. Niente di estremo, al massimo si può arrivare ad una trentina di gradi. Però basta a far tirare fuori dall’armadio pantaloncini, sandali e occhiali da sole, organizzare barbecue fuori programma nel giardino di casa. C’è gente che senza scomporsi va in giro praticamente in mutande, e l’euforia da clima estivo fa dimenticare ogni minima precauzione, per cui individui dalla pelle candida restano esposti al sole senza protezione per ore, assumendo una colorazione rosa fucsia! I quartieri si animano di nonnette col cappellino, sbirrazzamenti all’aperto, signorine dai fianchi generosi vestite come in spiaggia, braciolate fumose, gelati sintetici.
Chi se lo può permettere, scappa al mare. Sabbie non ce ne sono, a parte qualche tratto di costa, quindi ci si stende sul ghiaione o si affitta una sdraio. I gabbiani svolazzano come avvoltoi, mentre le famigliole si avventano su gelati o fish and chips. Per chi resta in città, il parco è lo scenario della mini estate inglese. I bambini giocano con le fontane, gli adulti sonnecchiano all’ombra dei platani. Il parco di SE4, Hilly Fields, è la mia ‘spiaggia’ da quando abito a Londra.
Hilly Fields, fu acquistato dal London County Council e destinato a parco pubblico nel 1896, in seguito ad una campagna lanciata dalla Commons Preservation Society e volta ad assicurare uno spazio verde agli abitanti del quartiere. I residenti e i frequentatori del parco si sono anche riuniti in un’associazione, che si prende cura dell’area e organizza eventi. A Hilly Fields ho preso il sole, meditato, letto romanzi, saggi, giornali, riviste, ascoltato musica, fatto il pic nic… Sul mio asciugamano si posavano coccinelle, cadevano petali di ippocastano, il vento parlava attraverso i rami degli alberi. A volte, i giardinieri del comune arrivavano con le loro macchine falciatrici a tagliare l’erba del prato tutta intorno a me, senza minimamente chiedermi di alzarmi e/o spostarmi, e così restava un’oasi di fresca verzura e margheritine, in un vasto mare spelacchiato.
Le mini heath waves – lo si intuisce dal nome – non sono mai destinate a durare. Ben presto ritorna la pioggia, ci si rimette la giacca, le temperature scendono sotto i venti gradi. Mentre molti abbandonano la metropoli, beneficiando di un lungo weekend di vacanza per il Giubileo della Regina, la Union Jack svolazza ovunque, tra riproduzioni di corgi e corone, e la gente, preparando cupcakes, pimms e manicaretti, guarda in su, nel cielo tornato ormai grigiastro, sperando che il tempo non guasti la festa, bagnando le tavolate all’aperto e il vestito di Sua Maestà.

Caffè a sud di Londra

Browns_of_Brockley©LondonSE4Per chi arriva in SE4 con il treno o l’overground, all’uscita dalla stazione si troverà in Coulgate Street, proprio di fronte ai più vecchi cottages del quartiere, databili al 1833 ed associati alla Rivoluzione Industriale e alla costruzione di un canale, che collegava Bermondsey a Croydon (tracciato in seguito riempito e rimpiazzato dalla ferrovia). In una di queste casette, è alloggiato il Browns of Brockley, un piccolo locale, che si è già conquistato una certa fama, per essere capace di servire il miglior caffè South of the River. Effettivamente, il caffè è eccellente, fuoriesce da una macchina La Marzocco e vi arriva al tavolo alla temperatura giusta (bevibile, all’italiana, non rovente, come si usa qui). Il latte, che è fresco di giornata, selezionato direttamente dal farmers’ market, impreziosirà il vostro cappuccino, flat white o moka, con una schiuma densa e vellutata. L’arredamento è molto semplice, tuttavia accogliente e ben studiato, considerate le dimensioni minime del locale. Pareti bianche, un lungo tavolo di legno, alcuni sgabelli per sedersi in vetrina, scaffali animati da barattoli di  marmellate ed altri prodotti, un comodo divano sul fondo, con riviste da sfogliare, un filare di mollettine lungo il muro, su cui gli avventori possono agganciare eventuali annunci. Immancabile, poi, il vaso di fiori selvatici, sempre freschi e ben arrangiati. Per supplire alle dimensioni contenute, è stata aperta anche un’area al piano di sotto, e c’è il wi-fi gratuito. Alla varietà di caffè e bevande calde e fredde, si aggiungono una buona scelta di spuntini, sia dolci che salati, e un’atmosfera rilassata ed informale. La clientela è costituita soprattutto da creativi, armati di portatile, carta e penna, o, a volte, persino di moleskine e acquerelli, a cui non dispiace sedersi fianco a fianco, per condividere il tavolo e lo spazio di lavoro. La musica, mai assordante, spazia tra generi diversi, ed è possibile acquistare miscele selezionate di caffè in grani. Il proprietario e lo staff sono sempre molto cordiali e, alcuni giovedì sera, il locale resta aperto fino alle 23, proponendo una gustosa selezione di pizze cotte al forno a legna e birre locali, il tutto tra musica e lumi di candela.

Browns of Brockley
5 Coulgate Street
SE4 2RW – Londra

Orario: dal lunedì al venerdì, dalle 7.30 alle 18.00;

sabato dalle 9 alle 17;  domenica dalle 10.00 alle 16.00.

La neve a Londra, again…

snow_in_the_garden ©LondonSE4

Every branch big with it,
Bent every twig with it;
Every fork like a white web-foot;
Every street and pavement mute.

Thomas Hardy – Snow in the Suburbs

E’ caduta di nuovo, nella notte. Non molta, giusto due dita. Come una spolverata di zucchero a velo su un dolce di altri tempi. Un velo caduto sulle cose là fuori a renderle magiche ed immacolate. Quanto bastava per sorprendermi, ancora assonnata, mentre scostavo le tende per lasciare entrare la luce del mattino. Come ogni altra città, all’indomani di una nevicata, Londra appare più bella. Ma SE4 imbiancata acquista un tono romantico particolare, da dagherrotipo.
Questo posto finisce sempre per colpire irrazionalmente l’immaginario emotivo che è dentro di me. Sarà per i profili vittoriani delle case, sui cui tetti pesa un cielo lattiginoso e compatto, per i mews abbandonati che attraversano il quartiere come fenditure di ciottoli divelti, oppure per quei vecchi giardini dai rami nudi e dalle siepi intricate, dove gli alberi da frutto restano ancora sospesi come grucce nel sonno dell’inverno e i pettirossi rompono il silenzio modulando un canto dolce e lontano…

La neve anche a Londra

snow in london 2012

Alla fine è venuta giù, silenziosa e costante, per tutta la notte. Come sempre, la neve a Londra è uno spettacolo, un po’ magico, più spesso inquietante, per i disagi che crea ad una metropoli sempre di corsa. Questa volta, però, il comune non si è fatto trovare impreparato. Il sale era stato sparso per tempo, circolavano gli autobus e persino i treni, con impercettibile ritardo. Nonostante la bronchite, ho sfidato il gelo per andare a scattare delle foto dall’Hungerford Bridge. Di domenica mattina la città era ancora infreddolita e assonnata, e giravano pochissime persone: sparuti turisti, fotografi professionisti con cavalletto ed irrinunciabili sportivi, corrucciati e di corsa lungo il southbank.

Di ritorno in SE4 sono rimasta colpita da un fenomeno strano.

face in the snow

Nella neve che ricopriva Ashby Road, ho intravisto le linee sinistre di un volto. Non erano frutto di intervento umano, erano proprio delle fenditure nel manto nevoso, del tutto naturali. Ho scattato una foto. Mi sono venute in mente tutte le storie di fantasmi di Brockley, il cavaliere con il tricorno, la faccia demoniaca, la fanciulla Rosalie e le sedute spiritiche di Harry Price in Wickham Road. Coincidenze?

W/E in South-East London

Dopo alcuni giorni di temperature rigidamente invernali e tempo pazzesco, il sole è tornato a splendere clemente anche a queste latitudini. Il week end appena concluso mi ha visto poltrire con i giornali del sabato, risvegliarmi la domenica con l’intenzione di vedere una mostra in centro, rinunciare alla suddetta per biglietti sold out e approfittare, invece, per una bella passeggiata in quel di Dulwich Park, un vero gioiello di giardino tardo vittoriano, con tanto di ponticelli, laghetto e paperelle.
A suggello della bella passeggiata domenicale, inondata di sole, ha fatto seguito il tradizionale Sunday Roast con gli amici al The Montague Arms Pub.
Il locale in questione è una delle pietre miliari di quest’area. Visto da fuori è un edificio vetusto, scalcinato e poco invitante, con un cartello del quale ho sempre riso, che recita “Tourists Welcome!”
Beh, i tourists in questione farebbero bene a fermarcisi per una birra, l’interno del pub è una menagerie di chincaglierie e animali impagliati, non so se avete presente quei lugubri trofei di caccia che i bisnonni angli appendevano fieri in salotto: cervi, stambecchi, un coccodrillo volante e perfino una zebra, tutti con targhetta e data (ante 1925)!
montague arms pub
A questi capolavori di tassidermia, si aggiungono vari relitti di epoca vittoriana. Si spazia dalle pentole ai modellini di navi, dalla tazza di gabinetto in ceramica a fiori blu allo scheletro da old operating theatre, dalle suppellettili marinaresche a mezzi di trasporto vari, come una carrozza tipo Brougham e un Penny Farthing giallo. 
Tralasciando l’arredamento e concentrandosi sulla sostanza, posso dirvi che il Sunday Roast è ottimo, abbondante e di qualità, a prezzi competitivi. Si può scegliere tra pollo, manzo, agnello e maiale, tutti accompagnati da un generoso contorno di verdure. Per chi ama il pesce, ci sono la trota (intera) e gli scampi. E per i vegetariani, non sia mai, ben 3 opzioni diverse. Nel prezzo del Roast è incluso anche il dessert, strudel o un altro tipo di torta, e le porzioni sono soddisfacenti.
Parafrasando il commento entusiasta di uno degli avventori, The Montague is a very surreal drinking [and eating] experience, which makes you proud to live South of the River!

8 Marzo in SE4

meeting suffragette se4
Questo che vedete è un volantino, conservato al Museum of London, che avvertiva di una riunione del Women’s Social and Political Union (WSPU) nei locali adiacenti la chiesa presbiteriana di SE4, il 25 marzo 1909.
Il WSPU, movimento fondato nel 1903 da Emmeline Pankhurst, intendeva sottolineare con questo meeting l’avvenuto rilascio dalla prigione di Holloway di Caroline Townsend, una suffragetta del quartiere.
Caroline era stata arrestata e imprigionata per un mese perché aveva preso parte ad una protesta in difesa dei diritti delle donne davanti alla House of Commons a Westminster.
Le suffragette furono molto attive in SE4 tra il 1907 e 1914, e utilizzarono regolarmente per i loro incontri anche l’ameno parchetto di Hilly Fields.
La maggior parte della stampa attaccava il movimento e considerava le manifestanti mad, bad and dangerous to know. Tuttavia, alcuni giornali, come il locale Lewisham Borough News, pur criticando gli estremismi e certe tattiche del WSPU, si dimostrarono più simpatetici nei confronti dei diritti delle donne al voto.

Natale in SE4

Nonostante la crisi, Londra ci tiene alle sue vetrine addobbate e alle strade illuminate. Però io stavolta non mi soffermerò sulle luminarie di Regent Street o sugli innumerevoli eventi che animano la City. Resto invece in SE4, che di anno in anno si fa più propositiva, grazie alle iniziative di gruppi, artisti e privati.Innanzitutto un’idea originale. Un calendario dell’avvento da scoprire giorno per giorno nelle strade del quartiere. Il progetto, a cura della cooperativa Tea-Leaf Arts, utilizzerà le vetrine di diversi esercizi commerciali di SE4 come display per opere d’arte realizzate sul tema del regalo. Ogni giorno, fino a Natale, ci sarà dunque una nuovo tassello da scoprire e tutte le opere site-specific resteranno in visione fino al 5 gennaio 2010. L’ultima vetrina dell’Avvento, il 24 dicembre, sarà quella della galleria stessa, e saranno offerti mulled wine e mince pies, dalle 14 alle 17.
Fino al 3 gennaio è in cartellone al Brockley Jack Theatre una meravigliosa versione di “A Christmas Carol” di Charles Dickens.
Adattata per il teatro da Neil Bartlett e diretta da Kate Bannister, la produzione si avvale di un cast di validi attori, tra cui un convincente Toby Eddington nella parte dell’odioso Ebenezer Scrooge. Per circa due ore sarete catapultati nella Londra vittoriana e riuscirete a carpirne ogni sfumatura, dalle fioche luci delle lampade a gas ai vapori del Christmas pudding. Per questa produzione vale di sicuro la pena lasciare le vie rutilanti del West End e fare un salto al sud del fiume. Il teatro fa parte dell’omonimo pub, dove potrete cenare prima dello spettacolo o semplicemente bere una pinta.

Tema: Nel mio quartiere son quasi tutti artisti

chat noir

Mi piace girovagare per le stradine secondarie, è una cosa che ho sempre fatto, anche quando ero in Italia.
Nelle strade sul retro ci passa meno gente, ma ci sono scorci interessanti, sorprese ad ogni angolo, la giusta solitudine per riflettere, al ritmo dei propri passi.
Poi può anche capitare che tra due cespugli di trifoglio, salti fuori un gatto nero.
Che non si muove, perché è dipinto a "trompe l’oeil".
Un gatto che imperturbabile resterà a spiare passanti, farsi abbaiare contro dai cani, sbiadire lievemente alle intemperie, senza mangiare e senza miagolare, così, stupefatto, sulla soglia dell’irreale.