Come ogni anno, l’atteso weekend di Open House London, ha spalancato i battenti di centinaia di luoghi difficilmente accessibili al pubblico: case, palazzi, edifici di culto, siti archeologici, stabilimenti ed infrastrutture.
Come ogni anno bisogna essere organizzati, strategici e flessibili, non dannarsi se gli orari o i giorni di apertura subiscono cambiamenti all’ultimo minuto o il sito internet della manifestazione si pianta. L’importante è sapere quello che si vuole e stabilire dei limiti. Quest’anno, non avendo molto tempo a disposizione, e per nulla voglia di fare delle file chilometriche o di circumnavigare la città, ho scelto di visitare degli edifici simbolo della lunga storia di immigrazione che ha caratterizzato Londra, da sempre.
Tra questi, una casa settecentesca, al n. 13 di Princelet Street.
Costruita da Edward Buckingham nel 1719, in quella che, all’epoca, era un’area prosperosa, appena fuori le mura della City, e, per questo, prediletta da immigrati, la casa fu abitata da una famiglia di Ugonotti. La popolazione di Spitalfields era costituita in gran parte da immigrati francesi, sfuggiti alle persecuzioni religiose, dopo che il protestantesimo era stato dichiarato illegale con l’Editto di Fountainebleau, nel 1685.
Gli Ugonotti avevano portato con sé molte abilità, che seppero mettere a frutto.
Erano bravi orologiai, gioiellieri, argentieri e, soprattutto, tessitori di seta. Molte delle case che ancora sopravvivono nel quartiere, fra Princelet Street, Folgate Street e Spital Square, mantengono un’aria austera e dignitosa, con le imposte alle finestre, e gli ultimi piani spesso rischiarati da lucernari, dato che un tempo servivano ad ospitare i telai.
Le sete tessute dagli Ugonotti erano ispirate alla natura e mirabilmente decorate da un intreccio di fiori, foglie e insetti. Purtroppo, questa prosperità non durò a lungo. Infatti, agli inizi del XIX secolo, l’industria del tessile entrò in crisi, e agli Ugonotti impoveriti, si aggiunsero altre ondate di immigrati, rendendo l’area sempre più povera e malsana.
Agli inizi degli anni Ottanta, Peter Lerwill comprò la casa, ormai ridotta ad un rudere, e, assieme all’architetto Julian Harrap, iniziò un attento restauro, che durò tre anni. Molte delle caratteristiche settecentesche erano state mantenute inalterate, così come la pianta originale. Gli interventi furono di tipo conservativo e tutte le modifiche necessarie a rendere la casa abitabile (riscaldamento, cavi elettrici, tubature, eccetera), furono attuate con rispetto e cura. Così i caminetti conservano ancora il rivestimento in piastrelle, bellissime e tutte diverse, ognuna con una storia da raccontare, i muri sono coperti da pannelli di legno che hanno resistito all’affronto dei secoli, e le scale seguono le diagonali di assestamento della casa. Sulle pareti, campeggiano ritratti settecenteschi e stralci di sete intessute, a memoria di chi visse in questi ambienti, secoli fa. L’abitazione, alla morte di Lerwill, fu lasciata in eredità a The Landmark Trust, un’associazione benefica che restaura edifici storici o di importanza architettonica, per adibirli a case vacanze.
13 Princess Street può ospitare fino a 6 persone. Per info: 0044(0)1628 825925.
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A Londra il Museo della Felicità
Oggi è il lunedì più triste dell’anno, il Blue Monday. Le ragioni per cui questo sia scientificamente provato, le abbiamo esplorate in un precedente post.
Invece, esistono degli antidoti semplici e gratuiti per rimediare al malumore dell’inverno. A Shoreditch, un nuovo museo estemporaneo, si è proposto di risollevare gli animi dei londinesi. In prima mondiale, il Museo della Felicità, ha occupato per soli tre giorni (da sabato mattina ad oggi pomeriggio) uno spazio speciale nel mercato coperto di Spitalfields, offrendo, tra tende, gazebo e playshops una serie di laboratori di disegno, canto, e danza, esercizi di consapevolezza guidata, lezioni di yoga della risata, e perfino uno spazio filosofico per riflettere sulla scienza della felicità. Ai bambini e agli adulti è stata anche offerta la possibilità di indulgere in attività meramente ludiche come farsi pitturare il viso o immergersi in un pozzo pieno di palline. Gli organizzatori hanno ideato un luogo dove non solo pensare alla felicità – ma forse provare a sentirsi un po’ più sereni.
The Museum of Happiness è diventato così un luogo dove divertirsi, incontrarsi, ma anche un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica. La depressione, infatti, è la prima causa di disabilità in tutto il mondo.
Gli ugonotti di Spitalfields
Oggi, mi sono recata a Spitalfields, per approfittare della speciale atmosfera dell’Huguenot in Spitalfields Festival. Quest’anno, infatti, segna il 250° anniversario della morte di Anna Maria Garthwaite (1763), celebre designer di tessuti, che visse in Princelet Street, collaborando con i tessitori di seta ugonotti. Gli ugonotti, protestanti francesi di confessione calvinista, si erano rifugiati a Spitalfields, a causa delle persecuzioni religiose attuate nel loro paese, e avevano da subito stabilito importanti filande, modificando, con grandi lucernai, gli ultimi piani delle abitazioni, così da adibirle a laboratori tessili. Anna Maria Garthwaite si distinse proprio nel settore della seta inglese, grazie ai suoi bellissimi motivi floreali, e visse e lavorò a Spitalfields, dal 1730 fino alla sua morte. Christ Church Spitalfields, aperta al pubblico in occasione del festival, fu costruita tra il 1714 e il 1729, ed è una delle chiese più belle progettate da Nicholas Hawksmoor. Una legge del Parlamento nel 1711 aveva costituito una Commissione speciale, per la costruzione di cinquanta chiese che servissero i nuovi insediamenti di Londra. La parrocchia di Christ Church si installò su quella medievale di Stepney, in un territorio dominato dagli ugonotti, come dimostrazione dell’autorità anglicana. Sebbene alcuni ugonotti utilizzassero la chiesa per battesimi, matrimoni e funerali, per il culto di tutti i giorni, essi preferivano affidare le proprie anime a delle cappelle dallo stile piano e semplice, molto lontano dall’elaborato barocco inglese di Hawksmoor.
L’intonaco del soffitto della Christ Church è un tripudio di fiori e merlature. I fiori sono tutti diversi, e simboleggiano l’unicità delle anime che circolano sotto le volte. Proprio accanto alla chiesa, al numero 5 di Fournier Street, si trova Town House, un edificio dei primi anni del XVIII secolo. Tessitori di seta vissero qui fino al 1820 circa. Si possono visitare tre aree distinte della casa: la sala principale è un negozio di antiquario, arredato con mobili, tappezzerie e oggetti curiosi; sul retro del giardino, vi è uno spazio adibito a mostre temporanee e laboratorio di artisti contemporanei di passaggio; infine, al piano inferiore, c’è una cucina, dove non solo si vendono vecchie porcellane, bicchieri e piatti da portata, ma si possono gustare buonissime torte, alcune realizzate secondo antiche ricette, sorseggiando una tazza di tè o caffè, circondati da un’atmosfera di altri tempi.
Poco più in là, superata l’area del mercato, al numero 18 di Folgate Street, ci si trova davanti ad una casa in mattoni rossi, su quattro piani e con un seminterrato. Davanti all’uscio si nota, ancora danzante, la fiammella di un lampione a gas. Stiamo per entrare a Dennis Severs’ House, un edificio del 1724, che era del tutto fatiscente, quando fu acquistato da Dennis Severs, nel 1979. Sedotto dalla fredda luce inglese, l’eccentrico artista americano visse in questa casa georgiana fino al 1999, anno della sua morte, e a poco a poco, collezionando antichità e oggetti curiosi, ne ridecorò le stanze, ognuna in un diverso stile storico. Gli ambienti della casa, ora aperti al pubblico, costituiscono una speciale macchina del tempo, in cui si è voluta immaginare la vita in una famiglia di tessitori di seta ugonotti, tra il 1725 e il 1919. Le diverse camere appaiono disposte come se fossero ancora in uso, e gli occupanti della casa le avessero appena lasciate, per far spazio alla curiosità dei visitatori. Si circola in silenzio, ben attenti a non inciampare o danneggiare qualcosa, in una concentrazione che è attesa, gioco, meditazione, scoperta, penetrando in ambienti caldi e soffusi di aromi dolci e speziati, dove il tè è il caffè riempiono per metà delle tazze di porcellana, il cordiale rosseggia nei bicchierini di vetro, il fuoco scoppietta nei vecchi caminetti, animando i disegni di piastrelle bianche e blu. Giù in cucina, i dolci sono appena addentati nei piattini, mentre, in tutta la casa, candele e lampade a gas restano accese a rischiarare penombre fatte di pannelli di legno scuro, stucchi, stampe, cineserie, ritratti, vestiti abbandonati sulle sedie, gioielli riposti sulla toilette, e letti a baldacchino, appena disfatti… Più su, l’ultimo piano si fa povero e desolato, e l’aria fredda, che penetra dai vetri rotti della soffitta, è pervasa di odori rancidi di stracci, telai, polvere, scartoffie, pitali e panni appesi ad asciugare. Dennis Severs’ House è un’esperienza unica, immersiva, un viaggio immaginario in cui gli oggetti, i suoni, gli odori, sono frammenti di memoria struggente, che raccontano storie, trasportando il visitatore in un sogno ad occhi aperti.
La Londra di Jack Lo Squartatore
Il tour su Jack lo Squartatore è sicuramente quello di maggior successo, nella vastissima offerta di escursioni turistiche londinesi. Nata una trentina di anni fa, la visita speciale ai luoghi degli orrendi delitti, rimasti impuniti dopo oltre 100 anni, si è moltiplicata in varie versioni. Basta inserire ‘Jack the Ripper tour’ in un qualsiasi motore di ricerca, per accorgersi di quante agenzie ed associazioni turistiche propongano questa escursione di gran successo. Certamente, i diversi film e libri sull’argomento, hanno contribuito ad alimentare l’interesse per una delle pagine di storia londinese, tra le più oscure e raccapriccianti. Anni fa, avevo seguito una valida London Walk dal titolo ‘Jack The Ripper Haunts’. Ieri sera, grazie al mio amico Paul, una guida autorizzata, ho ripetuto il tour, questa volta basato più sulla storia sociale dell’area in cui il serial killer condusse indisturbato i suoi misfatti, e corredato da documenti e fotografie dell’epoca. Generalmente, ma non sempre, le escursioni sull’argomento partono da Tower Hill e si addentrano nell’East End, tra Spitalfields e Whitechapel, ripercorrendo i terribili delitti dello Squartatore. Noi abbiamo, invece, camminato a ritroso, partendo dall’arco che conduce fino a Gunthorpe Street. Il pub sulla sinistra – The White Hart – è stato in questo luogo per oltre 250 anni ed alcuni pensano che Jack lo Squartatore possa essere stato uno degli avventori. La zona ha subito nel tempo degli stravolgimenti edilizi e, dove prima si snodava un ammasso di viuzze maleodoranti e case fatiscenti e sovraffollate, ora ci sono banche , uffici e edifici abitativi moderni. Inoltre, in Mitre Square, nel punto esatto in cui fu ritrovata Elisabeth Stride, con la gola tagliata e il corpo orrendamente mutilato, oggi troviamo aiuole ed innocue panchine (tuttavia, la polizia continua a chiamare questo punto, ‘The Ripper’s corner’). Proseguendo oltre, al di là di cemento, grattacieli e vetrine di ristoranti, si ritrovano immutate le forme di un tempo, edifici dimessi, vecchie insegne, ex work-houses riconvertite in appartamenti, case degli ugonotti rimaste immutate dal XVIII secolo, una cappella in Fournier street, poi sinagoga ai tempi di Jack the Ripper ed ora moschea, e il vecchio mercato di Spitalfields. L’oscurità aiuta a ricreare l’atmosfera e, con un po’ di fantasia, alimentata dai racconti della valida guida, si riesce davvero ad essere catapultati nel 1888… Tra i vari siti, sono rimasti miracolosamente intatti dei pub, quelli frequentati dalle prostitute e dalle sfortunate vittime del serial killer. Ye Olde Frying Pan è ancora là, in Thrawl Street, all’angolo con Brick Lane, ma ora si chiama Sheraz Balti House ed è un ristorante indiano. Il Ten Bells pub, in 84 Commercial Street, che con i suoi interni rimodernati, in falso stile vittoriano, rappresenta ormai una mera attrazione per turisti (pare che anche Johnny Depp ci sia passato per una birra, anche se il film ‘From Hell’ venne girato a Praga) si trova vicinissimo a Dorset Street, dove la povera Mary Jane Kelly, l’ultima e più giovane vittima, fu brutalmente assassinata. Di fronte al pub, c’è una delle più belle chiese di Londra. Christ Church risale alla fine del XVIII secolo e fu progettata da un allievo di Christopher Wren, sir Nicholas Hawksmoor.
Il sagrato è stato descritto da Jack London nei suoi racconti sull’East End (The People from Abyss – 1903) e, tra la gente del posto, i giardini adiacenti alla chiesa, erano denominati ‘Itchy park’, per essere noto ritrovo di vagabondi e mendicanti.