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A Londra, The Moon: una mostra interamente dedicata alla Luna

The Moon exhibitionThe Moon è una mostra speciale, inaugurata proprio nel cinquantesimo anniversario della missione di Apollo 11, che esplora, in quattro sezioni distinte, le relazioni dell’umanità con la Luna, il corpo celeste più vicino alla Terra.
Il nostro satellite è rappresentato sia artisticamente che scientificamente. Si va da strumenti di navigazione, visioni mistiche, calendari, trattati di medicina, amuleti ed interpretazioni poetiche di artisti e scrittori, all’osservazione diretta della luna, grazie all’invenzione del telescopio, con disegni scientifici, pubblicazioni, mappe, dagherrotipi, fotografie.
Il documento più antico in mostra è una tavoletta cuneiforme, in prestito dal British Museum, risalente ad oltre 2000 anni fa. Si citano le varie fasi lunari ed un’eclissi, considerata foriera di presagi oscuri. La Luna è una divinità, per i Greci, i Romani, gli Egizi, i Celti e molte altre antiche civiltà. Triforme, governa le maree, regola l’agricoltura, il tempo, gli umori, simboleggiando la rinascita.
Il 1609 è un anno importante per la storia della Luna.
A luglio, in Inghilterra, Thomas Harriot realizza il suo primo disegno lunare, usando un tubo ottico.
In Italia, probabilmente nelle stesse settimane, Galileo Galilei, grazie ad un telescopio più potente, traccia cinque disegni, abbastanza precisi, osservando la luna in varie fasi. Questi disegni andranno a corredare il suo libro, Sidereus Nuncius, destinato ad avere un successo internazionale.
All’inizio del XVII secolo, si credeva che i pianeti, inclusa la Luna, fossero sfere perfette e immutabili, che ruotavano intorno alla Terra. Tuttavia, le osservazioni telescopiche suggerivano contrario.
Galileo si spinse oltre e scoprì che Giove aveva quattro satelliti. Questo lo indusse a pensare ad un sistema centrato sul sole, in cui la Terra si comportasse tale e quale ad altri pianeti.
La Luna presentava al telescopio caratteristiche molto simili alla Terra, ad esempio montagne e crateri, ma anche zone oscure, che gli astronomi interpretarono come mari e laghi.
Nel 1651, il gesuita italiano Giovan Battista Riccioli pubblicava l’opera Almagestum Novum. La nomenclatura lunare esposta da Riccioli è utilizzata ancora oggi. A lui si devono i nomi emotivi dei mari o quelli di uomini illustri per i crateri.
JosephBanks ritratto da John RussellOltre un secolo dopo, a metà tra arte e scienza, si situano invece gli importanti lavori di John Russell, un pastellista inglese del diciottesimo secolo. Di giorno, Russell realizzava i ritratti della società alla moda, tra cui quello, in mostra, di Joseph Banks. Qui, il presidente della Royal Society, è ritratto di tre quarti, con in mano uno dei pastelli lunari di Russell. Banks credeva che fosse necessario un “occhio d’artista” come quello di Russell per comprendere meglio la Luna, al di là di quello che si percepiva al telescopio. Per oltre un ventennio, Russell fece le ore piccole a disegnare la Luna e, da queste notti insonni e febbrili, scaturì un gruppo di meravigliosi “ritratti” lunari. Inoltre Russell creò una una mappa lunare sferica, che chiamò Selenographia. Questo globo lunare è anch’esso in mostra ed è un affascinante manufatto illuminista, atto a riprodurre le librazioni, o movimenti, della Luna rispetto alla Terra.
Poco più di un cinquantennio dopo, in epoca vittoriana, dagherrotipi e fotografie permisero di meglio immortalare il satellite, in tutti i suoi aspetti. Nel mondo si diffusero atlanti e mappe lunari molto accurati.
lunaCon la nascita del cinema, il sogno di andare sulla luna, prese forma. Dal viaggio romantico dei fratelli Lumiere (Le Voyage dans la Lune), alla missione futuristica di Fritz Lang (Frau im Mond) l’immaginario collettivo si nutrì delle visioni accurate e antesignane di Stanley Kubrick, avvicinandosi ad una vera e propria estetica spaziale. L’uscita di 2001: Odissea nello Spazio precedette di un anno l’allunaggio dell’Apollo 11. Il regista aveva studiato da vicino la meccanica e la fisica del volo spaziale e la stazione ruota del film si era ispirata proprio ai primi progetti aerospaziali dell’ingegnere NASA Wernher von Braun.
La mostra prosegue con una sezione tutta dedicata a documenti e manufatti del programma spaziale Apollo in prestito dallo Smithsonian National Air and Space Museum di Washington DC.
Sebbene l’ultima missione NASA corrisponda al 1972 (Apollo 17), l’era delle esplorazioni lunari non è finita. India e Cina ora puntano alla Luna, gli USA la vogliono utilizzare come trampolino di lancio per arrivare fino a Marte, Foster + Partners hanno progettato per European Space Agency una base lunare, studiando l’uso della regolite come materia da costruzione. Il modulo può ospitare quattro persone, ed è in grado di offrire protezione da meteoriti, radiazioni gamma e fluttuazioni di temperatura.

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A Londra, una mostra per i 500 anni dalla nascita di Thomas Gresham

Una mostra alla Guildhall Library celebra la vita del finanziere elisabettiano Sir Thomas Gresham.

Gresham è probabilmente il più noto di tutti i mercanti e finanzieri inglesi del XVI secolo. Era stato il consigliere finanziario di quattro monarchi Tudor (senza perdere la testa!), era divenuto molto ricco, contribuendo a fare di Londra un grande centro finanziario internazionale, e aveva importato da Anversa l’idea di una borsa, fondando così il Royal Exchange.

Nato nel 1519, Thomas Gresham fu ammesso a 24 anni come socio della Worshipful Company of Mercers ovvero la gilda dei mercanti di stoffe. Quasi subito, nel 1543,  andò ad Anversa per fare fortuna. Anversa era una città popolosa e cosmopolita ed il commercio di tessuti tra Londra e questa città delle Fiandre era davvero importante, dato che la capitale inglese dipendeva in modo cruciale dall’Europa continentale per la sua capacità di resilienza economica. Un ritratto del 1544, forse eseguito in occasione delle nozze con Anne Fernley, e oggi nella collezione della Mercers Company, ce lo mostra a figura intera, vestito di nero, con materiali costosi. L’orgoglio del giovane mercante non deriva dalla nobiltà di sangue, ma da una individualità derivatagli dalla sua attività professionale che lo portava a scambiare e relazionarsi, investendo nelle relazioni.
Ritroviamo l’intraprendente agente finanziario dei monarchi inglesi nel bel dipinto eseguito da Antonis Mor van Dashorst, tra il 1565 e il 1570.
L’importante posizione sociale di Thomas Gresham gli permise di essere ritratto dal noto pittore, che fu anche artista alla corte di Filippo II. Dashorst dipinge il mercante, ormai cinquantenne, come uomo dallo sguardo riservato, ma risoluto. A fare da pendant c’era anche il ritratto della moglie di Gresham. Entrambi i dipinti sono oggi al Rijksmuseum di Amsterdam.
Nel 1565 Gresham propose alle Corporazioni di Londra, la costruzione a proprie spese di borsa, sul modello di quella esistente ad Anversa, per la trattazione dei commerci. Il Royal Exchange venne ufficialmente inaugurato nel 1571 dalla regina Elisabetta I che gli ha conferì il titolo reale e la licenza per vendere alcolici e beni di valore.
Alla sua morte, nel 1579, Thomas Gresham, non avendo eredi diretti (il suo unico figlio era deceduto per una ‘febbre’ a soli 19 anni), aveva lasciato i suoi soldi per la creazione del Gresham College, che anche oggi offre un’ampia gamma di eccellenti conferenze gratuite.
Il Gresham College venne fondato nel 1597 nell’ex residenza di Sir Thomas a Bishopsgate. Nel 1991 il College si trasferì alla Barnard’s Inn Hall, una sala del XIV secolo situata vicino a Chancery Lane.Oggi il Collegio sostiene il suo principio fondativo, di mantenere i più alti standard accademici possibili per tutti i professori.
Gresham CollegeMeno conosciuta del collegio, è la sua biblioteca, ora ospitata nella Guildhall Library. I principali tesori bibliografici coprono un periodo che va dal XV al XIX secolo. Le collezioni sono composte da due parti; una di opere varie (principalmente racconti di viaggi); e una di musica (partiture, parti, eccetera).Le opere in mostra includono la quarta edizione delle opere di Shakespeare, stampata nel 1685, una serie di libri di viaggio dal Cile alla Cina, libri e manoscritti del filosofo naturale, architetto ed esperto universale Robert Hooke (professore di geometria del Gresham College) e un libro autografo con le composizioni soliste di Henry Purcell.

‘Sir Thomas Gresham: Tudor, Trader, Shipper, Spy’ rimarrà aperta fino alla metà di settembre. Ingresso gratuito.

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Beyond Oceania: esperimento di scrittura creativa

TupaiaDiario di Bordo del Capitano:

3 giugno 1769

”Questo giorno si è rivelato favorevole al nostro scopo, come volevamo, non una nube è stata vista in tutto il giorno e l’aria era perfettamente limpida, così abbiamo avuto tutti i vantaggi che potevamo desiderare…”

Sedeva in riva al mare, il ‘tatau’ fresco gli bruciava la spalla e la testa era pesante a causa del gin del capitano. Ne aveva trangugiato un bel po’ per stordirsi dal dolore, mentre la punta d’osso, intrisa di pigmento, gli penetrava le carni. Gli indigeni andavano fieri dei loro tatuaggi. chief mournerErano segno di emancipazione, perseveranza e risoluzione nell’affrontare le sofferenze.
Aveva accettato di farsi marcare la pelle candida, poiché nessun uomo maturo e rispettabile nel villaggio appariva sprovvisto di ornamenti indelebili. Ce ne erano di ogni tipo: navigli, denti di squali, mezzelune, cerchi, punte di lance, animali stilizzati, linee frastagliate come onde del mare. Ogni colpo appuntito affondava nei tessuti un colore denso fatto di olio bruciato, che si mescolava al sangue vivo. Una giovinetta reggeva il colore contenuto in una mezza noce di cocco, e gli sorrideva, mostrando denti che parevano perle. Tra il dolore e i fumi dell’alcol, ricordava solo lo sguardo curioso e i capelli lucidi di monoi che le lambivano i piccoli seni, mentre un suono ritmato e lontano gli giungeva all’orecchio.
Ad ondate, il dolore gli faceva pulsare le tempie, mentre a denti stretti cercava di ricacciarlo indietro.
Gli sembrò allora di essere finito nel caldo soffocante di un interno signorile, stordito da odori diversi: le candele di cera colante, la brace nella bocca scura del camino di marmo lavorato, lo cherry nei bicchieri di vetro bianco e blu, le carte da gioco un po’ stantie, con gli angoli consumati ed il contorno scuro, per le troppe partire di whist.
Lo sguardo si spostava, febbricitante, dalle figure sbiadite delle carte che teneva in mano al collo bianco della donna che era sua amante. La osservava conversare, discreta e gentile, con alcuni amici, all’angolo della sala. S. tendeva un foglio srotolato tra le mani, e le accennava chissà quali segreti del mondo naturale. Lei chinava il capo per guardare meglio, facendo cenno di indicare qualcosa con la punta del ventaglio richiuso. La ricordava così, esile e delicata, una lacrima che le solcava silenziosamente la guancia, mentre si salutavano.
Sentiva ancora il sale di quella lacrima, ma il porto di Plymouth era lontano, lontanissimo.
Ora c’erano sorrisi e sguardi diversi, quasi divertiti, di nativi vestiti di tatuaggi e unti di olio rancido, che gli indicavano l’opera appena conclusa: un ‘amoco’ nerastro, intricato e rappreso al suo sangue.
oceania royal academyDopo quella singolare iniziazione, aveva raccattato una bottiglia tra le pacche di rispetto bonario di alcuni uomini di equipaggio che gli offrivano la pipa ed il tabacco. Non aveva voglia di fumare, aveva raggiunto barcollante la spiaggia e si era addormentato, sfinito dalla prova e assalito dalla nostalgia.

Gli risuonavano nella testa queste parole:
“Il mio tatuaggio è una gemma permanente, che porterò con me nella mia tomba.”

 

La mostra “Oceania”, in collaborazione con il British Museum, il Musée du quai Branly-Jacques Chirac di Parigi e il Museum of Archaeology and Anthropology di Cambridge, è alla Royal Academy di Londra fino al 10 dicembre. 
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“Santo Cielo!” A Londra, la mostra su Charlie Brown

good grief charlie brown

Ebbene sì, sono cresciuta con i Peanuts. La mia infanzia ha risentito dello strascico generazionale degli anni ’60/’70, con la guerra del Vietnam, le lotte femministe, la psicanalisi, i collettivi, il consumismo dilagante. Riviste politicizzate dal titolo Linus, giornalini, gadgets, adesivi… Charlie Brown, Snoopy e amici campeggiavano da poster colorati nelle stanze dei teenagers, tra frasi esistenziali e slogan di protesta. Leggevo avidamente i libri di fumetti collezionati dalle mie cugine più grandi, all’ombra di un abete, nel giardino delle vacanze, e mi piaceva la leggerezza di questa comitiva di bambini americani, spesso alle prese con situazioni più grandi di loro. E anch’io possedevo la mia piccola collezione: l’album natalizio fine anni ’50, qualche tascabile economico, e una statuina di Snoopy, intento ad abbracciare l’uccellino Woodstock, e, sul piedistallo, la scritta ‘Love’. Me la portò mio padre al ritorno da un viaggio di lavoro, e, ancora oggi, è uno degli oggetti a cui tengo di più.
Snoopy & co. continuarono a restare famosi, anche attraverso gli edonistici anni ’80, sebbene sempre più soffocati da personaggi asiatici, coloratissimi e molto poco impegnati, del calibro di Hello Kitty, per intendersi.
Per i seguaci di Charlie Brown, quest’autunno, Somerset House ospita una retrospettiva tutta dedicata ai Peanuts, dal titolo: “Good Grief, Charlie Brown.” La mostra è disposta su due livelli: al piano terra, la nascita dei personaggi e la loro evoluzione, si intrecciano alla biografia del loro autore, Charles M. Schultz. Si evince da subito che non poteva non essere così.
Nelle foto di infanzia, Charles ha la stessa testa tonda e l’aria timida di Charlie, mentre il cane di famiglia diviene lo spunto per la creazione del fedele bracchetto Snoopy, ed il segno da rigido e acerbo si evolve via via, più spigliato e tremolante, popolandosi di bambinetti dai caratteri e dalle idiosincrasie disparati, con l’apparizione lieve e goffa del pennuto Woodstock, e le prodezze di Snoopy, scrittore e aviatore da Grande Guerra.
Al piano superiore della mostra, si illustrano le influenze che il fumetto ha avuto sulla società e il costume e viceversa. Di volta in volta, Charlie Brown è iniziatore di slang (Bonk! Good Grief!), rappresenta un’alternativa politica, racconta con leggerezza e poesia le ansie, le aspirazioni, i dilemmi di una società in cambiamento, fino ad essere preso in prestito da artisti e designer, perché anche i Peanuts, alla fine, sono ‘Pop’.
Si può dunque produrre documenti battendo i tasti di una macchina da scrivere rossa fiammante targata Snoopy, leggere libri di auto-aiuto illustrati ad hoc, perché chi da piccolo non ha mai riversato le proprie ansie su un peluche o una copertina di flanella, chi non ha rifuggito il sapone, chi non ha lottato contro l’albero cannibale, divoratore di aquiloni, chi, infine, non si è mai sentito tanto atterrito all’idea di rivolgere la parola alla ragazzina (o al ragazzino) del cuore?
E, in fondo, lo stesso banchetto da cui Lucy Van Pelt sciorina counseling spicciolo ed elargisce limonata, non è forse simile a quelle bancarelle improvvisate su cui mettevamo in vendita biglie, giornalini usati, sottopentole fatte con le mollette e il vernidas?
Non so cosa penseranno i millennials e i centennials visitando questa mostra londinese, potrebbe rivelarsi comunque un incontro fertile.
Per me, Generation X, è stato ritrovare dei vecchi amici e la parte più innocente di me stessa.

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L’Arte del Campari, alla Estorick Collection di Londra

The Art of CampariNel panorama culturale londinese, la Estorick Collection of Modern Italian Art si segnala per essere l’unico museo dedicato all’arte italiana del ventesimo secolo, con particolare attenzione al Futurismo. La galleria è stata ufficialmente inaugurata nel 1998 ed è ospitata in un bell’edificio di stile georgiano, nel cuore di Islington.
Nel tempo la Estorick Collection, con il suo giardino e il caffè, è diventata un punto di riferimento per la gente del quartiere. I punti di forza del museo risiedono nella particolarità della collezione permanente e nell’attenzione prestata all’arte italiana moderna in tutti i suoi aspetti: arti visive, architettura e design, fotografia, cinema, ecc.
La Estorick Collection ospita anche una biblioteca d’arte, che annovera oltre 2.000 volumi specializzati in arte italiana del primo Novecento, con molte edizioni rare e libri ormai fuori commercio. Il nucleo principale proviene dalla biblioteca personale di Eric Estorick, donata dagli eredi nel 1994, poi ci sono le acquisizioni fatte dal museo negli ultimi anni.
Il programma della galleria si basa essenzialmente sull’organizzazione di mostre relative alla prima metà del Novecento in Italia, connesse dunque con il periodo storico-culturale di cui fa parte la collezione permanente.
Fino al 16 settembre, è possibile visitare una mostra interamente dedicata al marchio Campari, con opere (manifesti e volantini pubblicitari, etichette, bottiglie, bicchieri, packaging e gadgets) provenienti dalla Galleria Campari di Milano.
L’esposizione si concentra sul periodo che va dai primi del ‘900, alle campagne rivoluzionarie e innovative degli anni Venti fino agli eleganti design degli anni Sessanta e mira a riflettere i mutamenti del gusto e, indirettamente, della società, nell’Italia del XX secolo, grazie ad un prodotto reso celebre in tutto il mondo .
La prima galleria si concentra sugli albori delle campagne pubblicitarie del Campari.
Il bitter era stato prodotto per la prima volta nel 1860, a Novara, e consisteva in una miscela di acqua, alcool, ed estratti botanici. In questo caso, l’estratto di scorza d’arancia. Dal 1904, la bevanda digestiva dall’inconfondibile color rosso carminio, era proposta anche all’estero. Era allora importante promuovere il marchio, assumendo un profilo più dinamico, grazie ai poster pubblicitari.
Nella prima sala della mostra, nella carrellata di manifesti della Belle Époque, spicca quello, famosissimo, di Leonetto Cappiello (1921), in cui lo spirito del Bitter Campari appare come una figura dinamica e brillante, che spicca sullo sfondo nero, mentre saltella fuori dalla scorza di un’arancia, stringendo la bottiglia in mano.
Un poster accattivante, dalla grafica immediata, ideale per per catturare l’attenzione nella vita frenetica della città. Una vita frenetica in cui il bitter divenne l’attributo necessario della pausa elegante e sofisticata.
DePero_CampariNella seconda sala, il dinamismo si fa più accentuato. Sono gli anni del Secondo Futurismo e Fortunato Depero, che aveva scritto il manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo” assieme Giacomo Balla, produceva disegni geometrici e suggestivi.  Nelle pubblicità di Depero i personaggi appaiono quasi fumettistici, la grafica non è cosi immediata come negli esempi degli inizi del secolo, ma è sicuramente pionieristica e si rifà all’ideale di “ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente.”
Campari notò la forza creativa e dirompente del Futurismo e lasciò a Depero carta bianca su come realizzare l’estetica del marchio. La collaborazione diede i suoi frutti, perché, nel 1932, Depero progettava anche la forma conica della bottiglia di Campari Soda, che ha resistito invariata fino ad oggi.
Nel secondo dopoguerra, sopratutto negli anni ’60, i manifesti tornano ad essere un po’ più convenzionali, con la tipica grafica che vede il marchio prominente ed il prodotto in bella vista, aspirazione delle classi borghesi. Ancora una volta, Campari ha identificato le tendenze visive dei suoi tempi, coinvolgendo designer ed artisti per creare qualcosa di iconico. Una parete è completamente ricoperta da versioni diverse del logo Campari – ed è un’opera originale di Bruno Munari.
‘The Art of Campari’ è sicuramente la riprova di come l’azienda abbia saputo mantenere in auge il proprio marchio, abbracciando continuamente le correnti estetiche del momento. Durante il periodo della mostra, la Estorick Collection resterà aperta fino alle 21.00 tutti i giovedì, e si potrà gustare un Campari Gin and Tonic oppure un Negroni nell’Estorick Cafe.

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Londra celebra i 100 anni del voto alle donne

Suffragette

Suffragette protestano ad Essex Hall, Londra

Oggi si celebrano i 100 anni dal Representation of the People Act , una legge che diede alle donne britanniche (solo quelle maggiori di 30 anni e sposate con uomini in possesso di proprietà) il diritto di voto. Questa legge fu un passo significativo per il raggiungimento del suffragio universale. Nel 1928, con l’Equal Franchise Act, le donne nel Regno Unito ricevettero diritti di voto uguali agli uomini, aumentando il numero di elettori femminili eleggibili da 8 milioni a 15 milioni.
Questi importanti risultati si dovettero anche alle campagne delle suffragette, un gruppo di donne, prevalentemente di classe media, che protestavano utilizzando varie forme di dissenso, inizialmente con tattiche pacifiche e manifestazioni  nella legalità. Successivamente, le suffragette più militanti, assunsero un approccio estremo, che includeva scioperi della fame, atti di vandalismo ed attacchi incendiari.
Sebbene sia passato un secolo da quando le donne hanno ottenuto il voto, oggi meno di 1/3 dei parlamentari in Gran Bretagna sono donne, ed oltre il 90% dei direttori esecutivi di Società Pubbliche a responsabilità Limitata (PLC) sono uomini.
Tuttavia, bisogna essere ottimisti. Le parlamentari britanniche raramente si trovano da sole a far valere la propria voce ed un disegno di legge per affrontare la violenza contro le donne è stato appena presentato dal governo in questa sessione parlamentare.
Per commemorare il centenario del voto alle donne, Londra offre una serie di eventi interessanti, tra cui mostre, colloqui, visite guidate.

Al Museum of London una mostra racconta le storie delle donne che presero parte al movimento per il voto, e che lottarono instancabilmente per oltre 50 anni. Votes for Women, in programma fino al 6 gennaio 2019, presenta alcuni oggetti iconici delle suffragette e anche un documentario commissionato per l’occasione.

A Westminster Hall,  tra il 27 giugno e il 6 ottobre 2018, una mostra interattiva racconterà la campagna per il voto e la rappresentazione delle donne nella camera dei Comuni e la camera dei Lord.

Bisogna anche ricordare l’esistenza dell’East London Federation of the Suffragette, un gruppo radicale che si era separato dal WSPU nel 1914 e combatteva per i diritti delle donne durante la prima guerra mondiale. La sala delle donne a Ford Road (Bow) fu il loro quartier generale fino al 1924 e comprendeva un centro sociale femminile.
Grazie all’East End Women Museum, in collaborazione con la biblioteca e gli archivi della storia locale di Tower Hamlets, The Women’s Hall Project esplorerà le  storie di  alcune suffragette meno conosciute, attraverso due grandi mostre, una serie di eventi, e un progetto di fotografia partecipativa.

Potete restare aggiornati su Twitter utilizzando l’hashtag  #Vote100

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Ceramiche satiriche tra Sette e Ottocento, in mostra a Londra

Tazza in terracotta color crema, Staffordshire 1803

Tazza in terracotta color crema, Staffordshire 1803
(The British Museum, 1988,0502.1).

Nell’Inghilterra della seconda metà del XVIII secolo, la stampa satirica conobbe la sua epoca d’oro,  grazie alla carica innovativa di artisti come James Gillray, Georges Cruikshank e Thomas Rowlandson. La fruizione di massa di vignette e caricature fu un fenomeno reso possibile, da un lato, dall’apertura culturale e dal dinamismo sociale dell’epoca, dall’altro, grazie alla libertà di espressione e ad una struttura democratica, che consentiva agli artisti di firmare le loro immagini e di indirizzare i messaggi polemici contro il governo e perfino contro la corona. L’ingegno degli artisti britannici era tanto pungente ed oltraggioso quanto quello dei fumettisti di satira moderni e questo lasciava letteralmente sbalorditi i visitatori stranieri. Proprio nello stesso periodo, la satira si spostò dalla carta alla ceramica, raggiungendo un pubblico ancora più vasto. Se le stampe circolavano per lo più nei salotti, le stesse immagini, trasferite su tazze e brocche di poco costo, permettevano alla satira e alla propaganda politica di arrivare nelle taverne e nelle locande, alimentando così il dibattito tra le classi popolari.
In questi giorni, una piccola mostra gratuita al British Museum, prende in esame recipienti ceramici realizzati tra i regni di Giorgio III e Giorgio IV. La maggior parte di queste terraglie, prodotte in serie, venivano stampate mediante piastre di rame incise, che riportavano le immagini in scala, secondo le dimensioni dei vasi.
La decorazione a stampa poteva avvenire in due modi: applicando un disegno di colore blu sopra la superficie ceramica, prima della smaltatura (underglaze, sotto smalto o sotto coperta), oppure trasferendo la stampa direttamente sulla superficie invetriata (overglaze, sopra smalto o sopra coperta). Gli esempi in mostra comprendono alcuni esemplari eseguiti con il primo metodo, ed una larga parte che impiega il secondo. Parecchi furono prodotti nello Staffordshire, nella fabbrica di Josiah Spode. Queste manifatture in creamware (una terracotta color crema) o pearlware (una fine terracotta dallo smalto bluastro), dovevano porsi come concorrenti più economici delle costose porcellane francesi o delle più ricercate ceramiche di Wedgwood, e raccontare efficacemente eventi politici, passioni e pregiudizi dell’Inghilterra georgiana.
Mentre la vita nel continente europeo appariva sempre più precaria e turbolenta, le immagini delle ceramiche inglesi davano voce a timori ed inquietudini: dalle paure miste a speranze per la rivoluzione del 1789, allo shock per l’esecuzione del re Luigi XVI nel 1793, fino alla feroce propaganda anti-francese, con il rovesciamento e la deformazione fisica di Napoleone, rappresentato di volta in volta come una scimmietta, un nano, un ossuto Boney, spesso in contrapposizione all’inglese John Bull, personificazione tozza e conservatrice della Gran Bretagna. Le ceramiche raccontano anche gli eccessi della società georgiana, tra abuso di bevande alcoliche, mode eccentriche, scandali e gioco d’azzardo; si passa dalla rivalità leggendaria tra Daniel Mendoza e Richard Humphries, che si disputarono tre incontri di boxe, tra il 1788 e il 1790, all’esortazione morale di un piatto di terracotta, che, nel 1800, invitava le donne a mantenersi all’interno di un compasso ideale, simbolo massonico, ma anche emblema di virtù, moderazione ed autocontrollo, necessari per evitare rovine finanziarie, scandali, decadenza morale ed il carcere.
La mostra londinese include 80 oggetti, principalmente manufatti in ceramica, ma anche un fazzoletto con la rappresentazione del “Massacro di Peterloo” (1819) ed un ventaglio con i profili nascosti dei sovrani giustiziati durante la Rivoluzione Francese (1794). Alcuni imprenditori  stamparono ceramiche anche per promuovere l’abolizione del commercio transatlantico degli schiavi, mentre altri produssero materiali per il mercato americano durante periodi di tensione dovuti alla Guerra di Indipendenza.
Insomma, i soggetti per le illustrazioni su ceramica potevano spaziare dalla satira su un certo comportamento sociale fino alla sofisticata allegoria su questioni politiche del giorno. ‘Pots with attitude: British satires on ceramics 1760–1830’ resterà aperta fino all’11 marzo  e fa parte di un progetto finanziato dal Monument Trust.

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A Londra la retrospettiva su Modigliani

modigliani-nude-1917Era il 1906, quando Amedeo Modigliani lasciò Livorno per stabilirsi a Parigi, dove poté fare suoi gli insegnamenti di Cezanne e Gauguin, studiare da vicino gli enigmatici esempi d’arte primitiva e venire a contatto con le diverse personalità che animavano il panorama artistico di quel momento, come Picasso e Constantin Brancusi. Alla Tate Modern, fino al 2 aprile, un’ampia retrospettiva mette in risalto la parabola artistica di Modigliani, sottolineando come gli incontri e le relazioni intrecciate a Parigi, furono determinanti per lo sviluppo dello stile unico ed inconfondibile del pittore. L’artista livornese perseguì con una frenesia assoluta la propria personale poetica, in maniera libera da vincoli ed estranea a qualsiasi movimento artistico.
Per un breve, ma intenso periodo, tra il 1911 e il 1913, Modigliani si concentrò quasi esclusivamente sulla scultura.
Le teste esposte alla Tate Modern facevano parte di un gruppo di sette, che fu incluso in un’importante mostra annuale d’arte, il Salon d’Automne, tenutosi tra l’ottobre e il novembre del 1912. Questa fu l’unica mostra di scultura a cui Modigliani prese parte nella sua vita. Infatti, nel 1913, dovette abbandonare questa tecnica sia per motivi economici che per l’aggravarsi delle sue condizioni fisiche. Vittima degli affronti di una salute da sempre cagionevole, minato dalla tubercolosi, l’artista dissipò la sua breve vita tra donne, alcool, droghe e stenti, senza mai raggiungere la consacrazione definitiva a cui aspirava.
Se infatti Modigliani è ora riconosciuto come uno dei più famosi artisti del ventesimo secolo, pochissimi dei suoi contemporanei seppero indovinare la grandezza del suo genio.
La sua vita turbolenta da bohemien conobbe solo brevi parentesi di serenità, rese possibili dall’aiuto incondizionato offertogli dai mercanti Paul GuillaumeLeopold Zborowski, e dall’amore della giovane artista Jeanne Hébuterne, la quale morì suicida due giorni dopo la prematura scomparsa del suo compagno.
La mostra di Londra vuole confermare al largo pubblico la grandezza della figura di Modigliani agli albori del Modernismo. L’arte di Modì si ispirava ad un’ampia varietà di spunti, dalla tradizione figurativa Europea alle ieratiche forme dell’arte egizia fino ad approdare agli elementi caratteristici dell’arte greca ed africana. L’artista restrinse il campo della sua azione ai temi tradizionali della ritrattistica e del nudo, ed inventò un linguaggio visivo unico e risconoscibile, allo stesso tempo seduttivo e controllato. Figura nota nella stretta comunità artistica di Montparnasse, Modigliani strinse amicizia con artisti, poeti, attori, musicisti e scrittori, catturandone le personalità sulla tela.
Grazie al supporto del mercante d’arte Léopold Zborowski, nel 1916 Modigliani tornò a concentrarsi anche sul nudo femminile. I suoi nudi scioccavano ed offendevano l’opinione pubblica e, nel 1917, alcuni di essi furono rimossi dalla personale dell’artista, per motivi di indecenza.
La mostra londinese richiama l’attenzione sul fascino che la forma e la fisionomia umane seppero esercitare su Modigliani. In mostra si possono ammirare diversi ritratti, sia quelli degli artisti e conoscenti di Montparnasse, sia quelli di anonimi contadini e giovani operai, dipinti tra il 1918 e il 1919, durante quel soggiorno nel Sud della Francia che avrebbe dovuto ridare a Modì un poco della salute ormai compromessa. Tornato a Parigi, Modigliani, assieme alla compagna, Jeanne Hébuterne, si sistemò in uno studio a rue de la Grand Chaumière, vicino ai caffè ed ai luoghi di ritrovo di Montparnasse.
I visitatori possono immergersi in una ricreazione virtuale di questo atelier, così come sarebbe apparso quando il pittore vi viveva e lavorava.
I ritratti realizzati negli ultimi anni di vita del pittore, che si spegnerà nel 1920, sono quelli dagli inconfondibili ovali disegnati su lunghi colli, appena animati dalle forme oblique degli occhi e sigillati da piccole bocche chiuse. E poi ci sono i famosi nudi, sensuali e audaci, tradizionali e originali, finalmente moderni. Quelli in mostra, 12 in tutto, sono il più grande gruppo mai riunito in una mostra nel Regno Unito.

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Alla scoperta della Londra Romana

RomanLondonLa nostra conoscenza della Londra romana, deve moltissimo prima al lavoro di storici ed antiquari dell’ottocento, poi all’infaticabile operato degli archeologi, che, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, sono intervenuti in numerosissimi siti della città, portando alla luce manufatti e strutture che dimostrarono la sopravvivenza di vaste parti di Londinium, a circa sette od otto metri sotto le moderne strade della City. La figura più importante del XIX secolo fu Charles Roach Smith, antiquario, numismatico ed archeologo, che per vivere svolgeva l’attività di chimico. In anni molto frenetici per l’edilizia della City di Londra, dalla costruzione del Royal Exchange a quella del London Bridge, passando per la demolizione di vecchi edifici e case fatiscenti, Roach Smith riuscì ad essere molto presente, ritrovando ed acquistando notevoli antichità romane. Negli stessi anni, la City Corporation stava diventando sempre più interessata a mostrare artefatti relativi alla storia di Londra. Nel 1826 fu istituito il Guildhall Museum, precursore del moderno Museum of London. Roach Smith divenne una vera autorità su Londinium e svolse la prima vera campagna di indagini archeologiche in Gran Bretagna, ipotizzando l’esistenza di un ponte romano sul Tamigi e fornendo delle preziose illustrazioni, rimaste pressoché insuperate per almeno mezzo secolo. Roach Smith pubblicò anche un fortunato volume, nel 1854, dal titolo: “Catalogue of the Museum of London Antiquities”.
Fino al 5 gennaio 2018, una piccola, ma esaustiva mostra alla Guidhall Library, esamina l’operato dei primi pionieri dell’archeologia romana e la scoperta di Londinium tra il Grande Incendio e la Prima Guerra Mondiale. La mostra si avvale di elementi d’archivio e straordinarie illustrazioni del XIX secolo, provenienti dalle collezioni della biblioteca, e di manufatti archeologici in prestito dal Museum of London.

Poco lontano dalla Guildhall, nei pressi di Cannon Street, è stato finalmente completato il quartier generale europeo di Bloomberg, in un suggestivo edificio, progettato da Norman Foster. Al suo interno, si trova il London Mithraeum, uno speciale spazio espositivo, gratuito (ma esclusivamente su prenotazione), in cui sono preservati, sette metri al di sotto del livello stradale, i resti del tempio di Mitra, una struttura di età imperiale, rinvenuta nel 1954. Il London Mithraeum, che ha aperto al pubblico il 14 novembre scorso, presenta anche un’interessante selezione di reperti rinvenuti negli scavi (2013) che precedettero la costruzione del moderno edificio, in uno dei più importanti siti di epoca romana nel Regno Unito, indicato dagli studiosi come la Pompei del Nord.

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Martin Lutero e i 500 anni della Riforma protestante

Martin-LutherIl 2017 segna i 500 anni da un gesto che rappresentò l’inizio della Riforma in Europa, segnata da duri anni di conflitto tra le fazioni cattoliche e protestanti.
Il XVI secolo fu un momento di grande fermento intellettuale durante il quale, grazie all’umanesimo e all’invenzione della stampa, in Europa vi fu una grande produzione e diffusione di testi, sia in latino che in volgare. Questo permise con facilità la trasmissione del sapere e delle idee, specialmente tra le nuove classi medie.  Il 31 ottobre 1517, il monaco tedesco Martin Lutero, professore di teologia, affisse 95 tesi in latino sul portale della chiesa del castello di Wittenberg, con l’invito a discutere pubblicamente il valore e l’utilità delle pene e delle indulgenze. Nella città universitaria dove Lutero insegnava, le porte delle chiese erano considerate alla stregua di una bacheca, dove studenti e professori affiggevano annunci in vista di una pubblica assemblea. Quella che, per il monaco agostiniano, era semplice prassi accademica, finì invece per tramutarsi in un gesto rivoluzionario, di rottura. Infatti, alcune delle tesi, sfidavano apertamente la dottrina ed il potere della Chiesa cattolica romana, criticando la vendita delle indulgenze ed il ruolo del Papa, mentre altre, ponevano l’accento sul rapporto tra i fedeli e Dio.
Lutero aveva intuito il potere della stampa, un’invenzione relativamente nuova. Con i suoi opuscoli, seppe diffondere una nuova interpretazione del cristianesimo e creare un movimento per chiedere riforme.
Inoltre, i testi erano scritti in tedesco volgare, invece che in latino, così erano accessibili alle masse e trovarono molti aderenti, anche fuori dalla Germania. Tuttavia, la speranza iniziale di Lutero di poter vedere riformata la Chiesa romana, svanì in fretta, e così la rottura con il Papa fu definitiva. Lutero, volle che le Scritture fossero a disposizione di tutte le persone in una lingua che potessero comprendere e propose una Bibbia in volgare, modellata sul testo greco che era stato pubblicato da Erasmo da Rotterdam.
William_TyndaleIspirato a queste nuove idee, il sacerdote e studioso inglese William Tyndale decise di tradurre il Nuovo Testamento in volgare. Tyndale aveva studiato ad Oxford e Cambridge ed era molto versato nelle lingue. Infatti, parlava correntemente francese, italiano, tedesco, spagnolo, ma anche le lingue morte come greco e latino, nonché l’ebraico. Per Tyndale era molto importante la fede personale, cioè  il rapporto tra il fedele e Dio non mediato dalla Chiesa. E per questo, era fondamentale che la Bibbia fosse tradotta in una lingua accessibile a tutti. Ovviamente, questo era proibito, sia dalla diocesi che dalla Corona inglese, poiché tutti i testi ecclesiastici, e, specialmente la Bibbia, dovevano essere rigorosamente in latino. Infatti, l’arcivescovo di Londra, si rifiutò di autorizzare ufficialmente Tyndale a procedere con la traduzione. Allora lo studioso si trasferì in Germania e, dopo molte vicissitudini, nel 1526, pubblicò a Worms la prima traduzione in inglese del Nuovo Testamento. Il libro fu stampato in tremila esemplari ed introdotto in Inghilterra di contrabbando. L’arcivescovo di Londra, però, riuscì ad intercettare le copie, e ne fece pubblico falò davanti alla Cattedrale di St. Paul.
Fortunatamente, tre stampe di questo piccolo volume, sono sopravvissute fino a noi.
A causa del suo gesto rivoluzionario, Tyndale fu accusato di eresia e pagò con la vita, finendo sul rogo nel 1535. Il suo lavoro ebbe una grande influenza sugli altri riformatori e traduttori biblici, che ne adottarono lessico, locuzioni e stile.
Per celebrare i 500 anni della Riforma protestante, questa settimana, St Paul’s Cathedral ha esposto la sua copia della bibbia di Tyndale, il libro più pericoloso dell’Inghilterra Tudor. Sono andata a vederla in occasione dell’ottima conferenza tenutasi martedì scorso all’interno della cattedrale, con il giornalista della BBC Melvyn Bragg e la teologa Jane Williams.
Bibbia di Tyndale
Questo fine settimana, invece, ci saranno ancora due aperture serali straordinarie, per ammirare il libro, ascoltare musica e partecipare a colloqui ed attività.
Inoltre, due piccole mostre, rispettivamente al British Museum e alla National Portrait Gallery, raccontano per immagini la portata dirompente delle tesi di Lutero e della Riforma in Inghilterra, tramite stampe, incisioni e dipinti.