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Tema: Nel mio quartiere son quasi tutti artisti

chat noir

Mi piace girovagare per le stradine secondarie, è una cosa che ho sempre fatto, anche quando ero in Italia.
Nelle strade sul retro ci passa meno gente, ma ci sono scorci interessanti, sorprese ad ogni angolo, la giusta solitudine per riflettere, al ritmo dei propri passi.
Poi può anche capitare che tra due cespugli di trifoglio, salti fuori un gatto nero.
Che non si muove, perché è dipinto a "trompe l’oeil".
Un gatto che imperturbabile resterà a spiare passanti, farsi abbaiare contro dai cani, sbiadire lievemente alle intemperie, senza mangiare e senza miagolare, così, stupefatto, sulla soglia dell’irreale.
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The Great Frost Fair

snow in SE London

Foto: © "Blythe Hill Fields"- 02/02/2009 

Aveva cominciato a nevicare nella serata di domenica, giusto una spolveratina. Era successo altre volte da quando sono qui, non c’era da preoccuparsi. Sono andata a dormire e ho dormito molto bene. Stamattina la neve continuava a cadere, c’erano ormai una ventina di centimetri. Caffettino, BBC, notizie sui trasporti. Che non c’erano. I bus ritirati dal servizio, la metro sospesa, i treni, anche. Gli aeroporti chiusi. Una metropoli si è fermata, così, semplicemente, e inspiegabilmente, per 20 centimetri di neve. Una coltre bianca, soffice, pulita, che ha travisato e reso tutto più bello. Una festa al parchetto dietro casa, di bambini e genitori, ragazzini e adulti, pupazzi di neve e cani. Gente che normalmente avrebbe badato ai fatti suoi, ma che la neve ha sorpreso e unito nello stesso gioco. Nel frattempo, scatta la polemica sul disservizio. Il sindaco si scusa dicendo che la neve è del tipo giusto, ma della quantità sbagliata, e si rimette al cielo, mentre gli economisti pronosticano che, se il 20% della popolazione è rimasto a casa, ci saranno perdite per almeno 900 milioni di sterline e ad essere più duramente colpiti saranno le aziende private e i piccoli esercizi commerciali. Secondo la Federation of Small Businesses almeno un quinto della forza lavoro in Gran Bretagna ha dovuto assentarsi dal lavoro. E io sono fra quelli. E domani? E’ un altro giorno…
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New Year’s Resolutions

2009

Foto: © "Hilly Fields"- 06/01/2009

L’Italia è lontana, un nuovo anno in terra angla, tutto da scrivere. Molti progetti, svariati propositi. Come ogni inizio anno me ne vado al parco, sulla collina di SE4, a meditare. C’è un bel tramonto, da film. Le altalene sono vuote, il campetto da tennis deserto, le panchine restano in attesa, sferzate dal vento, le luci della città si accendono in lontananza. Si profila un anno incerto, la recessione comincia a farsi sentire, pesante. Mi sento un pò come la cicala di Jean de La Fontaine, mi chiedo se non abbia sbagliato nei mesi addietro a non essere più formica. Ma penso che cavalcherò il credit crunch senza troppi danni, e mi dedicherò ad esplorare di più questa città, scoprendo alternative interessanti, rallentando il passo, attingendo alla vena creativa, cogliendo l’attimo. E allora, buon 2009, comunque vada…
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Merry Xmas

Natale,  questa volta, senza nebbie albioniche guastafeste che mi lasciano a terra, lo passo in Italia. Con la benedizione televisiva urbi er orbi, la musica classica, gli sms sorpresa dalla terra angla, la tovaglia bella e i bicchieri di cristallo, che suonano carini se li intruppi con le posate, e il centrotavola con la candela rossa e l’albero addobbato dalla sottoscritta, con le decorazioni vittoriane, tolte dall’imballo lottando contro l’allergia da polvere dell’anno precedente. Natale lo respiro nella mia città, a fare le foto da turista alla vigilia e ad immortalare vetrine da favola di Andersen, con le mortadelle appese a 25 euro al chilo e i nanetti di cioccolato tra i rami di pino e il gatto con gli stivali tra scampoli di damasco e la gente che c’è la crisi, ma fa lo stesso la fila fuori da Vuitton, a via Condotti. Natale a Roma è rivedere il sole, quello che scalda e ti fa togliere gentilmente il berretto e la sciarpa e poi piegare la giacca sul braccio, mentre la gente va e viene coi pacchetti e le buste. E’ la rimpatriata con gli amici, quelli di sempre e quelli recuperati col passaparola e faccialibro, è girovagare in libreria con l’amica che ti dice quali sono i best sellers dell’anno e tu che fai lettura veloce tra  uno scaffale e l’altro e pensi che quel titolo là lo puoi prendere in prestito dall’istituto francese di south kensington, invece di bruciarti 18 neuri, che c’è il christmas crunch. Natale è la telefonata con gli zii, il vino che è buono e ti stende, Adeste Fideles, il torrone di Benevento, le puntarelle e le noci, rumori di sedie trascinate attorno ad un tavolo, il divano per schiacciare un pisolino, odore di mandarini e cera calda e si è tutti più buoni. Natale è a casa. E allora, Buon Natale!

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Ebb and Flow in the Creative Process

wb 

Foto: © "Guinness and Friendship Book"- The Boaters Inn, Kingston Upon Thames, 13/12/2008

Secondo questo blog, il 2008 non è solo un anno bisesto, ma di 10 mesi, come nel calendario romano. Non è un caso che a mancare siano aprile e novembre, due picchi cruciali nella vasta marea di eventi che mi hanno coinvolto. Nel bilancio ci possiamo includere: un trasloco e un cambiamento lavorativo, perdite ed acquisti materiali ed emotivi, abbandoni e ritorni, viaggi fuori e all’interno di me stessa… Ma a trionfare su tutto è stato il blocco dello scrittore, una cosa che pensavo esistesse solo in mitologia! Che sia stato causato da cambiamenti umorali od oscillazioni di onde nei lobi frontali, oppure dall’incapacità di trovare e dare spazio alla mia voce per circostanze sociali ed economiche, poco importa. Ho continuato a vivere, forse più intensamente di quanto non abbia mai fatto prima, ho scoperto luoghi, dipinti, suoni, colori, anime e storie da raccontare, sono ringiovanita e invecchiata allo stesso tempo, ma non mi è riuscito di scrivere nemmeno una virgola. Suppongo che qualcuno si sarà rassegnato a questo silenzio e avrà smesso di cercarmi, altri forse sono ancora là, fiduciosamente in attesa. L’importante, credo, sia essere riuscita a tornare, stasera. 
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C’è Grossa Crisi…

quelo

© Corrado Guzzanti aka Quèlo – "Pippo Chennedy Show" – 1997 

Un pallido sole d’autunno fa capolino tra le nubi, la quiete fresca e silenziosa di SE4 nulla fa presagire del clima pesante che si respira in città. E non parlo dello smog e del rumore e dello sciame di persone che invade strade e metropolitane, ma di una cappa forse più pesante, perchè presente e allo stesso tempo invisibile: quella dell’incertezza. Da cinque anni a questa parte ho vissuto in una bolla, testimone di un mondo fatto di impiegati di large investment banks, con gli open space al trentesimo piano, gli orari impossibili, la cnn in ascensore, la larga disponibilità economica, i viaggi oltreoceano, gli abiti firmati, e le sbornie da smaltire sul treno a mezzanotte. Per cinque anni una casa di proprietà (a prezzi irragionevoli), una bella macchina e il conservatory da mettere in giardino sembravano essere la massima realizzazione a cui un essere umano potesse aspirare, ho visto gente indebitarsi e danzare allegramente sull’orlo del baratro. E adesso, è ufficiale, la Gran Bretagna è in RECESSIONE. Si può perdere il lavoro, la casa, i soldi investiti in fondi e azioni, la bella macchina, l’agiatezza di ieri. E’ una crisi nazionale, ma anche globale. Titoloni e cifre sulle prime pagine dei giornali, facce ancor meno sorridenti la mattina per andare al lavoro, siamo diventati tutti economisti dell’ultima ora e si discute sui possibili scenari davanti ad un tè o alla Cornucopia di teschi colorati di Damien Hirst. E mi viene in mente il bel saggio di Erich Fromm, "Avere o Essere?", in cui l’autore osserva come la libertà dell’individuo sia pesantemente affetta non solo dall’io, ma soprattutto dai possessi, e come la creatività umana e l’autorealizzazione passino necessariamente attraverso la rinuncia alle cose, al potere, alle attività alienate, alla snervante ricerca della perfezione personale. 
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Chanson d’automne

autumn

Foto: © "Beckenham Hill" 30/09/2008
 
E’ ufficialmente iniziato l’autunno in terra angla, non che l’estate quest’anno si sia fatta notare, ma quando le foglie cambiano colore, a terra cadono i ricci d’ippocastano e tante bacche rosse punteggiano i cespugli all’angolo delle viuzze di SE4, mi sento dentro una felicità strana. Ci sono nuove mostre da vedere, il festival di cinema, quello di musica antica, i propositi da mettere in pratica, avvolti in un golf di lana, le passeggiate nel parco con il sole che scalda appena, quel cappellino con la piuma che aspetta nell’armadio, le lezioni di tango nella sala anni trenta, con il parquet rovinato e i ballerini impacciati. Ma anche i primi raffreddori, la dichiarazione delle tasse con i moduli astrusi che non so come riempire, il bisogno di una stampante nuova e su tutto l’atmosfera tesa di settimane di crolli in borsa e la minaccia della recessione e questo credit crunch, che è sulle bocche di tutti, come un venefico snack.
 

I singhiozzi lunghi dei violini d’autunno
mi feriscono il cuore
con languore monotono.
Ansimante e smorto,
quando l’ora rintocca,
io mi ricordo dei giorni antichi
e piango;
e me ne vado nel vento ostile 
che mi trascina di qua e di là 
come la foglia morta.  

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Down came the rain, but nothing will change…

killing moon

La parentesi romana si è conclusa… anche l’estate. Qui in terra angla si respira l’odore dell’autunno e fa anche un pò freddino. E il sole è un optional. Si parlava ieri delle strane sensazioni a fior di pelle, una vacanza come tante che l’hanno preceduta, da cui non ci si aspettava nulla o quasi, e che però ci ha cambiato. Possono essere stati paesaggi montani di purezza sorprendente o uno scenario barocco da riscoprire, semplicemente, camminandoci dentro; la rivelazione è avvenuta in sordina, come la goccia che scava la roccia, attraverso il ritmo lento dei passi, la gamma di colori dimenticati, il sole che accarezza la pelle e il viaggio nella solitudine che si fa presenza, di noi stessi. E poi si torna a Londra, alla vita frenetica, al clima incerto da recessione, ai pendolari che corrono senza posa tra lavori che saltano, alla quotidianità stravolta, fatta di facce e ritmi che dovrebbero essere gli stessi di dieci giorni fa, ma in fondo al cuore sai che non è così. E, tuttavia, la sola cosa da fare è tuffarsi in questo mondo asincrono, coglierne le opportunità cercando di non farsi prendere da quella frenesia malata, anche se è un proposito destinato al fallimento. 
L’unica cosa che conta è restare fedeli a se stessi, pur nei cambiamenti e nelle evoluzioni.
Così mi sono ritrovata a filosofeggiare, tra una pausa e l’altra del concerto dei Bunnymen alla Royal Albert Hall. Sul tempo che passa, sui prodotti musicali che oggi si divorano in un nanosecondo, mentre ieri un album durava si e no 45 minuti e lo ascoltavi attentamente, lo metabolizzavi consumandone i solchi. Ho visto scorrere bellissime immagini in bianco e nero di una gioventù piena di promesse, e sul palco quello che rimane di un ventennio di tempeste e battaglie. 
Sarà che io i concerti rock seduta in piccionaia proprio non riesco a concepirli… però so che se fossi stata sotto al palco, testimone del decadimento della gioventù di cui sopra, mi sarei sentita peggio. 
"Evergreen…"
 
 bunnymen
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Close Encounters

alieni?

La fine del mese di agosto porta sorprese in terra angla. Si va al locale brasileiro e ti danno un cubetto di ghiaccio luminoso per chiamare la cameriera. 
E se il tempo non è sempre clemente, basta guardare su in alto e quando meno te lo aspetti c’è uno sprazzo di sereno, uno scampolo di cielo azzurro, un arcobaleno da manuale. 
Guardando in alto, si può anche avvistare… un UFO! 
Ebbene sì, anche SE4 ha avuto i suoi incontri ravvicinati. 
Il 9 agosto qualcosa di sinistro si aggirava nei cieli neri a sud est di Londra.
Chi dice che fossero delle lanternine luminose, chi una birra di troppo, ma in tanti sono convinti che gli extraterrestri scorazzassero sopra i verdi sobborghi a sud del fiume. Ne ha parlato anche il giornale locale!
Guardando in basso, invece, più precisamente a terra, si possono incontrare altri generi di alieni. 
Era sui giornali angli, ma anche italiani, la notizia delle lumachine romane dal nome buffo, Papillifera Papillaris, quelle che da cento anni dimorano felici e indisturbate a Cliveden nel Buckinghamshire. Pare siano emigrate per nave, incollare ad una bella balaustra marmorea, proveniente dai giardini di Villa Borghese. E se si sono acclimatate le lumachine, perché non dovrei farlo io? 
 
La sorpresa più gradita è stato però l’arrivo in VESPA dell’amico-bloggatore Pacomino
(vedi: http://pacomino.blogspot.com/2008/08/preview.html), il quale, per passare un weekend a Londra, si è fatto tutta una tirata da Milano (con un’unica sosta al confine svizzero) e che, all’alba del sabato, è stato scortato dalla polizia di Lewisham, con navigatore satellitare e tutti gli onori, fino alla mia porta.  Ecco, non so se vi posso spiegare cosa abbia significato girare Londra by night in sella ad una Vespa, e veder gonfiare le gomme e mettere miscela al suddetto mezzo al benzinaio di SE4, ma da quando tutto questo è accaduto la città mi sembra più mia. 
 
vespa 
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Je repart à zéro

towerbridge

Qualcuno ha detto che bisogna perdersi, per poi ritrovarsi.
L’avventura più grande è sicuramente il viaggio alla scoperta di noi stessi.
Chi siamo, dove vogliamo andare. A volte non necessitiamo di massimi sistemi, sono le piccole cose di ogni giorno a darci la misura del nostro essere nel mondo. Il ponte sul fiume avvolto dalla nebbia mattutina, l’ape ronzante sul ranuncolo giallo, la ragazzina sui pattini, che torna da scuola, un emulo di Elvis che fa cantare "Suspicious Minds" alle donne in carriera e alle commesse di Canary Wharf, la bambina che ti chiede di prenderla in braccio per guardare più lontano, quel velluto così verde e palpabile nel tuo quadro preferito, il ragazzo che distribuisce il Londonpaper all’angolo della posta e che ormai è un amico, il macchinista del treno che sorride dal finestrino, quest’estate angla che stenta ad arrivare, lo specchio strano che avevi visto due mesi fa al mercato di Greenwich, quando la tua vita e i tuoi progetti erano totalmente diversi, e che è ancora là, ad aspettarti. Così per 5 pound ti porti a casa un sogno che non vuole morire, una cosa che fa belle le tue nuove pareti e la tua anima.