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Meteora

flat eric

Vi ricordate Flat Eric?

Era un pupazzo giallo, molto simile ai Muppets, che sapeva muoversi ad arte al ritmo del Flat Beat di Mr Oizo.
Verso la fine degli anni ’90 aveva avuto un enorme successo, grazie alla pubblicità di una nota marca di jeans.
London SE4 lo ha scovato per voi, all’uscita della metropolitana di Highbury & Islington, in un assolato pomeriggio di marzo.
Flat sedeva allegramente tra un banco di fioraio e un pub.
Ci è sembrato in buona forma.
Voi che ne dite?

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Natale in SE4

Nonostante la crisi, Londra ci tiene alle sue vetrine addobbate e alle strade illuminate. Però io stavolta non mi soffermerò sulle luminarie di Regent Street o sugli innumerevoli eventi che animano la City. Resto invece in SE4, che di anno in anno si fa più propositiva, grazie alle iniziative di gruppi, artisti e privati.Innanzitutto un’idea originale. Un calendario dell’avvento da scoprire giorno per giorno nelle strade del quartiere. Il progetto, a cura della cooperativa Tea-Leaf Arts, utilizzerà le vetrine di diversi esercizi commerciali di SE4 come display per opere d’arte realizzate sul tema del regalo. Ogni giorno, fino a Natale, ci sarà dunque una nuovo tassello da scoprire e tutte le opere site-specific resteranno in visione fino al 5 gennaio 2010. L’ultima vetrina dell’Avvento, il 24 dicembre, sarà quella della galleria stessa, e saranno offerti mulled wine e mince pies, dalle 14 alle 17.
Fino al 3 gennaio è in cartellone al Brockley Jack Theatre una meravigliosa versione di “A Christmas Carol” di Charles Dickens.
Adattata per il teatro da Neil Bartlett e diretta da Kate Bannister, la produzione si avvale di un cast di validi attori, tra cui un convincente Toby Eddington nella parte dell’odioso Ebenezer Scrooge. Per circa due ore sarete catapultati nella Londra vittoriana e riuscirete a carpirne ogni sfumatura, dalle fioche luci delle lampade a gas ai vapori del Christmas pudding. Per questa produzione vale di sicuro la pena lasciare le vie rutilanti del West End e fare un salto al sud del fiume. Il teatro fa parte dell’omonimo pub, dove potrete cenare prima dello spettacolo o semplicemente bere una pinta.
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Bloomsbury 1759

Numerosi eventi che ebbero luogo nel 1759 concorsero a stabilire Bloomsbury come uno dei piu’ importanti distretti culturali di Londra. In quell’anno, grazie al contributo del collezionista Sir Hans Sloane, il British Museum fu aperto al pubblico. Sempre nel 1759 moriva Georg Friedrich Handel, celebre compositore nonche’ cofondatore del Foundling Hospital.
In questi giorni, una mostra gratuita esplora la vita e i tempi dei residenti piu famosi di Bloomsbury, mediante immagini ed informazioni esaustive. La mostra, aperta fino al 24 gennaio, dalle 11 alle 16, è allestita negli spazi del fu Imago Mundi, uno degli storici negozi di Museum Street che hanno chiuso i battenti negli ultimi dodici mesi (tra essi ricordiamo quello di stampe e libri antichi di Michael Finney, la libreria di Anthony Roe and Deana Moore, il Fine Books Oriental e il pregevole Ulysses Bookshop, scomparso assieme al suo proprietario, il poeta e bibliofilo Peter Joliffe).
La mostra fa parte di una serie di iniziative organizzate tra gennaio e febbraio 2009 dalla Bloomsbury Association, assieme al St Georges Bloomsbury, alla Situation Opera e allo storico Ian Foster, con il supporto del British Museum e dell’University College.
Se la piccola esposizione vi ha affascinato,  basterà attraversare la strada per una visita gratuita al British Museum, dove, nella sala dedicata all’Illuminismo, alcune teche racchiudono oggetti curiosi collezionati da Sir Hans Sloane, tra cui un raccoglitore di esemplari naturali (semi, frutti, cotrtecce, radici e resine) e alcune calzature provenienti dall’oriente (India, Cina, Giappone e Turchia).
Avventurandosi poi verso Brunswick Square, per la modica somma di 5 sterline, potete concedervi una visita al Foundling Museum, dove non solo conoscerete la storia del Foundling Hospital, il primo orfanotrofio londinese, ma potrete anche visitare una mostra speciale dal titolo Handel the Philanthropist.
Handel era un benefattore del Foundling Hospital, dove era solito dare performances del Messia per raccogliere fondi  La mostra si concentra sulle attivita’ caritatevoli del compositore, fornendo anche dei paralleli tra la vita nel XVIII secolo e quella dei nostri giorni. Per finire, il 7 febbraio, nella chiesa di St George, progettata dall’architetto del barocco inglese Nicholas Hawksmoor, la Situation Opera condotta da Nick Newland, riprodurra’ la prima originale del Messia di Handel, cosi come fu presentata a Dublino nel 1742. Il concerto iniziera’ alle 5.30 e nelle 15 sterline di ingresso e’ compreso un piccolo rinfresco.
 
Imago Mundi
40a Museum Street, London WC1A 1LU

 

The British Museum
Great Russell Street, London WC1B 3DG

The Foundling Museum
40 Brunswick Square, London WC1N 1AZ
 
St George’s Bloomsbury
Bloomsbury Way, London WC1A 2HR

 

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J&MC

and the way you are

sends the shivers to my head



you’re going to fall you’re going to fall down dead… 

I Jesus & Mary Chain debuttarono poco più che ragazzini, nel 1985, con un disco rivelazione, PSYCHOCANDY, il quale conteneva la famosa Just Like Honey e vari altri brani pieni di distorsioni e molesti feedback. Quell’album fu acclamato dalla critica e ricordo una similitudine che recitava pressapoco così “una maestosa fortezza di rumore, che una volta scalata conduce a panorami di insolita bellezza”. Fu subito amore, io teenager ribelle, e loro, bambini scozzesi che giocavano a fare i maledetti, con le loro facce imbronciate sotto una difensiva massa di capelli scompigliati e le guance tenere, ancora segnate da foruncoli adolescenziali. Nei dischi che seguirono, i muri della fortezza di rumore si andarono via via abbassando, mentre dal vivo i fratelli Reid e Bobby Gillespie, che poi avrebbe fondato i Primal Scream, non si prodigavano altrettanto. Tra la furia della loro acerba sfrontatezza e i fumi di alcool e additivi, le performances erano caratterizzate da rumore, brevità e risse sul palco. Tuttavia io non ebbi mai la chance di assistere a questi eventi, perché l’unica data italiana, me lo ricordo ancora, fu a fine agosto 1987, ad Umbertide, ridente cittadina umbra, a 200 km da Roma. Insomma, per farla breve, sono passate due decadi da quell’estate e tante cose sono cambiate. I ragazzini delle foto in bianco e nero si sono fatti adulti, con qualche ruga, meno capelli e una famiglia da mantenere. Però, anche se le intemperanze di gioventù sono un capitolo chiuso, non hanno perso la grinta, e nemmeno i fans, le cui fila si sono accresciute di nuove leve.
E’ bastato dunque collocarsi a debita distanza dal palco, quanto bastava per non mettere a fuoco i segni del tempo, e il 1987 non m’è sembrato più così lontano…

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Down came the rain, but nothing will change…

killing moon

La parentesi romana si è conclusa… anche l’estate. Qui in terra angla si respira l’odore dell’autunno e fa anche un pò freddino. E il sole è un optional. Si parlava ieri delle strane sensazioni a fior di pelle, una vacanza come tante che l’hanno preceduta, da cui non ci si aspettava nulla o quasi, e che però ci ha cambiato. Possono essere stati paesaggi montani di purezza sorprendente o uno scenario barocco da riscoprire, semplicemente, camminandoci dentro; la rivelazione è avvenuta in sordina, come la goccia che scava la roccia, attraverso il ritmo lento dei passi, la gamma di colori dimenticati, il sole che accarezza la pelle e il viaggio nella solitudine che si fa presenza, di noi stessi. E poi si torna a Londra, alla vita frenetica, al clima incerto da recessione, ai pendolari che corrono senza posa tra lavori che saltano, alla quotidianità stravolta, fatta di facce e ritmi che dovrebbero essere gli stessi di dieci giorni fa, ma in fondo al cuore sai che non è così. E, tuttavia, la sola cosa da fare è tuffarsi in questo mondo asincrono, coglierne le opportunità cercando di non farsi prendere da quella frenesia malata, anche se è un proposito destinato al fallimento. 
L’unica cosa che conta è restare fedeli a se stessi, pur nei cambiamenti e nelle evoluzioni.
Così mi sono ritrovata a filosofeggiare, tra una pausa e l’altra del concerto dei Bunnymen alla Royal Albert Hall. Sul tempo che passa, sui prodotti musicali che oggi si divorano in un nanosecondo, mentre ieri un album durava si e no 45 minuti e lo ascoltavi attentamente, lo metabolizzavi consumandone i solchi. Ho visto scorrere bellissime immagini in bianco e nero di una gioventù piena di promesse, e sul palco quello che rimane di un ventennio di tempeste e battaglie. 
Sarà che io i concerti rock seduta in piccionaia proprio non riesco a concepirli… però so che se fossi stata sotto al palco, testimone del decadimento della gioventù di cui sopra, mi sarei sentita peggio. 
"Evergreen…"
 
 bunnymen
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Ridiamoci su…

underground

A meno di una settimana dal ferragosto, il tempo è autunnale. Per la nota legge della nube di Fantozzi, piove sempre nei miei giorni liberi. Ma poteva andar peggio, avrebbe potuto esserci lo sciopero della Tube, che invece è stato revocato. Girovagando in rete, per vincere il tedio da clima deprimente, ho scovato una simpatica canzoncina, realizzata con anglo sarcasmo dagli “Amateurs Transplant”, un duo di (veri) dottori, i quali devolvono le vendite del loro album alla ricerca sul cancro. Per £9.99 potete fare una buona azione e portarvi a casa delle chicche come Paracetamoxyfrusebendroneomycin, The Menstrual Rag, e il singolo, ormai leggenda, dal titolo London Underground, ascoltabile al seguente indirizzo:

http://www.backingblair.co.uk/london_underground/ 

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5 pound… o anche niente

                                                  £5 or nothing

Perché Londra è la città più cara d’Europa, come si dice. Ma allora, se si è al verde o si fa economia, cosa significa? Che non ci si può divertire, che bisogna restare a casa a guardare la tivvù? Neanche per sogno! Londra offre tantissimo, anche a chi ha scarsi mezzi economici, basta saper cercare. Ad esempio, ci sono un sacco di gallerie private che hanno in programma mostre interessanti e possono regalare un’emozione, a costo zero, tipo le foto surreali stampate diasec di Etienne Clément, con i paesaggi suburbani da thriller e le geishe di plastica colorata. E poi, per sole £5, la musica, quella bella, di qualità, suonata in spazi intimi, pubblicizzata con passaparola, mailing list, volantini o sms di amici. Domenica, al Jamm di Brixton, le note del Seckou Keita Quartet, una felice collaborazione, che mescola assieme melodie e strumenti europei ed africani, tra cui la Kora, arpa-liuto dell’etnia Mandinka. Ieri sera, invece, ruvide note R&B al Cafè Crema di New Cross. I Congregation, un duo che sembra uscito dalle foto bianco e nero degli anni venti, e che ha appena pubblicato il suo primo album, hanno saputo entusiasmare con un live dai suoni furtivi e seducenti, condito dalla struggente presenza vocale di Victoria Yeulet.
 
CREDITS:
 
© Seckou Keita Quartet – Live @ Jamm, 06/07/2008 
 
© Etienne Clément – Green Geisha (Whitecross Gallery) 
 
© Congregation – Live @ Cafè Crema 12/07/2008 

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COmeQuanDOfuOriPIOVE

rainfest
La quiete della mia stanza, e la pioggia contro i vetri… Ma l’estate dov’è?
Sono giorni che piove a catinelle, mi si è rotto l’ombrellino verde, vado in giro con l’ombrello grande di plastica trasparente… e ho ritirato fuori la sciarpa dall’armadio. L’altroieri il giornale diceva di non perdere le speranze, che l’estate non è finita; oggi, invece, propendeva alla rassegnazione e chi vuole il sole, si prenda un aereo. Non sono troppo triste, non è la mia prima estate piovosa in terra angla… mi preoccupano di più tutte le persone che vanno in giro tossendo e starnutendo, quello sì. E poi è la stagione dei festivals. Ce ne sono di tutte le dimensioni e per tutte le tasche, al bagnato e all’asciutto, nei campi e in piazza. Glastonbury, con le tende, il fango e la Winehouse che ciondola sul palco e si accapiglia con i fans è solo l’esempio più illustre. Giovedì scorso grande musica gratis a Trafalgar Square, con il Don Carlo di Verdi in diretta dalla Royal Opera House. Inizialmente diluviava e gli organizzatori, oltre al pratico cuscino gonfiabile, distribuivano simpatici impermeabili usa e getta. Ma poi, fortunatamente, è uscito il sole per un paio d’ore e la serata si è ripresa alla grande. Bisogna essere temerari e partire equipaggiati. Si replica mercoledì 16 luglio, con Le Nozze di Figaro. Suggeriamo di munirvi di ombrello, plaid e picnic. Fra due settimane ci sarà anche il LoveBox festival a Victoria Park. E che sia sole o pioggia, polvere o fango, ci si andrà, senza dubbi, e senza consultare le previsioni meteo. 
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Il Vecchio e il Nuovo

gigs

I giorni si rincorrono uno dietro l’altro, così uguali e così diversi, e cambiano la luce e il sapore alla mia vita.
E’ una rivoluzione lenta, inesorabile, gentile e crudele al tempo stesso.
Una parte di me che se ne va per sempre, rinnovandosi come l’araba fenice, la mente occupata da mille pensieri, che guizzano nervosi come pesci in un acquario, accompagnati da note che scandiscono fermate di metropolitana, rintocchi di orologi alle stazioni, sensazioni fugaci che non riesco a trattenere. La musica, da sempre, è linfa vitale delle mie giornate, colonna sonora dei miei ricordi.
E questo è stato un weekend all’insegna di vecchie e nuove energie, in una Camden che tra modernità e tradizione, sa anch’essa rinascere dalle sue ceneri.
Venerdì sera The CULT al Forum, un cinemino Art Deco, dai fasti imperiali di cartapesta dorata, riconvertito a sala concerti. Sono passati tanti anni, ma la grinta resta. E resisto anch’io, il che non guasta. E in una domenica pigra di pioggerellina che viene giù, trovo anche l’entusiasmo e le energie per raggiungere il nord della città e infilarmi in un famoso pub di Camden, per un’ora di musica dal vivo. The People’s Revolutionary Choir, un nome altisonante per una band di giovanissimi, suoni acerbi e sonorità accertate. Mi diletto a scattare foto e a saltellare, tra amplificatori al massimo ed entusiasmo da ragazzini, un pubblico variegato e la metro subito fuori, pronta ad inghiottire ciò che resta del finesettimana.
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Off the Beaten Track

"Mrs Joe,’ said Uncle Pumblechook: a large hard-breathing middle-aged alow man, with a mouth like a fish, dull staring eyes, and sandy hair standing upright on his head, so that he looked as if he had just been all but choked, and had that moment come to; `I have brought you, as the compliments of the season  ‘I have brought you, Mum, a bottle of sherry wine and I have brought you, Mum, a bottle of port wine’. Every Christmas Day he presented himself, as a profound novelty, with exactly the same words, and carrying the two bottles like dumb-bells. Every Christmas Day, Mrs Joe replied, as she now replied, `Oh, Un – cle Pum – ble – chook! This IS kind!"

Charles Dickens – "Great Expextations" – Chapter 4

 
great expectations 
 
In Uk il mese dell’Avvento non è solo l’attesa del 25 dicembre, con gli addobbi natalizi, le luci e le corse agli acquisti, ma anche un tour de force, fatto di feste, cene, serate al pub, celebrazioni coronate da mince pies e mulled wine. In pratica ogni scusa è buona per riunirsi, soprattutto per bere, talvolta anche mangiare, prima che il Natale stesso porti ognuno a chiudersi nelle sue quattro mura, con i familiari e il tradizionale banchetto. Negli ultimi 10 giorni ci sono stati: il Xmas party ben riuscito dell’amico francese in quel di Forest Hill, la festicciola per i soci dell’Istituto Botanico, il Xmas dinner con gli ex colleghi, le mince pies al Learning Centre dove dò una mano, i drinks dell’agenzia e, domani sera, sarà la volta del famigerato Xmas party al lavoro: due ore di gozzovigli gratuiti, piani alti e bassi democraticamente mescolati al suono di un quartetto d’archi, camerieri in livrea e sorrisi avvinazzati…(non vedo l’ora!)… 

Stasera, invece, per salutarci tra amici nel quartiere, si è deciso di unire i drinks a qualcosa di culturale e ci siamo visti al The Brockley Jack, il pub più antico di SE4.

the brockley jack

Il Brockley Jack, il cui nome originario era "The Castle", esisteva già come locanda di campagna nel XVIII secolo, quando SE4 veniva citata nelle mappe londinesi semplicemente come arable land. Il nome attuale del pub risale al 1863, mentre l’aspetto architettonico si deve ad un rifacimento, avvenuto nel 1898.
Dietro al bar c’è un piccolo teatro, che occupa lo spazio utilizzato in precedenza come sala banchetti. Si tratta di un palcoscenico di dimensioni ridotte, ma funzionale, con luci, effetti sonori e poltrone rialzate. Un fringe theatre, i cui spettacoli spaziano dalla commedia al varietà, ai classici. Il futuro di questo teatro è al momento incerto, infatti il pub, con il nuovo anno, verrà ristrutturato e non si è capito bene se il management abbia intenzione di lasciare lo spazio sul retro così com’è, o spostare tutto ai piani superiori, ma a quel punto i costi ricadrebbero sulla piccola compagnia teatrale, che non è in grado di sostenerli.

Per tornare al presente, questa sera abbiamo assisitito ad una riuscitissima interpretazione, l’adattamento di Great Expectations di Dickens a cura di Hugh Leonard, recitato da una sintetica compagnia di validi attori, diretti da Kate Bannister.

La scenografia, ridotta al minimo, era flessibile e permetteva alla storia di svolgersi in una vivace varietà di luoghi e situazioni, arricchiti da effetti sonori e luci appropriate. La rappresentazione si avvaleva poi di un doppio registro, in cui Steven Alexander (Pip adulto) e la bravissima Bridget Collins (Pip ragazzino) interagivano a meraviglia sia come protagonisti che come voce narrante.

Lo spettacolo resterà in cartellone fino al 5 gennaio. 

Info:
Brockley Jack Theatre,
Box Office: 020 8291 6354, 
Website: www.brockleyjack.co.uk