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‘Orgoglio e Pregiudizio’ compie duecento anni

IMG_1254‘E’ verità universalmente ammessa che uno scapolo fornito di un buon patrimonio debba sentire il bisogno di ammogliarsi…’

Con questa affermazione, si apre ‘Orgoglio e Pregiudizio‘, il romanzo di Jane Austen, di cui oggi si celebra la prima pubblicazione, avvenuta il 28 gennaio 1813. Edito da Thomas Egerton, ‘Pride and Prejudice’ era il secondo romanzo di Jane e l’opera da lei più amata (si riferiva a questo libro come ‘her own darling child’). Nonostante non più soggetto alle regole del copyright e quindi largamente disponibile in e-book gratuito, ‘Orgoglio e Pregiudizio’ è un grande classico, che continua ad essere acquistato in libreria (50.000 copie l’anno solo nel Regno Unito) ed è richiestissimo nelle  biblioteche di tutto il mondo. La trama possiede un intreccio di successo, una storia romantica raccontata con sottile ironia, in cui la protagonista, Elisabeth Bennet, tra alterne vicende, riuscirà a vincere l’arroganza e il cuore del signor Darcy, uomo di classe elevata. Il titolo dell’opera rimanda proprio ai due elementi fondamentali della storia, l’orgoglio di classe di Darcy e il pregiudizio verso quest’ultimo, mostrato da Elisabeth,  specie dopo averne origliato i commenti, alla festa da ballo organizzata da Sir Lucas: “Appena passabile ma non abbastanza bella da tentarmi”. Chi disprezza, compra, si direbbe. In realtà, seppure il signor Darcy continui ad ammaliare il pubblico femminile, a distanza di due secoli, forse grazie anche alle riletture cinematografiche e televisive, che gli hanno dato, di volta in volta, le fattezze di Laurence Olivier (1940), Colin Firth (1995) e Matthew McFadyen (2011), la storia delle cinque sorelle Bennett, il cui obiettivo è quello di trovare marito, per non perdere l’eredità della tenuta di Longbourn, è legata indissolubilmente all’epoca in cui la Austen ha vissuto. Un’epoca in cui, le donne nubili avevano ‘una terribile propensione a essere povere’. Una situazione che Jane conosceva bene, avendo rinunciato a generose offerte di matrimonio ed essendo stata alla mercè dei fratelli, dopo la morte del padre. La scelta di non sposarsi, rinunciando alla sicurezza e ad una posizione, e la sua osservazione attenta della condizione femminile in una società fatta di piccola nobiltà rurale, il cui mondo sarà presto sovvertito dalla rivoluzione industriale, hanno fatto di questa scrittrice un’icona proto-femminista. Tuttavia, il femminismo della Austen è per larga parte inconscio. Lei, pur raccontando con vivezza e ironia il mondo che la circondava, non giudicò mai né mise in discussione la posizione destinata alle donne o il fato di quelle che restavano nubili. E’ la parte più difficile da accettare per chi ne analizza l’opera, senza tenere conto dei cambiamenti sociali ed epocali che ci separano da essa. Il miglior modo per festeggiare il bicentenario è dunque quello di leggere o rileggere ‘Orgoglio e Pregiudizio’ e approfittare delle celebrazioni organizzate in Inghilterra e nel mondo.

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Lo spirito natalizio

jfren04Dicembre in terra angla vede il moltiplicarsi dei famigerati Christmas Parties, festini e cene che servono a fare il punto sull’anno agli sgoccioli e salutare amici e colleghi prima della pausa natalizia. Ci si agghinda di tutto punto e in un paio d’ore, grazie a generose pinte di birra e litri di vino e quant’altro, ci si rovina la reputazione.
Un recente sondaggio ha stimato che, nel mese di dicembre, i britannici trangugiano il 41% in più di alcool in confronto al resto dell’anno: 34 unità settimanali a testa, rispetto al massimo consigliato  —  21 per gli uomini, 14 per le donne.
In tema con lo spirito natalizio, un benefattore anonimo, ha lasciato ad una libreria della ong Oxfam, in una semplice busta di plastica, un raro esemplare dell’opera di John French, dal titolo: ‘The Art of Distillation‘. John French (1616–1657) fu uno stimato medico inglese, traduttore dal latino e dal greco e appassionato di chimica, che ai suoi tempi si andava distaccando dall’alchimia per progredire come scienza esatta. French è ricordato dai posteri come autore (più verisimilmente traduttore) di un manuale sull’arte della distillazione, dato alle stampe nel 1651.
‘The Art of Distillation’ è un’esauriente compilazione di ricette per la preparazione non solo di alcolici e restorativi, ma anche di pozioni medicamentose eccentriche, come l’elisir di mummia, un collirio a base di latte materno e l’olio di serpente per la cura della sordità. L’opera è corredata da illustrazioni, con la descrizione delle fornaci e dei vari alambicchi necessari alle preparazioni chimiche ed alchemiche. La preziosa edizione del 1653, donata alla libreria Oxfam a Thame, nell’Oxfordshire, è stata messa in vendita per 650 sterline, cifra che aiuterà la ong nei suoi progetti di beneficienza.

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E.V.Lucas, viandante e viaggiatore

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Edward Verrall Lucas è stato un versatile scrittore ed editore inglese, che, ai suoi tempi, ebbe molto successo, distinguendosi per una prosa leggera ed accattivante. Fu, di volta in volta, saggista, biografo, critico, giornalista, poeta e romanziere, sceneggiatore teatrale e scrittore satirico. Tuttavia, ancora oggi, il suo stile ironico e attento, meglio si apprezza nelle guide di viaggio, in cui rientrano gli interessi personali per l’arte e la letteratura. Nato a Brighton, nel 1868, Lucas iniziò la sua carriera come apprendista in una libreria, per poi approdare a Londra, lavorando da giornalista al The Globe e, in seguito, alla rivista Punch. Nella comunità letteraria della Londra fin de siècle, E.V. Lucas si segnalava, dunque, come figura nota e di tutto rispetto, che ebbe anche successo come editore, per Grant Richards and Methuen, che gli pubblicò molti dei suoi scritti. Le guide apparse nella collana A Wanderer, offrono impressioni di viaggio attraverso l’Inghilterra  ed altri paesi europei, con attenzione all’arte e ai musei di città come Firenze, Parigi, Londra, Amsterdam. Nelle mie peregrinazioni tra scaffali polverosi di librerie antiquarie o negozi di rigattiere, sono riuscita ad accaparrarmi due guide della nota serie:  A Wanderer in Paris (1906) e A Wanderer in London (1910). La prima guida, corredata da belle tavole a colori di Walter Dexter, più altre illustrazioni in bianco e nero, trattandosi di Parigi, non può certo esimersi dall’apprezzamento delle arti, con ben due capitoli dedicati al Louvre. Inoltre, da un tavolo al Cafe de la Paix, tra signore dai larghi cappelli e gentiluomini con bastone da passeggio ai Boulevards, passando per gli zoo cittadini ed il fascino intramontabile del Marais, Lucas ha tempo per degli excursus su personalità come Voltaire, Botticelli e Maria Antonietta. Di simile impostazione, è la guida di Londra, illustrata ad hoc da Nelson Dawson. Nella prefazione al volume, veniamo a sapere che, anche all’inizio del Novecento, Londra era così vasta, varia e ricca di cose interessanti, da rendere difficile la scelta della zona da cui cominciare ad esplorarla, e ancor più difficile, poi, sapere dove interrompere l’avventura. Perché “per un libro su Londra – per migliaia di libri su Londra – non c’è fine.” Allora, come oggi, nonostante le distruzioni, le demolizioni e i cambiamenti di un secolo, Londra è, prima di ogni altra cosa, un alveare di umanità affaccendata, in cui la nebbia è un lontano ricordo, il guidatore di taxi una figura solitaria e romantica. Dopo la Prima Guerra Mondiale, lo stile agile ed impersonale di Lucas non trovò più favori e, in seguito alla sua dipartita, nel 1938, anche l’interesse di critica e pubblico svanì. E’ un vero peccato, dal momento che, le guide di viaggio, possiedono lo sguardo fresco e curioso del flâneur, le descrizioni romantiche di chi sa guardare oltre la facciata e il mero sciorinamento di strade, nomi e date. Con le loro copertine liberty, di tela blu incisa in caratteri dorati, e le belle tavole illustrate, costituiscono un ottimo regalo, e non possono mancare nello scaffale di appassionati londonografi o studiosi del patrimonio storico e sociale delle città d’arte.

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Fantasmi di strade londinesi

missbloxamAl 5 di Caledonian Road, si trova Housmans, una libreria indipendente, che resiste fieramente dal 1945. Il negozio è specializzato in libri, periodici, riviste e zine di argomento politico, storico-sociale e filosofico, con una sezione ben nutrita dedicata a Londra, al situazionismo e alla psicogeografia.  Accanto agli scritti di Guy Debord, sugli scaffali potete trovare pietre miliari come “The London Nobody Knows” di Geoffrey Fletcher, accanto ad opere di altri londonographers, tra cui Iain Sinclair, Tom Vague, Will Self. Al piano inferiore, se riuscite a resistere alla polvere e al vago odore di umidità e carta rancida, troverete ammassati libri di ogni genere, anche in lingua straniera, tutti ad una sterlina (o meno). Occorre pazienza e occhio attento, ma le soprese sono sempre in agguato. La mia personale conquista è stata una ristampa del 1947 del libro di Miss (Joan) Bloxam, pubblicato nel 1937 con il titolo di “Walks Around London”. Miss Bloxam  fu un’illustratrice, litografa e paesaggista, e il suo libro raccoglie due anni di peregrinazioni londinesi, alla scoperta di angoli e scorci inusuali, gran parte dei quali, irrimediabilmente perduti a causa delle bombe tedesche, e, successivamente, degli interventi di edilizia postmoderna, brutalista e commerciale. Il libro rappresenta un inno all’eccentricità e alle strane tangenti che la storia ha tracciato nel cuore di Londra e si pone a vessillo contro la passione moderna per le linee rette, i viali spaziosi e spogli, i centri commerciali anonimi. Gli schizzi che accompagnano l’opera, catturano l’atmosfera di una Londra di altri tempi, forse ancora là, forse perduta per sempre, e invitano a vagabondare tra vicoli e quartieri.

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Il mondo è un palcoscenico

Shakespeare's_First_Folio_1623E’ di questi giorni la notizia ufficiale (dati alla mano, desunti dall’ultimo censimento) che la popolazione di Londra ha raggiunto gli 8 milioni di abitanti, con una crescita del 12 per cento nell’ultimo decennio. Questi dati, a seconda delle prospettive e degli orientamenti politici, possono essere letti in misura più o meno allarmante. Tuttavia, la popolazione di Londra non e’ certo nuova a queste fluttuazioni. La città ha da sempre attratto migranti, creando una forte domanda di beni e servizi. A partire dal secolo XVI, questa crescita ha avuto un impatto significativo sull’economia monetaria e Londra ha svolto un ruolo importante, trasformandosi nel centro predominante della vita politica e sociale inglese. Sotto il Regno di Elisabetta I, la città subì una drammatica trasformazione, e la popolazione crebbe del 400% (!), raggiungendo le 200.000 unità. Tra i vari emigranti giunti a Londra tra il 1588 e il 1592, si trovava anche un attore e sceneggiatore di talento, originario di Stratford-upon-Avon. William Shakespeare, non solo seppe fare una rapida e brillante carriera (nel 1594 lavorava a corte, per the Lord Chamberlain’s Men), ma la sua compagnia teatrale divenne la più seguita in città. La mole di lavoro che Shakespeare ha lasciato ai posteri non è solo rimasta in auge per oltre 400 anni, ma ha contribuito a creare un’identità nazionale e ad arricchire la lingua inglese di oltre 3000 parole. Il teatro Elisabettiano era l’equivalente di quello che oggi rappresenta per noi il web. Il palcoscenico, con i suoi drammi e le commedie, apriva a nobili e popolani una finestra sul mondo, un mondo che da Londra e dall’Inghilterra si espandeva oltre, ai lidi dell’Italia e dell’Africa, fino alle propaggini dell’America. Al British Museum, i curatori Jonathan Bate e Dora Thornton, hanno ideato un modo affascinante per entrare nell’immaginario di Shakespeare, giustapponendo parole, testi e immagini. E, come le opere del grande autore hanno significati e associazioni diversi, così gli oggetti in mostra dialogano contemporaneamente su più livelli.
Grazie a questa mostra, ci viene presentato ciò che era noto ai contemporanei di Shakespeare, sia a Londra che a Stratford, in quanto a questioni sociali, religiose e politiche. Il visitatore è accolto da una vivace immagine di Londra e dei suoi teatri, delle risse e dei giochi, dei mercati e delle vie fluviali. E’ in questa sezione che si trovano oggetti interessanti, tra cui la forchetta rinvenuta di recente, negli scavi del Rose Theatre. Ma questo è solo il preludio dell’esposizione. In quello che segue, i curatori mostrano come Shakespeare abbia usato quello che aveva osservato e appreso in campagna, a corte, o nelle strade di Londra, per evocare i mondi immaginati nelle commedie. Il palcoscenico diviene dunque un luogo altro, in cui il pubblico inglese può esplorare luoghi lontani, al di fuori della propria esperienza, e dove storie ambientate a Venezia o nell’antico Egitto, riflettono le ansie e i dilemmi di una nazione.  Si va dal medioevo dei primi drammi scecspiriani, alla vita quotidiana raccontata nelle commedie, tra giardini, scienza e superstizioni, con forte caratterizzazione dei personaggi, per poi passare alle grandi tragedie, ambientate nell’antica Roma, in Egitto e nelle terre dei Celti. Agli oggetti provenienti da collezioni britanniche e internazionali, si affiancano brevi filmati, in cui gli attori della Royal Shakespeare Company recitano brevi brani, in modo da  riportare in vita le opere in mostra. Simbolicamente, il percorso espositivo si apre e si chiude con un volume delle opere di Shakespeare. Il primo è il celebre tomo, prima edizione completa delle opere del Bardo, pubblicato nel 1623. L’altro, una raccolta economica stampata negli anni ’70, è aperto alle pagine del Giulio Cesare. Vi si nota come Nelson Mandela, durante i duri anni di prigione, sottolineasse il passaggio che recita: “I vigliacchi muoiono molte volte prima della loro morte. L’uomo coraggioso sperimenta la morte una volta sola.”

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Avventure di un viaggiatore silenzioso

Morning mist in St. James's ParkIn una realtà sempre più globalizzata, ci si chiede come sia possibile stupirsi davvero nel visitare un paese straniero. Si accede alle informazioni ancora prima di aver fatto la valigia, si coprono distanze enormi in una manciata di ore d’aeroplano, e si può consumare tutto in fretta, scaricando mappe sul cellulare e fotografando senza posa, dato che l’avvento del digitale ha espanso le possibilità del mezzo. Se pensiamo alle modalità di viaggio dei nostri progenitori, siamo fortunati. Non dobbiamo sporcarci né affaticarci troppo,  i confini si sono fatti labili, girovaghiamo in lungo e in largo grazie ad autostrade e voli low cost e, così, una gran fetta di mondo non ci riesce più totalmente estranea. Poi, bisogna sempre fare le dovute differenze tra turista e viaggiatore, anche se le linee di demarcazione sono incerte. Viaggiare può anche significare camminare nel proprio quartiere e trovarci qualcosa di interessante o emozionante, poche’ il viaggio implica il tempo di guardare e di comprendere, o, almeno, provarci.  Nelle mie escursioni per librerie di seconda mano, mi è capitata l’occasione di trovare una copia del 1946 del libro di Chiang Yee, dal titolo: “The Silent Traveller in London“.

Chiang Yee fu un artista poliedrico: poeta, scrittore, pittore e calligrafo. Laureatosi all’Università di Nanchino, aveva ricoperto vari ruoli importanti, ma, insoddisfatto della situazione politica del suo paese, nel 1933 aveva abbandonato la Cina e la famiglia, per trasferirsi a Londra. Qui, tra un master alla London School of Economics e un concomitante incarico come insegnante di cinese alla School of Oriental Studies, Chang Yee si era avventurato alla scoperta della città, annotando in prosa, versi e illustrazioni il suo punto di vista, sempre pacifico e scevro da giudizi. “The Silent Traveller in London” è un libro di viaggio molto particolare, in cui Londra ci appare trasfigurata in schizzi e stampe di sapore orientale, e la narrazione si snoda sempre sul binomio interno/esterno, una città descritta da colui che ci vive, ma ne è comunque estraneo. Chiang non si rammarica o imbarazza mai delle sue origini, anzi, celebra la sua diversità nell’esperienza quotidiana di emigrato/viaggiatore, commentando le differenze tra Oriente e Occidente e trasformando le sensazioni da outsider in un’opportunità, per guardare alle cose in modo diverso e condividere queste visioni con il resto del mondo. Scorrendo le pagine del libro, ci si accorge che, fondamentalmente, Chiang Yee credeva già nell’idea di villaggio globale, in cui gli uomini, seppur diversi superficialmente, sono tutti accomunati da necessità fondamentali, come bere, mangiare, dormire, vestirsi e cercare un riparo. Pioneristico nel tentativo di stabilire dei confronti e cercare di spiegare la cultura cinese agli inglesi, il libro ritrae in modo poetico, ironico, a tratti nostalgico, una Londra di altri tempi, che, per certi aspetti, ci appare ancora molto attuale.

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Quel dolce odore di libro…

old_booksL’inconfodibile aroma polveroso di vecchi libri è una delle gioie del bibliofilo, lo si repira non solo nelle biblioteche storiche, ma anche nelle librerie antiquarie o di seconda mano. In un mondo che diviene sempre più asettico e informatizzato, presto non saranno in molti a saper riconoscere l’odore agrodolce e ammuffito di una biblioteca storica. Pochi sanno che, questo particolare bouquet, ci può dire anche di cosa  è fatto il patrimonio librario.
La dottoressa Matija Strlic, chimico dell’University College di Londra (Centre for Sustainable Heritage), sta conducendo uno studio mirato su come l’odore di  libri e manufatti antichi, possa rivelare informazioni cruciali sia per gli studiosi, che per i restauratori. L’intensità di odori è un patrimonio genetico, che spesso rivela la velocità di decadimento degli oggetti, e lo sviluppo di etilometri costruiti a questo scopo, può essere utile per la loro conservazione. La Strlic ha deciso di condurre gli studi sulle correlazioni tra la composizione della carta e il suo odore, dopo aver visto un esperto annusare un titolo per valutarne l’età e la qualità. L’odore è parte della storia di un oggetto e anche del nostro modo di godere del patrimonio librario e antiquario. L’equipe della UCL, affiancata da ricercatori olandesi e sloveni, ha studiato 72 libri degli ultimi duecento anni. Attraverso la tecnica ‘degradomica’, si è potuto scompore il complesso profumo  di libri antichi nelle sue varie componenti chimiche, ed individuare i 15 più diffusi composti organici volatili (COV), derivanti dalla carta invecchiata o antica.  L’aroma di libro antico è stato dunque descritto come una combinazione di “note erbacee, con punte acide e un cenno di vaniglia su leggero sfondo di muffa”.  Questo odore inconfondibile, è parte tanto del libro, quanto del suo contenuto (carta, rilegatura, inchiostro). I marcatori di degradazione possono essere utilizzati per monitorare le condizioni di invecchiamento dei libri attraverso l’analisi dei gas COV da essi prodotti, e potrebbero aiutare i restauratori di biblioteche e archivi nel loro lavoro. La dottoressa Strlic parlerà dei risultati di questa interessante ricerca, in una conferenza pubblica gratuita, che si terrà il 21 giugno prossimo al British Museum.

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Bicentenario

Charles Dickens by H.Watkins_ ©LondonSE4

Il 7 febbraio 1812 Charles John Huffam Dickens nasceva a Portsmouth. Gli anni della sua prima gioventù sarebbero stati segnati da numerosi traslochi (da Portsmouth a Bloomsbury, da Chatham a Camden Town, il quartiere allora più disagiato di Londra), dalla povertà, dall’onta di vedere finire in prigione suo padre per debiti, dagli studi sacrificati per un duro lavoro di dieci ore giornaliere in una fabbrica di lucido per scarpe, dove, tra l’umidità e i topi, bisognava attaccare etichette su latte ricoperte di carta bianca e blu. Poi arrivò un’eredità insperata, e il giovane Dickens salvò se stesso grazie allo studio della stenografia, che gli permise di diventare giornalista e dare sfogo alle sue doti di scrittore. Molto probabilmente, se Charles non avesse conosciuto un’adolescenza così infelice, degradata ai sordidi meandri in cui si dibattevano i poveri senza nome di una Londra nebbiosa costellata di slums, non avrebbe forse mai scritto capolavori senza tempo come Oliver Twist, David Copperfield e The Bleak House. Charles Dickens è stato il più grande ritrattista di Londra, ne ha saputo delineare angoli gotici, mercati maleodoranti, strade fangose e tutta un’umanità fatta di giovani coraggiosi, eroine virginali, avari eccentrici, anonimi impiegati, vecchi cialtroni, ricchi benefattori, fuggiaschi e mendicanti. Londra fu per Dickens tanto un vasto palcoscenico che una mitica prigione. Un dinosauro di fango e miasmi, un groviglio intimo di vicoli e stanze in affitto, affollati di vita e di umorismo.

Londra festeggia il suo più famoso scrittore con mostre e iniziative speciali.

Innanzitutto, consigliamo di recarvi al più presto a far visita alla Casa di Dickens, che oggi regalerà delle cupcakes celebrative ai primi 200 visitatori, allietando il tutto con letture e personaggi in costume. La casa museo rimarrà aperta fino al 9 aprile, poi resterà chiusa per 8 mesi, per lavori di ristrutturazione e ampliamento.
Non poteva mancare una mostra sulla Londra Vittoriana di Dickens. E’ quella multimediale in programma al Museum of London, fino al 10 giugno. Dickens era anche un appassionato di racconti macabri e fenomeni paranormali (pensate solo ai fantasmi del suo A Christmas Carol) e aveva aderito al Ghost Club, un’associazione di studi fondata nel 1862. Fino al 4 marzo, alla British Library, una mostra gratuita esplora, attraverso documenti e lettere, l’interesse che Dickens dimostrò per i fenomeni paranormali, e che confluì spesso nelle sue opere.
Al Victoria & Albert Museum, detentore di una vasta collezione di libri, documenti autografi, corrispondenze e illustrazioni, la sala 85 offre un percorso espositivo che, attraverso manoscritti originali ed edizioni a stampa, svela tutti gli sviluppi di David Copperfield, l’opera più autobiografica di Dickens. E per finire, nella sala 24 della National Portrait Gallery, potrete ammirare alcuni ritratti dello scrittore, tra cui quello realizzato dal famoso fotografo vittoriano Herbert Watkins, nonché immagini e documenti relativi a familiari, amici e contemporanei.

Happy Birthday!

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Je parle ici de l’amateur

antiquarian book fair
Ogni passione confina con il caotico, ma la passione del collezionista confina con il caos dei ricordi. Più ancora: il caso, il fato, di cui è soffuso il passato ai miei occhi, sono intensamente presenti nell’abituale confusione di questi libri…” – Walter Benjamin

Mi piacciono i libri vecchi, quelli fuori catalogo, quelli con un centinaio di anni sulle spalle o anche più. Mi piace l’odore stantio della carta, la copertina di cartone rigido con i rilievi, i margini delle pagine ingiallite dal tempo, i caratteri un pò pesanti, leggermente sfumati, che raccontano cose nella lingua e nelle tonalità del tempo che fu. Mi piacciono i libri illustrati da incisioni, unico mezzo per documentare avventure, scoperte, sogni. Mi piacciono i libri con una dedica ed una data, il premio per la gara di matematica, il regalo di Natale o l’ex libris di una biblioteca ormai disfatta. Mi piace perdermi nelle librerie del centro, quelle con la scaletta che va giù nei meandri dello scantinato, un silenzio misterioso che può valere un incontro, una scoperta. Adoro anche le bancarelle e gli scaffali dei rigattieri, là dove, mancando l’erudizione e l’occhio esperto di chi se ne intende, un prezioso volume può essere dismesso per pochi centesimi.
Londra è un luogo privilegiato per certe passioni, ci sono più mercanti di volumi, stampe e mappe d’epoca qui che in ogni altra città del mondo. Ci sono posti dove posso solo ammirare la vetrina, perché i prezzi superano le mie possibilità.
Uno di questi negozi antiquari è Sotheran, a Piccadilly. Mi fermo spesso davanti alla vetrina, e finendo gli ultimi sorsi di un cappuccino brodaglia (un pò come quella Holly che faceva colazione da Tiffany), rimiro i Piranesi e gli Hogarth, le damine del Settecento e i pesci tropicali.
Guardare non costa nulla.
Ed è con questa filosofia di vita, che, munita di biglietto gratuito, mi sono recata alla Olympia Book Fair, uno degli eventi più prestigiosi nel suo genere.
Gli espositori venivano non solo da tutto il Regno Unito, ma anche dalla Germania, dalla Francia, dai Paesi Bassi e dagli USA.
File interminabili di libri. Volumi di storia naturale illustrati tra XVIII e XIX secolo con dei colori e dei prezzi da capogiro. Prime edizioni del magico mondo di Beatrix Potter, resoconti di viaggi, mappe, tomi di medicina, arte e storia, teatrini di cartone.
La fauna sparuta dei collezionisti, il linguaggio degli iniziati, le cifre a vari zeri, le note tecniche quasi criptiche e dappertutto quell’odore di sacro e stantio, al cui fascino non si sa rinunciare, per il cui possesso ci si può anche dannare l’anima, come seppe raccontare Asselineau nel suo Enfer

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Darwin al bagno

darwin

Chi di voi tiene un numero dell’intramontabile Topolino o magari la Settimana Enigmistica o, perché no, qualcosa di più colto e voluminoso in bagno? Nessun tabù, nulla di cui vergognarsi. E’ risaputo, infatti, che se gli italiani non sono proprio dei gran lettori, gran parte di essi possiede qualcosa da leggere per armonizzare mente ed esigenze fisiologiche, soprattutto fumetti, riviste e racconti brevi…
E gli angli?
A quanto pare, anche loro sono dediti allo stesso tipo di “hobby”, tanto è vero che è di questi giorni la sensazionale notizia che oggi vi riporto. Nel bagno degli ospiti di una dimora di campagna dell’Oxfordshire, da circa quarant’anni, faceva bella mostra di sé una copia de “L’origine delle specie” di Charles Darwin, acquistata in un mercatino di rigattiere per pochi scellini. Non sappiamo quanti ospiti si siano avventurati tra le sue pagine, ma che il libro fosse là era noto a tutti, amici e familiari. Proprio il genero del proprietario, mentre visitava una delle tante mostre organizzate per celebrare il centenario della celebre teoria scientifica, ha notato l’assoluta somiglianza tra un raro volume in esposizione e il libercolo nel bagno. Una stima d’antiquario ha dunque rivelato che il volume utilizzato per armonizzare le funzioni del corpo era niente meno che una rara edizione del 1859 (solo 1.250 copie furono stampate in quell’anno), valore minimo 35.000 sterline. Il volume salvato dal gabinetto, con la copertina dai caratteri incisi in oro e il titolo “On the Origin of Species by Means of Natural Selection”, sarà messo all’asta da Christie’s in occasione dei 150 anni dalla sua pubblicazione. Nelle note di corredo alla preziosa opera scientifica, la casa d’aste ha precisato “copertina lievemente rigonfia agli angoli”.
Nel frattempo, English Heritage, che ha in cura la casa di Darwin (Down House) ha pubblicato un appello per il ritrovamento di uno dei taccuini di appunti che il giovane scienziato aveva portato con sé dalla sua spedizione nelle isole Galapagos e che fu rubato presumibilmente tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. I 15 taccuini saranno messi on line da English Heritage per celebrare i 150 della teoria evoluzionistica.