Oltre il Giardino

oltre il giardinoDa lunedì tutto riapre: musei, teatri, siti storici, fondazioni, cinema, ristoranti,
E’ un segno di speranza, e anche linfa vitale per questo povero blog negletto.
Ho rivisto un paio di amici, che ormai erano diventati degli ologrammi sul mio computer.
Ci siamo trovati a camminare in una città ancora addormentata, sebbene aperta agli avventori e movimentata dal traffico. Abbiamo scoperto di non saper più attraversare la strada.
Mi sono accorta che la mia attenzione nelle conversazioni è divenuta un po’ malferma.
Ogni tanto il cervello si spegne e mi perdo qualche passaggio. Le strade che conoscevo, hanno sensi di marcia diversi, sono pedonalizzate, ciclabili, interrotte dai lavori. Non si può sempre entrare dagli ingressi che davamo per scontati. Bisogna essere attenti e flessibili. Preferisco camminare che prendere i mezzi, prediligo il treno alla metropolitana.
La prossima settimana torno fisicamente al lavoro, da domani ho già due mostre prenotate.
Due mesi fa, subito dopo il mio post dantesco, ho ricevuto la prima dose di vaccino (AZ).
E’ stato rapido, indolore, eppure emozionante. Mi hanno pure dato un’adesivo, come quella medaglia delle elementari che celebrava un dieci in matematica. Qualche linea di febbre in serata, e poi basta. Fra due settimane, il richiamo. Non sarò invincibile, ma, si spera, nemmeno troppo vulnerabile. Meglio che stare rintanati nel guscio, come paguri.
Non dico che tornerò alla normalità, perché è un concetto molto labile.
Tornerò a vivere una nuova prospettiva, facendo le cose di prima in un altro modo (come usare il nuovo editor di WordPress) oppure avendo imparato a farne altre. Soprattutto, essendomi misurata con me stessa, con la mia forza e le mie fragilità.
Poco prima della pandemia avevo letto un bel libro, l’analisi-riflessione di Massimo Venturi Ferriolo, filosofo del paesaggio: Oltre il Giardino.
Ripensare il mondo come un giardino, luogo estetico di contemplazione, in opposizione al consumismo e all’utilitarismo distruttivo.
E proprio il giardino, il parco, l’orto botanico, il cimitero dismesso, l’aiuola di guerrilla gardening, la striscia di terra davanti casa, i vasi sui miei davanzali, i libri di botanica e gli acquerelli per raccontare le piante, le erbe e i fiori, anche quelli cresciuti nelle crepe dei marciapiedi, sono divenuti la mia ancora di salvezza in questo anno complicato.
La connessione, il modo in cui ci relazioniamo con la natura e la sperimentiamo, significa provare una relazione intima o un attaccamento emotivo al nostro ambiente.
In questo anno di separazione, difficoltà e perdite, ho ascoltato attentamente il canto degli uccelli, ho toccato la corteccia degli alberi, ho imparato a riconoscere e disegnare, raccogliendo foglie, petali e bacche, affondando le dita nel terreno per piantate semi e bulbi.
Non è un caso se le ultime ricerche della Mental Health Foundation, hanno individuato nel passare del tempo all’aria aperta uno dei fattori chiave per affrontare lo stress da Covid-19.
Durante la pandemia, il 45% delle persone nel Regno Unito ha affermato che visitare degli spazi verdi,  li ha aiutati a far fronte all’isolamento, alla depressione e all’ansia.
Anche quando tutto sarà aperto, e gli impegni mi porteranno fuori dalle quattro mura di casa, voglio continuare a mantenere questa connessione speciale con la natura.

Quarantena Londinese #6

 

tarassaco rucolaNon ho scritto da un po’ per varie ragioni. 

La prima è che è esploso il boiler (!) e meno male che eravamo in casa, altrimenti, tra alluvione e corto circuito elettrico, forse adesso non avrei avuto un tetto sulla testa. Invece, ho un boiler nuovo, il pavimento sollevato, la porta del ripostiglio che non si apre più bene, ciarpame disseminato qua e là e un armadio ikea che assomiglia alla Torre di Pisa.

Seconda ragione: non volevo che gli eventi riguardanti il covid-19, mi spingessero a scrivere un post ripetitivo e polemico.
Vi basti sapere che il governo britannico continua a fare poco, in ritardo e male.
Inoltre, avevo quasi sperato che, questa pausa di riflessione forzata, potesse rendere le persone più responsabili ed altruiste, verso la natura e nei confronti degli altri. Purtroppo, da quando il lockdown è stato allentato, i parchi sono sempre più strabordanti di spazzatura e fiale di protossido di azoto, i prati si risvegliano bruciacchiati dai barbecue portatili, le spiagge vengono prese d’assalto, le distanze sono ormai azzerate, il traffico è impazzito…

Tutto mi appare approssimativo e confuso, ed io proseguo, finché è possibile, con la mia vita semi-eremitica, scandita dallo studio, da quel poco lavoro che posso svolgere da casa, dalle passeggiate mattutine nel verde (che si sono estese, sia nei chilometri che nella durata), da fugaci missioni al supermercato, rigorosamente mascherata, e da sessioni digitali a cui partecipo per lavoro, istruzione e diletto (ci si incontra su uno schermo, con tante facce più o meno sorridenti, in altrettanti riquadri, che mostrano, alle spalle di ognuno, lacerti di tende, librerie, mobili di cucina, quadri appesi ai muri, testate del letto, soffitti sghembi…).

Nel frattempo, ho imparato a fare delle cose. 

Per esempio, a registrare un podcast per un programma di storia, e a girare e montare video, anche e soprattutto con me dentro (!), per dei progetti di storytelling.
Ho disegnato prospettive da uno a più punti di fuga, ritratto fiori di papavero e foglie di tarassaco, rinvasato piante, germinato semi, accolto nuovi fiori.
Ho il davanzale che è un vivaio di piantine di solanum, viola, borago ed oxalis e, quando vado a passeggiare, so riconoscere le erbe spontanee, quelle buone da usare in cucina. Come, ad esempio, la rucola selvatica, che, coi suoi fiorellini gialli ed il sapore intenso, regala una nota piccante alle insalate, va forte con i formaggi, ed è un’alternativa piena di vitamine e sali minerali, al solito pesto di basilico. 

Quarantena Londinese #3

giardini in SE4“Il giardino, con la sua immagine, è una forma di conoscenza inseguita e indagata fin dall’antichità, in un percorso metaforico, per ogni spazio e tempo fino al nostro mondo.” Massimo Venturi Ferriolo – Oltre il Giardino (Einaudi 2019)

Dopo aver sofferto di un grave caso di coronavirus, il Primo Ministro Boris Johnson è tornato al lavoro e ha detto che il lockdown proseguirà, nonostante l’impazienza e l’ansia dei cittadini (e delle imprese), semplicemente perché siamo ancora in un momento di massimo rischio e nel weekend passato si è superata la soglia di 20.000 decessi, solo negli ospedali
Restare a casa non mi pesa particolarmente, anche se mi mancano alcuni elementi della vita precedente (riabbracciare mia madre, incontrare gli amici per un caffè, esplorare Londra, visitare mostre e collezioni, viaggiare, e il mio lavoro di guida, che non riprenderà tanto presto…); penso tuttavia che, la possibilità di uscire una volta al giorno per una passeggiata regolamentata, abbia contribuito alla mia salute, anche mentale.
La ricerca in un campo scientifico in crescita, chiamato ecoterapia, ha dimostrato che il contatto con la natura non solo fa sentire meglio emotivamente, ma contribuisce al benessere fisico, riducendo la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, la tensione muscolare e la produzione di ormoni dello stress. Non è chiaro esattamente perché le escursioni all’aperto abbiano un effetto mentale così positivo, ma io stessa ne sto sperimentando i benefici durante questa quarantena. Il mio tempo con la natura è molto semplice, ogni mattina esco molto presto (anche per garantirmi al massimo il distanziamento sociale) e faccio una passeggiata in uno degli spazi verdi dietro casa. Sono molto fortunata a vivere in questa zona. Non ho un giardino, ma nel raggio di un chilometro ho tanti parchi e anche il cimitero monumentale di Nunhead, che dal 2004 è in gran parte designato come riserva naturale. All Saints Cemetery, così si chiama, era rimasto chiuso dal 23 marzo, ma è stato riaperto al pubblico questo weekend per decisione del governo, dato che i parchi (e i cimiteri storici iscritti nel Registro dei parchi e giardini) devono essere accessibili per “la salute della nazione”.
Anche se i percorsi sono più o meno gli stessi, la natura lentamente cambia, si evolve e ci dà il senso del tempo che passa: una corolla che lascia posto ad un piccolo frutto, una gemma che si apre e rivela foglie nuove, che presto cresceranno a fare ombra, il coro di piante selvatiche che cambiano colori e strutture, l’aroma delle fioriture e le voci degli uccelli. Sto approfittando di questo periodo di pausa necessaria e imposta, per approfondire le mie conoscenze di botanica, grazie anche ad un corso online. Piano piano è più facile riconoscere una pianta, distinguerne le parti (sperimentando con semi vari e germinazioni), identificare le varie specie, sapere che di denti di leone ce ne sono tantissimi e che non si chiamano tutti, indistintamente, tarassaco officinale. E poi, riuscire anche a dare un nome agli alberi.
Qualche appassionato nel quartiere si è spinto oltre, e, sull’esempio di Rachel Summers, una maestra di Walthamstow, che aveva cominciato a tracciare sul marciapiede, con il gessetto, i nomi degli alberi che incontrava durante la sua passeggiata quotidiana, ha deciso di scrivere le specie di alcune piante di SE4, per aiutare i meno esperti a guardare più attentamente, a riconoscere un noce da un ippocastano, e diventare più consapevoli della natura che si annida nelle strade londinesi.