Quota 100

Una settimana fa, il Regno Unito ha raggiunto un triste record: primo Paese europeo, e quinto nel mondo, per numero di decessi a causa del coronavirus.
100.000 morti è una cifra che fa impressione. E’ come cancellare in un attimo tutto il pubblico dell’arena di Campovolo, a Reggio Emilia, oppure tutti gli spettatori del Wembley Stadium di Londra, e ne avanzano 10.000.
Siamo pure al terzo lockdown, tier 5, praticamente un equivalente surreale di zona rossissima, che però non prevede gente tappata in casa, parchi giochi transennati, mascherine anche in strada, coprifuoco.
Non sto qui a polemizzare sulle colpe e le ragioni, sarebbe noioso…
Mi è dispiaciuto leggere sul giornale di oggi che Captain Sir Tom Moore è morto di coronavirus. Sembra una beffa crudele, proprio ora che stavano facendo i vaccini agli ultra-ottuagenari.
Questo anziano veterano di guerra, era diventato famoso nel primo lockdown, dopo essere riuscito a raccogliere oltre 30 milioni di sterline per aiutare l’NHS, il servizio sanitario nazionale britannico. Per fare ciò, l’8 aprile aveva lanciato una sfida: avrebbe fatto 100 giri a piedi, aiutandosi con il deambulatore, nel suo giardino, sperando di riuscire a raggiungere la cifra di 1000 sterline prima del suo centesimo compleanno, il 30 aprile.
I soldi si erano moltiplicati, e per gli ultimi venti passi, la TV aveva organizzato per lui un picchetto d’onore, con i soldati del suo ex reggimento.
Ormai era divenuto una celebrità, tutta la nazione gli aveva mandato biglietti di auguri per i suoi 100 anni, e la Regina lo aveva fatto Baronetto.
Sir Moore si era ritrovato anche ad essere l’artista più anziano con un disco primo in classifica, dopo aver inciso, assieme a Michael Ball, una cover di You’ll Never Walk Alone, i cui proventi erano andati anch’essi in beneficenza.
Insomma, Tom Moore è stato un gentiluomo di altri tempi, vero rappresentante del Blitz spirit, che , con il suo stoicismo e determinazione, e il suo sorriso garbato, aveva mostrato come reagire di fronte ad un nemico invisibile, in un momento tanto critico e spaventoso per tutti.
Che se lo sia portato via proprio il virus, lascia tanta tristezza.

 

Buon 2021?

 

happy man treeIl primo post dell’anno, e il primo post dell’era Brexit.
Che dire?
Siamo al terzo lockdown, con variante inglese del virus che impazza. 
Un londinese su trenta ce l’ha.
Il sindaco ha dichiarato lo stato di emergenza, bisogna stare a casa il più possibile, perché gli ospedali sono ingolfati. 
Arte, cultura e tutto quello che mi capita a Londra… Difficile mantenere fede al sottotitolo di questo blog.
I musei sono chiusi, la cultura è per lo più digitale, ma non vi si accede dal vivo; l’arte, ormai, la faccio io, prendendo spunto dalla natura e dalle passeggiate al parco e seguendo una classe di disegno in streaming. 
Mi diletto con le effemeridi della storia e le conferenze online, però mi piacerebbe leggere di più quest’anno… Chissà se ci riuscirò. 
Mi mancano i miei giretti da flâneuse, che tanto hanno ispirato i miei post.
Continuo a camminare, esplorando la zona e la serie di parchi, boschi e spazi verdi della Green Chain.
La posta arriva in ritardo, perché i postini sono malati. Le spedizioni dall’Europa idem, perché, adesso, per inviare qualcosa, bisogna compilare una dichiarazione doganale. E molte imprese e corrieri britannici hanno ridotto o sospeso le consegne nell’UE, mentre le aziende sono alle prese con i nuovi controlli alle frontiere e tasse di importazione. Prima di Natale c’è stato un mega-ingorgo a Dover, file di camion bloccati. Gli inglesi si sono fatti prendere dal panico e hanno fatto incetta di lattuga. I porri e le patate, per fortuna, li hanno lasciati.
Un antico platano di Hackney, soprannominato ‘The Happy Man Tree”, che era stato votato albero dell’anno nel 2020, è stato tagliato poco prima della Befana. Dava fastidio al progetto di riqualificazione di Berkeley Homes. Non sono servite proteste e petizioni, ormai era troppo tardi per alterare il progetto di costruzione di nuovi appartamenti ( 58% privati e di lusso e solo 20% popolari) e risparmiare la vita al platano, che aveva la bella età di 150 anni. Anche volendo apporre delle modifiche, si sarebbe verificato un ritardo di quindici mesi sui lavori.
Decisamente troppo, sia per i costruttori che per il municipio.
A Londra il tempo è denaro, anche quando il tempo sembra essere sospeso da una pandemia.  
E, quindi, per qualsiasi lieto fine, bisognerà aspettare ancora…

 

L’Arte appaga, ma non paga

NHM

E’ un anno nero per i musei, le pinacoteche, le dimore storiche, i cinema, i teatri e le sale concerto londinesi. Dopo aver riaperto i battenti ad estate inoltrata, sono rimasti di nuovo fermi nel secondo lockdown di novembre. Hanno potuto riaprire agli inizi di dicembre ma, dopo neanche due settimane, hanno chiuso di nuovo, a causa del Tier 3, il livello più alto di restrizioni Covid.
Pensavo che questo livello corrispondesse pedissequamente alla zona rossa italiana, tuttavia, mi è bastato fare un giro, per notare che tutti i negozi, anche quelli non classificati come di prima necessità, sono aperti, così come restano aperti barbieri, parrucchieri, saloni da estetista, saune, palestre. Nonché caffè, pub e ristoranti, quelli in grado di fornire un servizio di asporto.
Non ho mai visto tanta gente in giro, e, tra l’altro, le mascherine restano un optional, persino là dove dovrebbero essere obbligatorie, perché nessuno davvero controlla e il poster alla Julian Opie che minaccia multe salatissime, è un blando deterrente.
Insomma, qui in UK come in altri paesi d’Europa, è considerato sicuro affollare un centro commerciale, ma pericoloso andare a vedere una mostra o assistere ad uno spettacolo.
Eppure, Public Health England non ha registrato alcun caso di coronavirus che sia stato trasmesso in un’attrazione turistica nel Regno Unito.
Musei e altri luoghi di cultura hanno messo in pratica un rigido sistema di prenotazione anticipata, con distanze fisiche garantite da biglietti a orario e da numero ridotto di utenti, obbligati ad indossare la mascherina e a seguire un percorso sanificato e ben stabilito.
Dopo essersi a malapena rimesse in piedi dal primo lockdown, piene di speranza di poter recuperare qualcosa in seguito al secondo, adesso molte realtà culturali si trovano in una situazione finanziaria molto difficile se non drammatica. Potrebbe dunque essere difficile, per alcune organizzazioni, riuscire a restare a galla nel 2021…

 

Quarantena Londinese #5

spazzatura

Si prevedeva che il bel tempo questo weekend avrebbe attirato molte persone verso riserve ed aree naturali, dopo che il governo del Regno Unito ha autorizzato viaggi illimitati per attività fisica all’aperto o per prendere il sole.
Secondo le previsioni, 15 milioni di persone avrebbero dovuto mettersi in viaggio, ma il traffico è aumentato solo del 3% rispetto allo scorso weekend, non si sa se perché ci si è attenuti alle indicazioni o perché  affetti da quella che è stata definita Coronafobia, la paura di tornare alla normalità. Una normalità che non esiste per tutti.
Mentre in Inghilterra le regole sono cambiate, nelle altre nazioni del Regno Unito (Galles, Scozia e Irlanda del Nord) il messaggio alla popolazione è rimasto sostanzialmente invariato: restate a casa.
Così, le comunità che vivono nelle aree rurali e le autorità delle nazioni che non hanno aderito alla fase due, hanno cercato di scoraggiare la gente di città a mettersi in viaggio, per paura di nuovi focolai di infezione.
Alcuni parchi, incluso il Lake District, hanno ripetutamente sollecitato i visitatori a stare alla larga, mentre il Peak District National Park ha twittato che “i parcheggi sono già pieni”. Ma anche Brighton, località balneare molto popolare tra i londinesi, aveva chiesto alle persone di stare lontane dal suo lungomare. La polizia ha istituito dei posti di blocco per impedire ai gitanti di accorrere a frotte nelle località off limits.
Per quelli che non hanno la macchina, la soluzione più accessibile e logica, sono rimasti i parchi e le attrazioni dietro casa.
Il Regno Unito attualmente è al secondo posto nel mondo per numero di morti per coronavirus. Che non accennano a diminuire.

Mentre scrivo, ad Hyde Park si sta svolgendo una protesta (un assembramento di gente e di polizia senza mascherine e guanti) contro il lockdown, le restrizioni e la soppressione dei diritti civili a causa di un virus, che i manifestanti considerano falso.
In tutto questo, io ho proseguito la mia quarantena, concedendomi le solite passeggiate di mattina presto.
Generalmente è più facile mantenere il distanziamento sociale prima delle nove, anche se c’è stato un lieve incremento nel numero di persone che camminano o corrono di buon ora. Non so come sia la situazione nella tarda mattinata e nel pomeriggio, perché io, fuori dal coro, resto a casa. Suppongo, dai resti di lattine di birra, cartoni di pizza e take away, che ci siano tante persone che si incontrano al parco per socializzare e prendere il sole. Non sono veramente convinta che mantengano le distanze sociali. Le mascherine sono praticamente delle perfette sconosciute, e, quando vado a fare la spesa, sono di solito l’unica ad indossarla.
Molti avventori non hanno la minima cognizione di che cosa sia il distanziamento sociale, nonostante i segni in terra e i messaggi all’ingresso del negozio. Il personale non dà indicazioni particolari e non controlla il corretto comportamento dei clienti. Non vedo mai un’offerta di salviette monouso per le mani e per carrelli e cestini all’ingresso, come succede in Italia.
Sembra, comunque, che sia stato molto più difficile trasmettere un messaggio chiaro su cosa si può o non si può fare in questa fase di allentamento, rispetto al lockdown di prima (che, comunque, al confronto di altri paesi, era già rilassato).
Boris Johnson ha chiesto ai Britannici, specialmente quelli che da mercoledì sono dovuti tornare al lavoro, di evitare di prendere i mezzi pubblici, e di andare invece a piedi, in bicicletta o in automobile.
Per molti, questi consigli sono impossibili da seguire.
C’è chi non ha la macchina, chi abita troppo lontano dal luogo di lavoro per poterci andare con mezzi alternativi e chi ha una disabilità o condizioni fisiche particolari, che ne limitano i movimenti.
Per chi è costretto ad usare bus, treno o metropolitana, il consiglio è quello di indossare la mascherina, tenersi a distanza dai compagni di viaggio e cercare di evitare l’ora di punta.
Purtroppo, le cose non hanno funzionato come previsto.
Mercoledì mattina gli autobus e i vagoni delle metropolitane erano pieni zeppi e non tutti i viaggiatori indossavano protezioni adeguate. Sembra poi del tutto irrealistico pensare che chi lavora con tempi e impegni definiti, possa permettersi il lusso di viaggiare fuori orario, cosa che, magari, riuscirebbe meglio ad un libero professionista.

Grafico a cura del CBRE

Esistono anche delle differenze sostanziali tra Londra e il resto dell’Inghilterra. Nella capitale, la rete di trasporti pubblici è capillare ed il servizio abbastanza buono, perciò, prima del coronavirus, tanti ne facevano uso. Al contrario, la maggior parte delle città inglesi, non dispone di altrettanti servizi di qualità, e quindi moltissime persone usano la macchina. Io stessa, se volessi camminare fino a London Bridge, che è a poco più di 7 km dalla mia abitazione, impiegherei un’ora e mezza (sola andata); disponendo di una bicicletta, mezz’ora (ma dovrei affrontare un paio di arterie molto trafficate e pericolose)…

Il Florence Nightingale Museum di Londra è in pericolo

Florence Nightingale 200

Florence Nightingale 200 © London SE1 Community Website

Questa settimana, sui social media, si celebra MuseumWeek, un festival mondiale dedicato alle istituzioni culturali.Ogni giorno, un tema diverso.
Il primo, lunedì, è stato #heroesMW,  per celebrare tutti quei lavoratori che affrontano la crisi del coronavirus (come, ad esempio, addetti alla sicurezza, curatori, ricercatori e restauratori).
Ma ieri si celebrava anche il bicentenario della nascita di Florence Nightingale e la Giornata Internazionale degli Infermieri.
A Florence Nightingale, riformatrice sociale che trasformò le cure mediche sul campo di battaglia durante la guerra di Crimea, promuovendo igiene e reparti dal design innovativo (per prevenire le infezioni e gestire meglio gli ammalati), non è stato dedicato solo un ospedale, creato ad hoc per l’emergenza Covid-19, ma anche un museo, che ora sta lottando per sopravvivere, poiché, dopo la chiusura per il lockdown, ha visto scomparire il 98% dei suoi finanziamenti.
Il Florence Nightingale Museum, che, dal 1989, racconta la storia di Florence e della professione infermieristica. ha sede nei pressi del St Thomas’ Hospital, lo stesso ospedale dove fu istituita la prima scuola di formazione secolare per infermieri. 
Tra i cimeli conservati nel museo, si trova la famosa lanterna, con cui, di notte, nell’ospedale di Skutari, Florence faceva visita ai soldati feriti (e che le aveva valso il soprannome di “The Lady with the Lamp”); inoltre, l’edizione originale del libro scritto da lei nel 1860, dal titolo: “Notes on Nursing.” Cenni sull’assistenza degli ammalati.
Un libro più che mai attuale, se pensiamo al moderno mantra che ci spinge a lavarci le mani spesso e volentieri, per combattere la pandemia. Un avviso che Florence aveva ribadito con insistenza: “ogni infermiera dovrebbe lavarsi le mani molto frequentemente durante il giorno… ”
Florence era all’avanguardia, perché usava dati statistici e anche grafici, per supportare le sue teorie sull’assistenza e sui servizi igienico-sanitari, ma anche perché aveva riconosciuto l’effetto terapeutico dei giardini sul benessere dei pazienti e, per questo, aveva promosso l’istituzione di parchi e giardini annessi agli ospedali.
Il museo londinese era entusiasta di poter celebrare i duecento anni della nascita di Florence ed aveva allestito una mostra speciale, “Nightingale in 200 Objects, People and Places”, che ora è visitabile online.
Purtroppo, come altri piccoli musei, che non dispongono di sovvenzioni pubbliche, adesso l’istituzione rischia di chiudere per sempre e vedere le sue collezioni disperse altrove.
Per salvare il museo di Florence Nightingale, è stata istituita una pagina GoFundMe per raccogliere denaro, ma si possono fare anche donazioni sul sito web o tramite l’invio di messaggi sms; alternativamente, si può fare shopping nel negozio online o acquistare un biglietto per visite future.

Quarantena Londinese #4

Quella appena passata, è stata una settimana molto particolare.

Mercoledì il totale delle morti in UK per coronavirus ha superato quello dell’Italia e con le attuali 31.855 il Regno Unito è il paese europeo con il più alto numero di decessi.
Tuttavia, sulle prime pagine dei tabloid britannici, si sono visti dei titoli surreali: è tempo di picnic, viva la libertà, fine della quarantena, tana libera tutti. Questo in previsione del discorso del premier Boris Johnson, in programma la domenica sera.
tabloids uk coronavirusMolta gente, evidentemente, non ha minimamente esercitato prudenza e, invece di aspettare, ha cominciato ad uscire, come se nulla fosse.
Durante la mia passeggiata mattutina, giovedì alle 7:30, c’era un traffico di macchine mai visto ed erano esponenzialmente aumentati i pedoni e quelli che correvano.
Venerdì e sabato il tempo era quasi estivo, ma io sono rimasta a casa bloccata dalla sciatica.
L’8 maggio si celebrava il VEDay75, i 75 anni della vittoria in Europa nella Seconda Guerra Mondiale, e, anche se le raccomandazioni ufficiali erano ancora quelle di far festa in casa, o sulla soglia di casa, ma comunque nei limiti della quarantena, le strade si sono riempite di gente e di festaioli, che, complice l’alcool, non hanno nemmeno aderito alle regole di distanziamento sociale.
Molto scalpore ha suscitato il filmato di un gruppo di abitanti di Warrington, impegnati allegramente a ballare la conga, una line dance cubana, molto in voga in America tra il 1930 e il 1950.
E le feste sono proseguite il giorno dopo, con persone in tenuta estiva che si sono riversate nei parchi a fare grigliate, picnic e a prendere il sole, senza che la polizia locale potesse o volesse fare qualcosa. Senza menzionare altri, che hanno organizzato cene e feste a casa propria.
Alla fine, ci ha pensato il clima a mettere una specie di freno a questo delirio, con un abbassamento repentino di 10 gradi, nuvole e vento forte.
Poi, ieri sera, l’atteso discorso di Boris, che, francamente, mi è sembrato abbastanza azzardato e contraddittorio.
Innanzitutto il cambio di slogan, da State a Casa a State all’Erta, come se questo virus si potesse vedere, sentire, annusare, toccare.
Inoltre, varie e vaghe indicazioni: state a casa, ma anche no; uscite a lungo, uscite più volte al giorno, però per la maggior parte state a casa; incontrate gli amici, ma anche i genitori, due alla volta, uno per volta, basta che restiate a due metri di distanza; vi potete sedere al parco e sulle panchine (che nessuno disinfetta da illo tempore); potete andare al lavoro, ma se siete in grado di lavorare da casa, state a casa; però, se andate al lavoro, dovreste andare in macchina, a piedi o in bicicletta (si aspetta di sapere, a parte lavoratori edili e manifatturieri, chi altro rientri nelle categorie di quelli che possono tornare al lavoro, e, soprattutto, come farlo in modo sicuro per tutti) e così via.
Ci ha anche mostrato una formuletta e dei grafici, che sono stati subito trasformati e fatti circolare, in versione esilarante, sui social.

Covid Graph

Johnson’s Covid Graph in full © Happy Toast

La mia sciatica è in via di risoluzione, perciò da domani cercherò di riprendere le mie passeggiate mattutine e si vedrà quante persone incontrerò sulla mia strada e se le distanze di sicurezza saranno rispettate.
Seguo con affetto e apprensione i timidi tentativi dell’Italia di tornare ad una normalità, riaprendo negozi, parchi, musei, col terrore di una seconda ondata di infezioni e decessi. Qui non abbiamo nemmeno ancora assistito ad un calo significativo dei numeri di malati o dei morti, e però si parla già di fase 2.
Per quanto mi riguarda, credo che continuerò a stare a casa, salvo l’ora d’aria del mattino. Non penso di essere affetta dalla sindrome della capanna, mi è capitato un decennio fa di dover restare tappata in casa per oltre due mesi a causa di un’operazione. Psicologicamente e fisicamente, mi sentivo molto più vulnerabile allora, quando sono dovuta uscire fuori e mi è toccato lavorare in un evento affollatissimo, tenendo a bada comprensibili attacchi di panico. No, non ho paura di riprendere i ritmi di prima (che come prima, non saranno) e di girare per la città.
Solo che non è possibile farlo senza delle regole chiare, perché il virus è ancora qui, invisibile, inodore e insapore, proprio come i sintomi che lascia a quelli più fortunati, che lo superano senza andare a finire in terapia intensiva o, peggio, al cimitero.

Gessetti colorati al tempo del Coronavirus

La quarantena ci ha confinato tra le quattro mura, sebbene ci sia rimasta la valvola di sfogo dell’ora d’aria consentita per fare esercizio; proprio durante i rituali di allenamento quotidiano, ci si imbatte in soluzioni interessanti.
Approfittando del bel tempo, alcuni residenti stanno reagendo creativamente alla realtà ripetitiva del lockdown e all’ansia da pandemia, sbizzarrendosi con i gessetti colorati.
Grazie a questo materiale economico, facilmente lavabile, che non macchia e non lascia segni permanenti, sono comparsi sui marciapiedi nomi di alberi e piante, fantasiose corse ad ostacoli per stimolare l’attività fisica, ringraziamenti e positività al personale NHS ed ai lavoratori chiave, aforismi e auguri d’incoraggiamento, e, soprattutto, il gioco della campana, che credevo fosse caduto per sempre nel dimenticatoio.
Sono tanti i genitori che, in questi giorni, hanno cercato di rallegrare e distrarre i bambini trasformando per loro l’asfalto davanti casa con arcobaleni, animali e personaggi di fantasia.
Tuttavia, artisti, botanici e bene auguranti al tempo del covid-19 rischiano di dover affrontare una multa e un’azione legale, poiché, nel Regno Unito, è vietato scrivere o disegnare con il gessetto qualsiasi cosa, anche se a fini educativi o edificanti.
Ultimamente, Sarah Webb, che, nella Piazza del Mercato di Wallingford, nell’Oxfordshire, aveva disegnato un albero e aggiunto alle foglie dei messaggi di speranza, amore e ringraziamento, è stata denunciata dal consiglio comunale, in quanto si trattava di un “danno criminale”. Egualmente, Lilly Allen, una bambina di Ramsgate, in Kent, è stata redarguita dalla polizia per aver disegnato una campana sul marciapiede.
Insomma, anche se costituisce un modo semplice, economico e divertente per regalare un sorriso ai propri bimbi e alla gente del quartiere, segnare muri o marciapiedi con il gesso è illegale.
Se non si ha un permesso o una ”scusa lecita”, si può venire multati fino a 2.500 sterline.

Quarantena Londinese #3

giardini in SE4“Il giardino, con la sua immagine, è una forma di conoscenza inseguita e indagata fin dall’antichità, in un percorso metaforico, per ogni spazio e tempo fino al nostro mondo.” Massimo Venturi Ferriolo – Oltre il Giardino (Einaudi 2019)

Dopo aver sofferto di un grave caso di coronavirus, il Primo Ministro Boris Johnson è tornato al lavoro e ha detto che il lockdown proseguirà, nonostante l’impazienza e l’ansia dei cittadini (e delle imprese), semplicemente perché siamo ancora in un momento di massimo rischio e nel weekend passato si è superata la soglia di 20.000 decessi, solo negli ospedali
Restare a casa non mi pesa particolarmente, anche se mi mancano alcuni elementi della vita precedente (riabbracciare mia madre, incontrare gli amici per un caffè, esplorare Londra, visitare mostre e collezioni, viaggiare, e il mio lavoro di guida, che non riprenderà tanto presto…); penso tuttavia che, la possibilità di uscire una volta al giorno per una passeggiata regolamentata, abbia contribuito alla mia salute, anche mentale.
La ricerca in un campo scientifico in crescita, chiamato ecoterapia, ha dimostrato che il contatto con la natura non solo fa sentire meglio emotivamente, ma contribuisce al benessere fisico, riducendo la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, la tensione muscolare e la produzione di ormoni dello stress. Non è chiaro esattamente perché le escursioni all’aperto abbiano un effetto mentale così positivo, ma io stessa ne sto sperimentando i benefici durante questa quarantena. Il mio tempo con la natura è molto semplice, ogni mattina esco molto presto (anche per garantirmi al massimo il distanziamento sociale) e faccio una passeggiata in uno degli spazi verdi dietro casa. Sono molto fortunata a vivere in questa zona. Non ho un giardino, ma nel raggio di un chilometro ho tanti parchi e anche il cimitero monumentale di Nunhead, che dal 2004 è in gran parte designato come riserva naturale. All Saints Cemetery, così si chiama, era rimasto chiuso dal 23 marzo, ma è stato riaperto al pubblico questo weekend per decisione del governo, dato che i parchi (e i cimiteri storici iscritti nel Registro dei parchi e giardini) devono essere accessibili per “la salute della nazione”.
Anche se i percorsi sono più o meno gli stessi, la natura lentamente cambia, si evolve e ci dà il senso del tempo che passa: una corolla che lascia posto ad un piccolo frutto, una gemma che si apre e rivela foglie nuove, che presto cresceranno a fare ombra, il coro di piante selvatiche che cambiano colori e strutture, l’aroma delle fioriture e le voci degli uccelli. Sto approfittando di questo periodo di pausa necessaria e imposta, per approfondire le mie conoscenze di botanica, grazie anche ad un corso online. Piano piano è più facile riconoscere una pianta, distinguerne le parti (sperimentando con semi vari e germinazioni), identificare le varie specie, sapere che di denti di leone ce ne sono tantissimi e che non si chiamano tutti, indistintamente, tarassaco officinale. E poi, riuscire anche a dare un nome agli alberi.
Qualche appassionato nel quartiere si è spinto oltre, e, sull’esempio di Rachel Summers, una maestra di Walthamstow, che aveva cominciato a tracciare sul marciapiede, con il gessetto, i nomi degli alberi che incontrava durante la sua passeggiata quotidiana, ha deciso di scrivere le specie di alcune piante di SE4, per aiutare i meno esperti a guardare più attentamente, a riconoscere un noce da un ippocastano, e diventare più consapevoli della natura che si annida nelle strade londinesi.

Quarantena Londinese #1

telegraph hill parkE’ passato più di un mese dal mio ultimo post e le cose sono decisamente andate peggiorando.
L’epidemia si è trasformata in pandemia e Samuel Pepys è diventato virale sui social media, anche con aforismi falsi coniati ad hoc.
In Italia, la popolazione è in quarantena da molto più tempo di noi, che, in terra angla, siamo ad appena 16 giorni di confinamento.
Il Governo avrebbe potuto prendere esempio da quei paesi, che già fronteggiavano l’emergenza con misure restrittive e di prevenzione, ed attuare una strategia efficace, o, almeno, una strategia; invece, si è tergiversato, per almeno due settimane.
Boris Johnson, che, inizialmente, paventava un’immunità di gregge, avvisando che bisognava abituarsi a perdere molte persone care, ha poi deciso di seguire il trend dell’auto-isolamento obbligatorio, specialmente dopo che un weekend di sole e tepore primaverile, aveva fatto assembrare miriadi di incoscienti al mare, nei parchi e nelle riserve naturali fuori città. Suddetto premier pro-Brexit, che era andato in giro spavaldo, anche per ospedali, a stringere mani infette, pensando di lasciare tutto com’era e far girare l’economia, ha finito per contrarre lui stesso il virus, ed ora è ricoverato in terapia intensiva, probabilmente curato da medici, infermieri e personale con passaporto europeo, in gran parte lavoratori che il suo governo ha indicato come poco qualificati, in base al nuovo permesso di soggiorno a punti.
Peccato che proprio questi lavoratori low skilled siano quelli che stanno mandano avanti il Regno Unito, tra ospedali, trasporti, uffici postali, supermercati, pulizie, eccetera…
Mentre il premier si trova al St Thomas Hospital, seduto sul letto e “impegnato positivamente” con il team dell’ospedale, a me oggi è arrivata la sua lettera, dove, tra le altre cose, afferma (profetico): “sappiamo che le cose peggioreranno prima di migliorare…”
Prima che le cose peggiorassero, avevo cominciato a praticare distanziamento sociale e cancellare impegni, anche lavorativi, già da quando l’Italia era stata dichiarata zona rossa.
Nel frattempo, nei supermercati cominciavano a sparire la carta igienica, la pasta, i disinfettanti, il paracetamolo, le uova, la farina… Le aziende private avevano già lasciato a casa la maggior parte degli impiegati a fare telelavoro, mentre le persone sopra i 70 anni si erano chiuse in casa. Dato che non potevo fare smart working, avevo optato per viaggiare solo 10 minuti in treno, per fortuna abbastanza vuoto, e proseguire a piedi, attraversando una città deserta e surreale. Finalmente, il 23 marzo, è stato dichiarato il lockdown e alla popolazione è stato ordinato di restare a casa.
E’ permesso andare una volta a settimana a fare la spesa, in zona, ma si consiglia soprattutto di fare acquisti online. Impossibile ordinare la spesa ai supermercati, ma praticabile rivolgersi ai negozianti locali, che, essendo indipendenti, hanno bisogno di supporto in questo momento così particolare.
Una mano lava l’altra, il servizio è cordiale e la spesa mi arriva a casa in meno di 24 ore, oppure, ogni sabato mattina, dal contadino del Kent, che non posso più incontrare di persona al mercatino di zona.
A differenza di altri paesi, qui si può anche uscire una volta al giorno, per massimo un’ora, per fare esercizio fisico, cioè camminare, correre o andare in bicicletta. Fortunatamente, queste attività sono ancora consentite nel raggio di uno o due chilometri, una salvezza per chi ha un appartamento piccolo e non ha un giardino.
La mia passeggiata ha luogo ogni giorno, la mattina presto, verso le 7:30. E’ un’ottima routine.
Riesco a dormire abbastanza bene, ma alle 6 mi sveglio, di solito alla fine di un sogno complicato e assurdo, con un po’ di ansia. Invece di restare stesa a guardare il soffitto, mi alzo, mi vesto, faccio colazione ed esco. Non devo preoccuparmi troppo delle distanze sociali di sicurezza, perché non c’è quasi nessuno.
I corridori e i padroni dei cani arrivano verso le 8, ed io, a quell’ora, finisco il giro e torno indietro.
Ho un parco vicino casa, che mi permette di vedere un po’ di natura e di primavera, e anche i grattacieli della City all’orizzonte. Ogni tanto incontro qualcuno che, come me, fa la sua passeggiata solitaria. Ci si saluta, a oltre due metri di distanza, anche se non ci si conosce. Ci si sorride quando le strade divergono e ci si evita cordialmente.
Prima non capitava, ma adesso ci (ri)conosciamo tutti: isolati/insonni/mattinieri, in cerca di normalità.
Il parco è pieno di uccelli e scoiattoli, e, talvolta, nello stagno, si possono vedere le anatre e persino un airone!
Il verde ed il silenzio fanno da sfondo a questa specie di meditazione camminata, inframezzata dal canto dei merli o dal ronzio degli insetti.
A differenza dell’Italia, non è ancora vietato sedere sulle panchine, ma si consiglia di disinfettarle con delle salviette. Però non vedo nessuno farlo. Io evito accuratamente di sedermi e toccare superfici varie.
Giochi per bambini, campetti da basket o tennis e skateparks sono stati chiusi, anche se poi c’è chi scavalca, sconfina, divelle barriere.
Prima della quarantena obbligata, abbiamo avuto settimane di pioggia, tempeste, vento.
Da quando dobbiamo stare a casa, sole fisso, cielo blu, temperature sui venti gradi.
Perciò, questo weekend passato, parecchi hanno infranto le regole, e, invece di camminare, si sono stesi sui prati a prendere la tintarella, portando il pallone, le racchette o le vivande per un picnic.
Così, il comune di Southwark, uno dei più colpiti dal coronavirus, ha deciso di chiudere Brockwell Park, un polmone verde di quasi 51 ettari, perché era stato invaso da 3000 persone, che, invece di sparpagliarsi a distanza di sicurezza, bivaccavano tutti assieme, senza rispettare le norme.
Anche in SE4 non mancano gli indisciplinati.
Ogni mattina, quando arrivo al parco dietro casa, spero ancora di trovare il cancello aperto…